Nei giorni scorsi sono successe due cose: la Cassa Depositi e Prestiti è venuta in Sardegna a pubblicizzare un bando da 1,2 miliardi di euro per residenze universitarie.
L’Assessore alla Pubblica istruzione in carica si è compiaciuta con se stessa per l’avvenuta pubblicazione ed erogazione dei contributi ai sardi che studiano in università della penisola.
Mi sono ritornate in mente le discussioni fatte con tanti colleghi consiglieri regionali sul Master and Back. Il Master funzionò eccome, il back meno, molto meno. Siamo oggi al punto che gli studenti sardi sono incentivati dalla Regione ad andare fuori, mentre il Trentino lavora moltissimo ad attrarre studenti. Come? Per esempio, ammettendo alle provvidenze (borse di studio e agevolazioni varie alla residenza) anche chi ha un ISEE da ceto medio. Il Sud e le Isole della Repubblica italiana stanno fornendo agli Atenei del Nord tutti i loro cervelli, come nella Grande Guerra fornirono la carne da cannone.
Bisogna resistere allo specchietto per le allodole di Cassa Depositi e Prestiti. È una banca, anzi è la più importante. Il suo dovere è assicurare rendimenti alle somme che investe, che poi sono i risparmi degli italiani. CDP non capisce nulla di Sardegna, assume come uniforme l’Italia e cerca anche in Sardegna il ceto medio-alto che ha trovato, per esempio, a Padova, dove una stanza nel Campus CDP costava due anni fa 700 euro. Rendimenti finanziari assicurati, ma siamo in un altro mondo. Quando facemmo l’errore di fare l’Housing sociale con CDP in Sardegna, ci trovammo di fronte a una banca prepotente che pensava di vendere case a una borghesia con redditi medi prossimi ai tremila euro.
La Sardegna dovrebbe avere una politica dell’attrattività universitaria, invece ha tante e parcelizzatissime misure non coordinate tra loro che non ottengono il risultato. Il primo limite è dato dalla distanza dei due Ersu di Sassari e Cagliari dalle politiche di Ateneo. Funzionano come due enti regionali qualunque, con un legame debolissimo con le università, garantito attraverso i rappresentanti degli studenti e dei professori in Consiglio di Amministrazione. Di fatto sono amministrati da Direttori generali, qualche volta pagati più del dovuto (della questione sassarese non si è saputo più nulla) che rispondono a se stessi. E d’altra parte, come dar loro torto? Un mio carissimo amico che studia statistica ed è un esperto di problemi demografici mi ha candidamente detto che la Sardegna, una delle regioni con il peggior saldo demografico, non ha una strategia, non ha una politica della e per la popolazione. Anzi, noi abbiamo una strategia per incentivare la fuga.
L’avv. Michele Zuddas, uno dei protagonisti della rivolta contro la speculazione eolica, mi ha mosso l’appunto, per l’articolo di ieri, di aver considerato tutto il movimento Pratobello 2024 come eterodiretto dall’Unione Sarda. Non lo penso e se ho dato questa sensazione, me ne scuso. Resto però dell’idea che il movimento Pratobello 2024 debba fare chiarezza: è un movimento che rivendica sovranità per i sardi, all’interno della quale rientra anche il sacrosanto diritto di scegliere dove, quando, quanto e come eolico si può fare in Sardegna, oppure è un movimento perfettamente coincidente con la sola legge sottoscritta?
A me pare che si tratti della seconda ipotesi e che L’Unione Sarda abbia avuto un grandissimo ruolo nel conseguimento del risultato. Non è così? Ne sarei felice.
Se invece è un movimento politico di confine tra autonomismo e indipendentismo democratico (sono molto distante dai tanti cheguevaristi che da sempre animano l’indipendentismo insurrezionalista della Sardegna), allora deve dimostrare di avere un’idea di Stato, un’idea di libertà, un’idea di sviluppo e di essere in grado di produrre la classe dirigente necessaria a svilupparle. A oggi, purtroppo, questo ceto colto, strategicamente attrezzato, fortemente popolare, adeguatamente determinato, non si vede.
Mi sbaglio? Pronto a ricredermi.
Ogni anno a Torino diamo una mano agli studenti sardi che si iscrivono agli atenei del Politecnico e dell’università, alcuni iniziano gli studi in Piemonte altri arrivano dopo il triennio.. Sono un’élite, chi non ha i denari, si forma nell’Isola.. Quelli formati a Torino poi non tornano, acquisiscono competenze che in Sardegna non si trovavano, sono a disposizione di altre economie , quella sarda è così danneggiata due volte, con la partenza e con il mancato rientro. Pensate a quanto spendono le famiglie e le comunità di appartenenza per allevare e formare un giovane laureato in nanotecnologie, tutte queste risorse sono impiegate per fornire forza lavoro qualificata o classe dirigente a sistemi produttivi e sociali altri, oltre mare, in continente, nord Europa ecc. Torino e’ una città universitaria, dove ogni giorno il sindaco, il presidente della Regione,i rettori del Poli e dell’ università ,i responsabili delle fondazioni bancarie, Compagnia Sanpaolo in primis, si sentono sullo stato di salute degli atenei. Da ciò nascono città accoglienti per studentesse e studenti, moltissimi soprattutto al Politecnico arrivano dall’estero. A Cagliari i vertici istituzionali sovente disertano anche l’inaugurazione dell’anno accademico .
