Ha aspettato quindici anni Mohsen Makhmalbaf per realizzare il suo sogno: girare un film in India.
Lo fa con Viaggio in India, road movie che vede per protagonisti una coppia di sposi iraniani: lei credente, lui ateo e comunista. Durante il viaggio si accapigliano continuamente, e sono alla ricerca della guida spirituale, dell’uomo perfetto, secondo un’idea della donna.
Diversi sono i personaggi che incontrano durante il loro viaggio, tante sono le domande che si pongono e che, a parere di chi scrive, appesantiscono il film.
Ad una prima parte più documentarista – la migliore – da ricordare l’episodio del vecchio che ferma i treni con la forza dello sguardo.
Ovviamente non è vero: lui stesso spiegherà alla coppia che è il macchinista a frenare e che è prigioniero dei suoi adepti che non lo lasciano andar via per l’opportunità che comporta il poter mendicare quando il treno si ferma. Questo episodio surreale e divertente descrive le contraddizioni del subcontinente indiano.
Peccato che Makhmalbaf nel seguito del film cada negli stessi errori di Sesso e filosofia, sua pellicola precedente, lavorando per tesi, divagando continuamente, dando risposte pretestuose e irritanti sul senso della vita. Non poteva mancare, alla fine del film, l’occidentale che ha scelto di vivere nella città santa di Benares: cerca quello che in Germania non ha trovato, ha il compito di spiegarci il mistero della vita e della morte, riuscendo ad essere purtroppo solo banale e noioso.
Di Mohsen Makhmalbaf, con Mahmoud Chokrollahi, Mahnour Shadzi, Karl Maass.
di Mario Cadoni