di Marco M. Cocco
Vicino alla Sardegna esistono Paesi caratterizzati da notevoli (ed attualmente insormontabili) problemi di natura politica, sociale, ambientale; a causa di tutto ciò il flusso migratorio verso la Sardegna è aumentato in modo significativo negli ultimi mesi del 2014. Stante il fatto che l’ecologia ha studiato e codificato le dinamiche di migrazione delle popolazioni (la specie umana non sfugge alle leggi naturali), risulta assolutamente certo il trend che tali migrazioni avranno per i prossimi 20 anni: andranno in aumento fino a quando le nicchie ecologiche libere verranno occupate completamente.
Si assisterà ad un fenomeno simile a quello che ha dato il via alla conquista dell’Ovest America settentrionale o dell’Australia: la ricerca di un ambiente favorevole per la propria etologia e per la sussistenza e sopravvivenza della specie.
La Sardegna attualmente non dispone di strumenti autonomi e indipendenti, finalizzati al proficuo vettoriamento della grande risorsa umana che sta arrivando e pertanto è innegabile che – come avviene in Italia – il disordine che consegue alla mancanza di regole certe comporta una serie di rischi, soprattutto per quanto concerne alcuni aspetti: assenza di monitoraggio sanitario, invisibilità burocratica, appetiti di organizzazioni criminali, emergenze alloggi, sfruttamento del peggiore lavoro in nero, rigurgiti di razzismo da mera pigmentazione e razzismo ideologico, culturale, religioso (praticato, beninteso, da tutti: sia locali che nuovi arrivati). Pertanto, in Sardegna, urge mettere in atto la nuova politica di Pianificazione programmata dell’Accoglienza Dedicata, che è l’utile strumento indispensabile perché una vera risorsa umana non aumenti il livello antropico in modo entropico bensì funga da valore aggiunto alla peculiarità della nostra terra.
L’attuale politica ampiamente praticata, quella che ben conosciamo, non valuta alcun aspetto di tipo socio-ambientale mirata al benessere della collettività, bensì solo a perpetrare la propria esistenza autoreferenziale e – al più – a gratificare le elucubrazioni mentali proprie degli cultural chic (quelli che fanno sempre le rivoluzioni con il deretano altrui), pertanto è necessario fare dei ragionamenti pragmatici che rompono lo schematismo ideologico vigente.
Da anni predico (a me stesso) l’importanza delle 3A: Acqua, Agricoltura, Allevamento. Non esiste altra via: al fine di soddisfare le necessità primarie è indispensabile evitare di continuare a sfruttare la terra con attività lontane dal ciclo della pura sostenibilità biologica, pertanto devono venire bandite tutte le attività che creano profitto per soli gruppi speculativi, idrovore ed energivore, a vantaggio di quelle che privilegiano la nuova cooperativizzazione di sostentamento, che va dalla filiera a km zero al riutilizzo dell’ammendante compostato misto prodotto da rifiuti organici, alla lotta biologica integrata contro i parassiti, all’acquacoltura e all’energia prodotta senza sfruttamento delle risorse naturali tramite soli eolico e solare. E’ impensabile concepire al giorno d’oggi delle colture che necessitano di milioni di metri cubi di preziosa acqua per produrre energia! L’acqua dolce è il primo mattone della vita, costituisce dal 50 al 75 % del peso del corpo umano ma è poco meno del 3% di tutta l’acqua presente sul pianeta.
In conclusione: sicuramente la Sardegna subisce le mortificazioni imposte arbitrariamente dall’Italia per quanto concerne vari aspetti fra cui la possibilità di fare esportazione, ma ha la possibilità di incrementare i consumi interni dei propri prodotti se sfrutterà abilmente il connubio fra l’ambiente (AAA) e la grande risorsa umana che ha in seno, sia autoctona che alloctona.
Comments on “Un punto di vista biologico”
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Sognare è sempre lecito e meraviglioso, ma quando si parla di temi concreti che riguardano non il proprio orticello ma grandi comunità, addirittura il mondo, non bisogna essere geni matematici, ma almeno la vecchia tabellina, che in pochi oggi conoscono.
La fame e la sete, nel mondo, non sono un problema di poco conto.
In un mondo destinato a crescere di numero, non possiamo retrocedere sui livelli produttivi.
Dobbiamo produrre di più, non di meno, trovando i modi più consoni al massimo rispetto dell’ambiente e delle persone che vi abitano.
Assolutamente d’accordo sul fatto che non dobbiamo impiegare colture ad altissima resa, come il mais, per alimentare impianti di biogas.
Abbiamo sole e vento: sono le nostre risorse naturali.
Abbiamo però il dovere di cercare di ottenere le massime produzioni possibili creando nuove varietà e cultivar di piante e migliorando geneticamente, cosa molto più difficile,le performance degli animali destinati all’alimentazione umana.
Non possiamo più permetterci di ottenere 30 quando si può e si deve ottenere 100 per garantire la sopravvivenza degli uomini di ogni parte della terra!
Bisogna sognare realisticamente!
Buonasera.
Non sono, sicuramente, razzista ed amo, quanto amo i miei figli, la terra. In modo particolare la Nostra Terra, la Sardegna. Penso che tutti i popoli abbiano il diritto di spostarsi e che la migrazione in atto verso il nord del mondo sia difficilmente arrestabile. Ciò detto, ritengo che accogliere passivamente chiunque chieda “alloggio” non credo sia foriero di grandi risultati.
Uno Stato nuovo, come quello che molti di noi sognano in Sardegna, dovrà essere basato sul pragmatismo dettato dalle risorse disponibili.
L’accogliente Cuba ci insegna tanto, anche da questo punto di vista.
Raoul accoglie i migranti che arrivano con le “carrette del mare”. Da loro di che sfamarsi, li veste, li cura e poi spiega, a costoro, che il sistema sociale di quella piccola Isola è strutturato per 14 milioni di persone.
Spiega loro che se aspirano ad un mondo nuovo devono combattere nel loro paese per ottenerlo.
Il mio non è razzismo o crudeltà ma è un incitamento a tutti i popoli sottomessi affinché alzino la spada contro i loro carnefici. La alzino loro senza aspettare che siano le potenze mondiali ad esportare “democrazia”.
Sull’utilizzo razionale delle risorse, che la terra ci offre, sono pienamente d’accordo su quanto scritto. Aggiungerei che, per risparmiare risorse, bisognerebbe insistere di più, a livello politico, sul rendimento energetico passivo oltre che su quello attivo.
Il Comandante.