Il CDA dell’ Edisu che amministra il diritto allo studio di nove atenei costa circa 35 milà euro all’anno. I due CDA degli Ersu sardi, con molti meno studenti,costano 500mila euro.
A Cagliari due e per lunghi periodi tre,residenze universitarie sono chiuse,anzi una ,quella di via Roma non ha mai funzionato. La residenza principale,Sa Duchessa è attorniata da rifiuti, nel parcheggio a fianco dell’entrata da via Trentino ci sono persino carcasse di auto abbandonate.
Dimentichiamo spesso di essere isolani ,di avere nel nostro DNA la voglia di andare a vedere cosa c’è oltre mare !!!! Dimentichiamo lo spirito giovanile d’avventura che hanno spinto ,me compreso,ad andare oltre il confine naturale , per trovare,scoprire,apprezzare ,apprendere ecc. salvo essere ostaggi del ricordo e dell’amore istintivo per questa terra .Certo ,corsi universitari raggiungibili e sussidi adeguati alle difficoltà , faciliterebbero la permanenza dei giovani in età di studio , che rischierebbero di partecipare al quotidiano combattimento con disoccupazione,sottoccupazione e/o impieghi marginali ,
spesso inferiori ai livelli di istruzione raggiunti e che trovano soddisfazione più facile , oltre il ” fiume .” .
Le attuali manifestazioni di popolo , sacrosante,temo risolvano ben poco delle finalità per cui sono nate : se le varie anime non unificano il loro grido rivolgendo istanze certe e ben individuate , a personaggi di indubbio valore che abbiano esperienza politica,tecnica e capacità di guida e negoziali il fuoco che vuole emergere dalla cenere , rischia di spegnersi inutilmente malgrado le nutrite dimostrazioni di piazza .
@Uffa. Unu psicanalista lu tiat nàrrere e ispiegare connoschindhe s’istória nostra (si aimus unu psicanalista!). Epuru bi ndh’at àpidu de piscanalista chi at istudiadu sa matessi chistione de sos Sardos (ma coment’e fatu personale podet èssere fintzas de calesisiat pessone distinghet sa “dinamica” psicológia de donzi criadura in su rapportu “inferiore”/”superiore” e in totu sos fatos de domíniu fintzas in manera no prus individuale. E unu psicólogu puru connoschet e cumprendhet custa chistione chentza pessare chi est cosa “anormali”).
Frantz Fanon (unu niedhu de sas Antillas frantzesas, Martinica, de professione psichiatra, Autore de I dannati della terra) at iscritu s’istùdiu “Il negro e l’altro” ed. Il Saggiatore, interessante meda pro cumprèndhere a propósitu de sos Sardos chie est “l’altro”, mancari biancu isse/issos puru e proite semus dispostos (chi est ancora dispostu!) a fàghere sos “balentes” e “balere” pro chie nos muntenet colonizados ma pagu nos istimamus e pessamus a bàlere e balimus coment’e pópulu pro nois etotu, e no coment’e est su ratzista ma comente dèpet èssere sa persone normale, sana, ca semus responsàbbiles de su chi faghimus (o chi no faghimus) si semus lìbberos.
Si no semus lìbberos de èssere zente in logu nostru, tandho sa prima libbertade e responsabbilidade colletiva e personale est de nos illibberare e no de istare che canes in chirca de mere ca a cumandhu e cómudu e profetu sou (o de chie cheret) e nachi depimus fàghere fintzas sas lezes, e de su logu nostru ndhe faghet su chi li paret e cumbenit e che ponet su chi e proite cheret.
Dico da molto che incitiamo i nostri giovani ad andarsene.
Uno psicanalista avrebbe molto da dire anche sul fatto che non approviamo mai chi è sardo e lavora bene. Fra un sardo e continentale si preferisce quasi sempre il secondo.
Questo è un popolo che non si ama, si sente inferiore, ha una terribile paura di dover riconoscere chi vale. Io guardo al mio ambiente e vedo una politica suicida. Siamo coloni.
Mi rallegro che la C.D.P.. si sia presentata in Sardegna visto che fra i proprietari di riferimento e di casa la Fondazione del Banco di Sardegna che e interessata ai soli profitti senza investimenti diretti allo sviluppo della Sardegna se non distribuendo mance parcellizzate nel sociale. Riguardo ai micro ERSU non sarebbe il caso per ridurre alcune spese dato che i soldi provengono dalla stessa tasca a farne uno unico con più persone dedicate ai servizi agli studenti e meno poltrone e palazzi di rappresentanza.. Proseguendo con Pratobello 24 il movimento ha concluso il mandato nella raccolta di firme se vogliono occuparsi di politica si mettano a raccogliere voti
Anche il fatto di non poter detrarre l’affitto per lo studente (con regolare contratto registrato) se residente a meno di 100 km dall’ ateneo frequentato è demenziale, come se in Sardegna sia possibile frequentare viaggiando coi mezzi pubblici per seguire le lezioni quotidianamente da Laconi a Cagliari o da Bolotana a Sassari.
