Questa che segue è la scaletta del discorso pronunciato qualche giorno fa all’assemblea dell’Acri da Antonello Cabras. Un testo che, a mio avviso, meriterebbe più attenzione di quella che ha ricevuto e che il Pd dovrebbe far studiare come il catechismo a tutti i suoi iscritti e in particolare ai potenziali candidati alla Presidenza della Regione. Dovrebbe farlo per scoprire i fondamenti del collocarsi nel riformismo europeo come prima scelta, e non come seconda dopo l’adesione prioritaria alle logiche di comando e di governo.
Di certo quando abbiamo avviato la preparazione di questo congresso non si poteva prevedere una
successione di eventi di portata planetaria come la pandemia e la guerra in Europa.
Europa perché l’Ucraina è Europa, e se riflettiamo bene questa è la vera ragione del contendere con
la visione della Federazione Russa e di chi la rappresenta. Per loro Ucraina è Russia e poiché oggi la
Russia non si considera nemmeno in parte Europa non può esserlo nemmeno l’Ucraina. Da qui
discendono le atrocità umanitarie verso la popolazione civile , chi ricorda i Balcani sa bene quanto
fu atroce per i civili , in particolare per chi professava la religione mussulmana. Infatti per fermarla
fu necessario un intervento militare . “Ingerenza Umanitaria” fu la definizione in quella circostanza,
oggi aiuti in armamenti e in sostegno ai profughi. L’Acri e molte delle singole Fondazioni sono
impegnate nel sostegno ai profughi accolti nelle nostre case e nelle strutture di accoglienza.
La Pandemia ha modificato radicalmente nei due anni che lasciamo alle spalle il nostro stile di vita,
inoltre ha lasciato segni indelebili di sofferenza nelle famiglie particolarmente colpite nella prima
ondata, quando si è combattuto senza avere piena consapevolezza del nemico ed in particolare della
sua capacità di mutare spiazzando costantemente le difese che riuscivamo a mettere in campo.
Finalmente la forza dell’intelligenza e la determinazione della ricerca ci ha offerto in tempi mai visti
prima il vaccino . Da quel momento la difesa ha preso il sopravvento fino ad arrivare ad oggi fine
dello stato di emergenza.
In questi mesi che hanno preceduto questo nostro congresso, stimolato dal tema che lo caratterizza,
ho provato a confrontarmi sul significato e sulle implicazioni del concetto di “uguaglianza”.
Molto spesso, cercando di mettere a fuoco mi sono ritrovato davanti, attraverso percorsi diversi,
alla dicotomia “uguaglianza/equità”.
Così come per gli effetti provocati dalla differente situazione geografica, in una Isola come la
Sardegna, sono causa di “disuguaglianza lineare” per tutti gli abitanti sia nativi che residenti. Il
dubbio che solo dopo oltre trenta anni si svolga il primo congresso Acri qui da noi è ragionevole
ascriverlo almeno in parte a questa asimmetria “ geografica”.
Uguaglianza/Equità due concetti spesso avvicinati o, addirittura, erroneamente considerati quasi
sinonimi.
A ben guardare , invece, emerge che proprio l’area delle differenze tra questi due concetti merita
approfondimento e conseguente riflessione, soprattutto per cercare di eliminare alcuni equivoci e
qualche ambiguità, e quindi, per quanto mi riguarda, per riuscire a concentrarci sulle deduzioni
concrete e sui risultati conseguenti a quest’analisi.
Partirei perciò dalla grande differenza tra “uguaglianza” ed “equità”; differenza che mi piace riportare
alla diversità profonda tra “trattamento uguale” ed “esiti uguali”.
L’Uguaglianza, infatti, indica sostanzialmente trattamento uguale, competizione giusta ed esiti
determinati in modo imparziale.
L’Equità, invece, significa esiti uguali, conseguiti se necessario anche attraverso un trattamento
preferenziale. Il primo esempio , visto che si parla tanto di energia , è ciò che non si è riusciti a fare
in Sardegna nel corso degli anni per sopperire con un trattamento preferenziale all’assenza del tubo
del gas presente nel resto del continente.
A ben vedere, la volontà di ottenere esiti uguali contraddice quella parte di evoluzione politica che
dall’illuminismo ha sancito, per esempio negli Stati Uniti, la parità di trattamento come cardine
sociale. Viceversa, per ottenere esiti egalitari sono necessarie misure rigorose che richiedono un
governo centrale forte, capace di garantire programmi intensi e regole di intervento sociale, di
redistribuzione.
