Il quotidiano indipendente Indip ha pubblicato la seconda puntata dell’inchiesta sulle ambizioni universitarie del presidente della Regione, ricostruite, se si è capito bene, in base alla documentazione oggetto del dibattimento dinanzi al Gip di Cagliari per il sequestro del cellulare del presidente della Regione.
Sul fatto che Solinas insegua un’esperienza di docenza universitaria con una certa ossessione, abbiamo già scritto, sebbene, a mio avviso, tutto risulti ormai chiaro fuorché il movente, cioè non è chiaro perché voglia intraprendere a tutti i costi una carriera che ha inevitabilmente delle fasi intermedie per lui non più conseguibili, per l’attività che svolge e l’età che ha.
Ciò che dell’inchiesta è interessante è la disinvoltura dell’università.
I contatti con Solinas avvengono, per dichiarata ammissione della Link University, solo via Whatsapp. Ora, in un’università statale questo non è possibile. Come pure è molto difficile ottenere un contratto in assenza di esperienze pregresse e/o di pubblicazioni. Si può essere chiamati a svolgere delle esercitazioni, questo sì, ma è molto improbabile l’affidamento di un corso propriamente detto. Lo scambio di messaggistica pubblicato da Indip rivela che anche la materia del corso è oggetto di una mediazione frettolosa, fatta su due piedi, che lascia sconcertati.
Tutti sappiamo che le università non sono templi della purezza. Sappiamo bene che negli anni Settanta e Ottanta ci sono stati atenei, anche sardi, dove alcuni studenti studiavano e altri passavano gli esami senza aprire libro per gentile ‘accozzo’ di deputati e senatori. Alcuni hanno anche poi fatto carriera universitaria.
Ma noi, questi volti, li conosciamo e riconosciamo; noi sappiamo chi ha studiato e chi no.
Oggi, però, la scorciatoia per conseguire un titolo sta diventando un sistema che alla fine impoverisce mortalmente i livelli culturali della società. E si vede, lo si sperimenta, con il politically correct, cioè questa pratica di astenersi da ogni valutazione e dal rischio della verità, usato come foglia di fico per consentire agli ignoranti di tacere su tutto, anche sulla propria precaria istruzione. Il problema non è dunque Solinas; il problema è la falla nel sistema che consente la costruzione a tavolino di carriere e competenze. E la cosa più grave è che in democrazia gode di maggior consenso, e quindi di maggior forza, ciò che è facile rispetto a ciò che è difficile, quindi noi che ancora esigiamo impegno, fatica, metodo, siamo in minoranza e la minoranza, nelle democrazie populiste europee, hanno sempre torto.
Sono convinta che da Berlusconi in poi vi sia stata una deriva morale che ha contaminato tutto il vivere sociale.
L’università è luogo di violenza. Lo diceva già Churchill. E di ingiustizia.
Mario, deo nò appo mai chèrfidu ìnchere (e vinceremo a nìunu), Goi comènte no appo mai dominare nuddha, ca dae pizzinnu isco, pari tie, ca semus de passaggiu.
S’omine indovina goi e gai, sa natura no irballia guasi mai….
Nos est bochindhe, e distruindhe su mundhu, sa presse cun su machine a irbariamentu de chie e ca cheret lòmpere innanti a VINCERE, tènnere (AVERE) de prus e dominare sa fita prus manna de su mundhu pro… VINCERE de nazifascista ideale e fàghere innanti.
E, si est unu ‘ideale’ personale incaschetadu in chentu e una manera in conca de totus, semus totugantos postos a gherrare ‘normalmente’ (cioè: a machine) in tempus de ‘paghe’ (cioè: de gherra), cun totu sas ‘régulas’ de donzi gherra: VINCERE ad ogni costo (materiale, umanu, ambientale).
No est male chentza rimédiu, ma unu manincómiu de normales irbariados dominante.