Tutto ciò, sommato all’ ISEE che penalizza chi ha un reddito in chiaro per l’aliquota delle tasse universitarie e priva lo studente meritevole anche della borsa di studio, allontana gli studenti dalle nostre università.
E’ proprio questo il punto Professore: il movimento di Pratobello, con tutte le sue labili derivazioni, non ha una reale traiettoria, né una attrezzatura culturale adeguata (nei più, naturalmente) se non quella di un annacquato ideale di indipendenza miscelato di inadeguatezza, poca conoscenza delle cose e tanto, tanto populismo.
A leggere gli stessi post dell’avvocato che lei cita – figura alquanto controversa per altro (non sfuggono certi tentativi di visibilità fra la falce e il martello e il centrodestra sardista) – si evince più un cerchiobottismo fra “non siamo con Pili e Zuncheddu” ma “siamo dentro le stesse ragioni”. Insomma, manca il progetto, manca la preparazione, manca un’onesta comparazione rispetto al passato (il movimentismo sardista degli anni Settanta non può ripetersi paro paro come se non fosse accaduto nulla in questi quasi 50 anni). Diversamente dobbiamo assistere per l’ennesima volta ad un indipendentismo fintamente garibaldino, tutto slogan ma senza alcuna possibilità di percorso.
Grazie.
L’attrattività dipende da tanti elementi, non necessariamente controllabili o programmabili. Son fattori culturali, suggestioni, impressioni dettate per il grosso anche dall’immaginario dei social network. Il dibattito è speculare a quello relativo al declino demografico, possono fare tutte le politiche d’incentivi che vogliono, ma il fattore è culturale, e che ci crediate o meno, persone sopra i 50 anni non lo capiscono o non lo vogliono capire (hanno un’idea di società che non esiste più, mio malgrado). Anni fa il ministro Barca venne a raccontarci la sua idea di rigenerazione delle zone interne, e seguito da altri sociologi ci disse che mancavano ospedali, Poste, servizi ecc. L’unico che gli fece notare (e di cose giuste non è che ne dica tante a mio avviso), che ciò che mancava era l’immaginario di una quotidianità in quei luoghi, soprattutto in un’età che va dai 18 a 35/40, fu Gianfranco Bottazzi. La questione è meramente culturale, non è una questione di incentivi pubblici, il Master & Back fu un enorme esercizio di “prendi i soldi e scappa”, ma non potrebbe essere altrimenti in un mondo in cui ti puoi spostare facilmente e farti affascinare (e dunque scegliere) dall’immaginario estero direttamente da casa, senza neanche il rischio e l’incertezza di trent’anni fa. Per il momento è così, magari fra X anni ci sarà una ritirata, ma se capiterà non sarà grazie a incentivi monetari, fiscali o altro. Però va letto anche Hayek oltre a Gramsci, compagni.
Cundivido bene s’art. de Maninchedda po una chistione e po is àteras duas (sa lei/is leis po limitare s’invasione disastrosa de is ispeculadores e aprofitadores e su raportu cun s’Istadu italianu, prus graves e urgentes, sinuncas seus gente iscallada chi no callat mancu a ciorbedhu).
A propósitu de su Master and Back (apu pentzau sa matessi cosa, chi est serbiu prus po emigrare chi no po istare in logu nostu a fàere de prus e méngius trebballu) iat a èssere bonu a fàere su censimentu de cantos masterandbackeristas funt torraos e trebballant in Sardigna e cantos inveces funt “arréschios” e prexaos puru foras emigraos a… ingrassare is prus grassos.
Ma pregonta: Cantu s’iscola e s’Universidade in Sardigna serbint fatas prus a emigrare chi no a ischire fàere trebballu inoghe? Ca si s’orizonte depet èssere, a 360 grados, giustu, no depet èssere però chentza centru e prus pagu a centru po fuire/emigrare impoverindho a corpu mortale su logu e gente chi at ispéndhiu po istudiare e sighit a ispèndhere puru!
Parlo di Cagliari, la mia città, molto diversa per storia e priblemi da Sassari sulla quale andrebbe aperto tutto un capitolo. Quali politiche per attrarre gli studenti? 14 anni fa nel programma per le elezioni comunali scrivemmo che a loro, gli studenti universitari, in una qualche misura dovevano destinarsi parte degli edifici dismessi, oltre che promuovere l’insediamento nel quartiere Castello, sia per la vicinanza con il tringolo universitario, sia per una serie di altre ragioni di configurazione fisica edilizia urbanistica. Agli studenti Cagliari dovrebbe offrire ben di più di ciò che offre oggi.
Sul Movimento “Pratobello 24”. Provo a dire ciò che tu hai chiesto in altre parole: “Che significa e ha senso dire e scrivere in Legge – in Sardegna non esistono aree idonee?”
Sull’idea di Stato? Mi basterebbe un’articolata idea di felice autodeterminazione che miri, per esempio, visto che l’hai citato, a ottenere i risultati del Trentino.