Qualche giorno fa si è svolta la cerimonia di apertura dell’anno accademico dell’Università di Cagliari, inevitabilmente tardiva per le norme anti-covid.
Un tempo, questi erano eventi politico-goliardici; oggi hanno un che di rituale e di celebrativo che li impoverisce enormemente. Ogni relatore parla senza contraddittorio, celebrato da un applauso che si porta in saccoccia. Così è accaduto anche alla Ministra, grande sacerdotessa della valutazione esterna dei lavori universitari, nonostante proprio dal mondo della scienza sempre più alte si stiano levando le voci critiche sul margine di errore dei sistemi valutativi e in particolare di quello italiano. Purtroppo, nelle parole della Ministra (ovviamente senza contraddittorio, come da galateo inane), si è potuto scorgere nettamente il suo settore scientifico disciplinare di provenienza, che non è di area umanistica, cioè dell’Area dell'”Essere” (per usare le sue parole), ma del sapere e del saper fare.
Ecco, chi invece insegna a pensare e a indagare la natura umana e i suoi alti prodotti (letteratura, pittura, architettura, scultura, filosofia ecc. ecc.), sorride delle valutazioni e delle ferree certezze economico-finanziarie che le accompagnano e delle gerarchie di potere che le generano, perché le iscrive tra gli arredi della terra desolata di Eliot, vista tra i primi da Leopardi, e ancor prima dai poeti metafisici del Seicento cari a Montale.
Noi umanisti stiamo di fronte al Male della storia con intelligenza, razionalità e senza ottimismo. Altri fanno soldi e fanno fare soldi senza porsi il problema, accreditano che l’istruzione debba essere riconosciuta e finanziata dalle imprese e non dallo Stato, illudono tutti del fatto che il progresso sia ineluttabile.
In questo clima ottimista e acritico, o meglio, di esercizio critico verso ciò che non è politicamente e culturalmente rischioso, si è stagliato il coraggio e l’intelligenza dello studente Francesco Stochino, il cui merito è duplice.
Lo studente ha ricordato al Presidente Solinas che non ha proceduto a nominare il Consiglio di Amminsitrazione dell’Ersu, continuando a farlo gestire da un commissario di sua fiducia. Una cosa vera, semplice, giusta e dura. Lo studente non sa perché il Presidente fa spallucce a tutte le sollecitazioni (in verità non dell’Università) che gli sono state rivolte perché provvedesse a fare il suo dovere, ma, se lo studente lo concede, posso spiegargli perché il Presidente tiene il suo fido commissario. La ragione è nella gestione del Campus universitario nelle ex semolerie Cellino. È l’egemonia su un appalto importante a impedire l’applicazione della legge e che a lamentarsene con forza e dignità sia stato solo uno studente, da un lato dice che c’è ancora speranza, dall’altro sottolinea che sotto i riti accademici è rimasto poco del coraggio originario dell’Accademia.
Ma il passaggio più bello del nostro studente è in latino. Alla fine del suo intervento, lo studente Stochino ha detto: “Est modus in rebus, Presidente”.
La frase è di Orazio e presa per intero recita così: “Est modus in rebus; sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum“. Trad. “C’è una misura nelle cose; ci sono determinati limiti, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto”.
Certamente può essere riferita all’illegittimità sostanziale delle mancate nomine Ersu, ma tutti l’hanno riferita alla mancanza di modi del Presidente che, dopo aver letto – in verità un po’ spompato – il saluto alle autorità, è andato via, senza ascoltare gli altri relatori, tra cui la Ministra; insomma, è andato via “senza modo”, o secondo l’uso del Consiglio Regionale in carica.
In questo mondo sardo acquiescente, celebrativo, rituale, che ormai considera l’opposizione una forma di maleducazione, resto commosso dalla forza ingenua e innocente delle parole di Stochino e ritrovo speranza nel futuro.
La libertà è la scintilla divina della nostra miseria materiale.
Nelle varie realtà locali (la mia purtroppo ne è un esempio) ci sono molti personaggi cui torna comodo indulgere all’acquiescenza acritica, encomiastica e peanistica (ma de che?) e altri in cui fortunatamente comincia a maturare insofferenza e dis-prezzo
di consuetudini che oltre le meritate riprovazioni guadagnano anche pernacchie e cachinni. Finalmente!
Complimenti al giovane Stochino, il mondo ha bisogno di voi.
Ci sono molte voci che parlano, ma sono silenziate. Giudicate inopportune. Maleducate appunto. E poi ci sono coloro che lavorano e fanno vivo il Paese.