Come vedete, siamo già ad un bivio che, in un attimo, rischia di diventare ideologico e, quindi, di
confondere invece che chiarire il percorso da intraprendere.
Personalmente credo che il centro della questione, l’obiettivo da perseguire, sia costituito dalla parità
di trattamento, intesa come richiesta non negoziabile di uguaglianza.
Una parità di trattamento che deve essere “radicale”; che deve iniziare presto nella vita degli
individui: dall’istruzione primaria, per esempio. E deve essere sostenuta da forme di protezione
sociale per gli svantaggiati.
Parità di trattamento da ricercare focalizzandosi sul punto di partenza, ovverosia i diritti e i doveri
individuali, per sviluppare le condizioni d’accesso alle opportunità per tutti e per ognuno.
Diritti e doveri chiari e tangibili per maggiori e migliori opportunità, dunque.
Con l’attenzione rivolta sia ai bisogni che ai meriti.
Bisogni e meriti connessi in una prospettiva comune.
Ripartirei da qui.
I bisogni prima di tutto: le donne e gli uomini immersi nel bisogno sono persone che non sono poste
in grado di essere utili né a sé, né agli altri. Lavoro, conoscenza, affetti, salute: la marginalizzazione
da uno o più di questi ambiti, spesso concatenati tra loro, determina la necessità di agire: accettare
qualsiasi lavoro, per esempio; mettere a rischio la propria salute o barattare diritti in cambio di un
salario; rinunciare a un percorso di istruzione per esigenze contingenti, e così via.
Le situazioni di bisogno, in sintesi, pongono gli individui in condizioni di esclusione.
Di dis-uguaglianza, appunto.
I meriti cui mi riferisco sono associati a quelle donne e a quegli uomini di talento o di capacità,
persone utili a sé e agli altri, che progrediscono e fanno progredire un gruppo sociale, o un’intera
società con il loro lavoro, con la loro creatività, con il produrre più conoscenze, moltiplicando le
opportunità per tutti.
L’alleanza tra merito e bisogno è ancora oggi a mio parere – a distanza di tanti anni – il senso
principale di un percorso riformista di uguaglianza, del quale emergono oggi più di ieri l’attualità e
la necessità. Parte del lascito tangibile della Pandemia aiuta a mettere a fuoco , pensiamo alle
strutture sanitarie e ai loro presidi così differenziati nel territorio dell’intero Paese.
Anzi, a ben vedere, sono le due matrici fondative che ne costituiscono, insieme, l’origine e l’orizzonte:
riorganizzare la società secondo principi di uguaglianza sostanziale, contrapponendosi alle concezioni
individualistiche. E riconoscendo la possibilità – o meglio la necessità – di modificare lo stato delle
cose attraverso l’attuazione costante e inarrestabile di organiche riforme, a volte più graduali, a volte
meno.
Se ci pensate è quello che abbiamo fatto, sia come singole Fondazioni che come ACRI, in questi
anni.
Durante i quali ho scoperto, infatti, un mondo dinamico di organizzazioni e, soprattutto, di persone
capaci di coniugare ideali e concretezza – teoria e prassi, si sarebbe detto un tempo – guardando in
modo aperto e con attenzione a una realtà complessa e in continuo mutamento come quella attuale,
mantenendo chiari gli obiettivi e mirando ai risultati, rispettando tutti gli interlocutori ma mantenendo
l’autonomia. In dialettica costante, talvolta anche dura, con la politica e le istituzioni rappresentative
al fine di riconoscersi per quello che si è nella realtà e non nelle rappresentazioni fantasiose e spesso
fuorvianti .
Il nostro lavoro, individuale e collettivo, e – lasciatemelo dire – alcuni risultati che abbiamo
determinato sono premesse che, senza retorica, ci devono far guardare con pragmatico ottimismo
alla possibilità di continuare a contribuire concretamente – nell’ambito delle nostre competenze e
dei nostri limiti – a colmare almeno in parte la distanza che ancora separa la società, al cui servizio
operiamo, dalle condizioni di uguaglianza che desideriamo per le future generazioni. Queste a
differenza di quelle che le hanno precedute non hanno l’aspettativa garantita di stare meglio dei loro
padri e nonni, come fu per esempio per la mia , al contrario dovranno duramente impegnarsi per
guadagnarsi una prospettiva simile per fattori di crescita e stabilità pacifica nella convivenza .
