Ieri tutti hanno guardato verso il Tar sperando che i giudici riaprissero le danze elettorali. Delusi, in molti hanno cercato un nuovo campo di battaglia, un nuovo luogo dell’azzannamento reciproco.
Se è possibile porgere un fazzoletto per pulire gli occhi dal sangue e riattivare il cervello, mi sembra utile fare una proposta.
Il grande equivoco italiano e sardo (fui tra i sette che non votarono la legge elettorale vigente) è confondere le necessità di stabilità di un Paese con l’obbligo della semplificazione culturale e politica.
Quando Segni iniziò la battaglia per le elezioni dirette dei sindaci (e poi dei Presidenti di Regione) e per il maggioritario, ebbe tutta l’Italia e la Sardegna con sé per la saturazione provocata dall’instabilità della politica italiana, legata al sistema proporzionale e al parlamentarismo esasperato.
Oggi, a distanza di decenni, si assiste, come spesso è accaduto nella storia, alla metamorfosi degli effetti: il maggioritario non viene usato per garantire la stabilità, ma soprattutto per ridurre il numero delle opposizioni, cioè per garantire il bipolarismo, in ultima analisi per limitare la scelta dell’elettore.
Mi spiego meglio.
In Sardegna si eleggono 60 consiglieri regionali.
Per garantire la stabilità, la legge elettorale dovrebbe garantire a chi prende un voto in più 36 seggi e lasciare che i restanti 24 vengano ripartiti su base proporzionale.
Invece no. Oltre il premio di maggioranza a chi vince, la legge mette il naso anche su chi perde e prevede gli sbarramenti. Che senso abbiano gli sbarramenti quando la legge prevede il premio di maggioranza per chi vince è incomprensibile e ingiustificabile, ma è reale.
A questo punto è avvenuta la metamorfosi imprevista e la legge svela la sua vera anima all’elettore dicendogli: “Non puoi scegliere quello che vuoi, ma solo o Questo o Quello”. Questo e Quello capiscono che sono impegnati nel gioco della Torre e, col passare degli anni, si imbarbariscono e giocano solo a delegittimarsi reciprocamente, per far scattare almeno il voto col naso tappato.
L’elettore intelligente, dal canto suo, conscio di avere due sole mani, avendone impegnata una, perché vive in Italia, a pararsi il di dietro e l’altra a tapparsi il naso, non riesce a prendere la matita per votare e rinuncia a farlo.
Anziché guardare al Tar, perché chi ha ancora un po’ di sale in zucca non fa una banalissima legge elettorale fondata su un semplice principio: chi prende un voto in più prende 36 consiglieri, gli altri si dividono proporzionalmente i restanti 24. I nasi si libererebbero, una mano resterebbe sempre impegnata ma l’altra potrebbe riprendere il gusto di votare perché può fare scelte libere e non obbligate.