Occorre avere chiara la destinazione e la rotta, serve la forza di mantenere saldo il timone anche
con condizioni esterne sfavorevoli; e, talvolta necessita osare scelte drastiche e cambiamenti,
assumendosi dei rischi. Di queste settimane il tema delle scelte è quanto mai urgente , la nostra
dipendenza per forniture primarie indispensabili da un’unica fonte prevalente non regge più al
confronto con il tema della stabilità . Nei nostri bilanci preventivi occorre introdurre nuovi parametri
per definire conclusivamente la fattibilità dei progetti che accompagnano la nostra missione.
Ma d’altra parte, come diceva Churchill, se è vero che non sempre cambiare equivale a migliorare,
è ancor più vero che per migliorare bisogna inevitabilmente cambiare.
Vi ringrazio di essere venuti qui a Cagliari, in Sardegna.
E Vi auguro buon lavoro, non solo per questi giorni di impegno congressuale, ma soprattutto per i
prossimi mesi e per i prossimi anni che si preannunciano non facili, sotto molti aspetti.
Grazie per questi anni insieme. Grazie a tutte e a tutti.”
Sono temi interessanti e ricorrenti. La declinazione del principio di uguaglianza in assoluta, relativa e sostanziale è già presente in Costituzione nella suindicata triplice versione. La contrapposizione (ma anche giustapposizione posizione) tra equità e legalità è da qualche secolo affrontata è risolta nel diritto canonico.
Riproporre quei temi, tutti orientati al perseguimento e alla concreta realizzazione dell’idea di Giustizia, costituisce un dovere continuo di chi fa Politica. Ecco perché vale sempre la pena leggere Cabras e Maninchedda. Anche per dissentirne ( non è il mio caso).
Gentile professore, non mi fraintenda, apprezzo le tesi di chi crede nell’intervento redistributivo dello Stato a fronte degli squilibri creati dal mercato, faccio miei i valori testimoniati da chi pratica l’Economica civile, l’accoglienza e la carità cristiana. Apprezzo pure il fatto che se ne parli davanti ad una platea che ha grandi responsabilità in tema di “uguaglianza”. E non ho alcun preconcetto nei confronti dell’on. Cabras che non conosco (anche per ragioni anagrafiche).
Evidenziavo il fatto che citare le fonti non avrebbe sminuito l’importanza dei contenuti esposti ma avrebbe reso più genuina l’orazione. Anche in catechesi i miracoli vanno attribuiti ai Santi che gli hanno fatti. Con stima
Egregio cittadino sardo, capisco che lei possa non amare Cabras, ma addirittura ergere Kamala Harris come fonte mi pare veramente eccessivo, rispetto a ben altre fonti, quali i rapporti delle Nazioni Unite, le lunghe riflessioni su uguaglianza e equità nell’accesso ai servizi sanitari e, soprattutto, rispetto alle riflessioni maturate nel mondo delle missioni cristiane sul diritto all’accesso delle popolazioni del Terzo Mondo. Esiste una bibliografia più seria delle performance retoriche di Kamala. Cabras non ha rivendicato copyright; ha declinato concetti noti nel dibattito politico in forma chiara e in una prospettiva poliTica che in Sardegna non mi pare diffusa. Non sta chiedendo miente. È così difficile rendergli merito?
Discorso importante, specie se pronunciato in un contesto come quello del mondo bancario. L’unica perplessità ( se non delusione) riguarda la fonte. Non so se sia stata citata dall’oratore, ma si tratta di un discorso di Kamala Harris diffuso in rete. Per chi non avesse possibilità di ascoltarlo in originale può approfondire a questo link
https://www.ilfoglio.it/il-foglio-internazionale/2021/03/15/news/equita-contro-uguaglianza-2023611/#:~:text=L'uguaglianza%20significa%20trattamento%20uguale,limitata%20e%20un%20trattamento%20preferenziale.
Condivido l’impostazione. I concetti espressi da Antonello Cabras sono, sin dagli anni ‘80, il cardine delle rivendicazioni di pari opportunità e di azione positiva dei movimenti delle donne. In particolare, negli anni 80 e 90 erano l’elaborazione politica e vertenziale delle donne del sindacato (es cgil) e della sinistra.