Tredici capitoli per provare a fare un ritratto della Sinistra italiana, a metà tra il pop e l’Accademia: questo è La sinistra nell’Italia repubblicana. Dalla Resistenza al campo largo, Carocci, euro 19,50, libro scritto a quattro mani da Gianluca Scroccu (Università di Cagliari) e Anna Tonelli (Università di Urbino). La novità principale (già praticata da alcuni contemporaneisti, ma non così diffusa) è l’utilizzo in ogni capitolo di un’appendice documentaria fatta di parole (interviste, articoli ecc.), immagini (riassunti di film) e voci (testi di canzoni). L’intento è riuscire a collocare la ricostruzione degli eventi in una prospettiva più ampia del solo dibattito politico, facendovi irrompere il costume, l’arte e, se è consentito, la suggestione, cioè uno dei più potenti moventi dell’opinione pubblica. Conosco direttamente uno dei due autori, Gianluca, indirettamente la Tonelli, per aver letto il suo Gli amori irregolari. Amori comunisti ai tempi della guerra fredda, Bari, Laterza, 2014, euro 10.
Come tutti i libri, anche questo non sfugge all’esperienza delle montagne russe: in alcuni capitoli si ha la sensazione di raggiungere vette e in altri abissi, alcuni piacciono, altri meno. Tuttavia vi si legge lo sforzo di vedere un “pensiero” nella Sinistra italiana anche quando esso è scemato, sostituito dalla tattica e dal suo figlio unico, il tatticismo (emblematici i capitoli 8 La politica spettacolo. Gli anni Ottanta e la stagione della cooptazione e dell’immagine, e 12 Una Sinistra in cerca di autore tra globalizzazione e crisi economica).
Una prima osservazione è che nel libro non c’è la Sinistra cattolica. Non c’è La Pira, non c’è Lazzati, non c’è Dossetti, non c’è Fanfani (il più grande costruttore di alloggi popolari della storia d’Italia), non c’è Moro, se non come vittima; c’è Alain Delon, ma non c’è De Mita. La ragione è chiara: ad avviso dei due storici, i cattolici stavano dentro la Dc punto e basta e la Dc era l’alternativa alla Sinistra. Detto così sembra anche vero, poi però se si va a vedere l’esito dei referendum su Divorzio e Aborto, si capisce che nella società esisteva una sinistra cattolica, non marxista, duramente anticomunista in senso antisovietico, ma non di Destra, non fascista e non conservatrice. La Sinistra cattolica fa capolino nel libro nel capitolo sulla nascita dell’Ulivo, ma molto marginalmente. Eppure, il Pd è il figlio zoppo della Sinistra cattolica, il suo equivoco infantile divenuto adulto.
Una seconda osservazione è che il libro usa poco le carte giudiziarie dei grandi processi che hanno segnato l’età repubblicana e degli omicidi politici di cui essi si sono occupati: l’omicidio Moro, l’omicidio Falcone e l’omicidio Borsellino. Resto dell’avviso che se Moro fosse uscito vivo dal suo rapimento, la storia dell’Italia repubblicana sarebbe stata molto diversa. Come pure sono certo che se le indagini sulle stragi Falcone e Borsellino fossero state condotte bene, gli anni Novanta avrebbero preso un corso diverso.
Il capitolo Tangentopoli è affrontato da un punto di vista socialista; è cioè evidente un giudizio critico sia sull’Italia delle tangenti che sull’uso sbagliato dell’attività giudiziaria per produrre una rivoluzione politica. Per quanto si possa ritenere che i Democratici di Sinistra, protetti dal ciclone giudiziario grazie al peso politico e pratico, dentro e fuori della Magistratura, dell’allora ferocissimo Luciano Violante (grande nemico di Giovanni Falcone) siano stati i soli a usare Tangentopoli per detronizzare Craxi, in realtà colui che dette il palcoscenico e la forza del palcoscenico ai giudici fu Berlusconi con le sue televisioni. Tutti i capitoli scritti da Gianluca Scroccu trasudano di una questione irrisolta della storia italiana: la questione socialista, che è una questione ancora attuale.
Il tema è se è possibile una Sinistra in Italia profondamente vaccinata contro il tarlo dell’egemonia etico-culturale sulla società, un tarlo che viene dal Pci e che è rimasto vivacissimo dentro il Pd. I socialisti tradizionali sono libertari, pluralisti, relativisti; i post-comunisti sono egemonici, si infilano anche nelle mutande a dirti che cosa si può fare e che cosa no, si occupano di tutto, dal cibo alla religione, dal matrimonio all’educazione, ambiscono ad imporre una visione del mondo, si accordano con i cattolici nella pretesa di educare la società e di prevaricare le libertà individuali. Il Pd, anche nella versione gender della Schlein è “chiesastico”, come dice un mio amico post-comunista neo-cristiano con licenze libertine.
La questione socialista fa il paio con la questione elettorale. Il sistema è ormai brutalizzato nel bipolarismo. Il Pd ha una identità coincidente col suo posizionamento elettorale. Il Pd è l’alternativa alla Destra, poco importa che si comporti come la Destra; l’importante è che venga percepito come l’alternativa. Non c’è pensiero; c’è solo posizione e non c’è spazio per altro. È esattamente ciò cui si oppose l’intero PSI dietro a Craxi.
Craxi aveva capito che da sempre il Pci voleva fagocitare il Psi, come oggi il Pd riconosce solo chi si subordina alla sua leadership e alle sue scelte tattiche. La differenza tra allora e oggi è di due tipi: pratica e culturale.
La prima è che Craxi poté portare i Socialisti a guidare l’Italia perché il sistema era proporzionale e parlamentare, e non maggioritario e presidenziale.
La seconda è che Craxi ebbe il coraggio di una spregiudicatezza politica che gli elettori riuscirono comunque a capire. Disse al Pci: “Io vorrei fare un governo tutto di sinistra, ma poiché voi volete fagocitarci e con noi mangiarvi anche la cultura liberal-socialista che ci anima, io vi mando all’opposizione e lì vi tengo in saecula saeculorum“. Oggi non vi è una forza di Sinistra (avrebbero potuto esserlo Calenda e Renzi, ma li ha disintegrati il compiacimento di sè) che per far implodere il Pd nella sua prepotenza pastasciuttara che premia con soldi e potere i mediocri posizionisti senza lavoro rispetto ai liberi libertari con lavoro, sia capace di dire: “Poiché il Pd è un partito etico-posizionista, noi che siamo di Sinistra liberal-democratica governiamo con la Destra fino a quando il Pd non diviene, da partito della sola posizione elettorale, area federalista, libertaria e antiegemonica della società italiana”.
Certo, a rendere difficoltosa questa scelta tattica è l’anima fascista di certa Destra, che c’è, nel profondo c’è, ed è la più grande fortuna del Pd, perché induce tutti, a livello nazionale, a ingoiare tutto e tutti pur di non lasciar il passo a violenti e razzisti. Ma se a livello nazionale si è ancora costretti dalla logica del meno peggio, la spregiudicatezza di Craxi può ritrovare spazio nelle competizioni amministrative regionali. Si vedrà.
In ogni caso il libro fa pensare e fa ricordare, e questo è un bene.
“Una prima osservazione è che nel libro non c’è la Sinistra cattolica”.
Ho idea che la motivazione sia perché nel PD sono del tutto scomparsi i leader “cattolici” (quelli ex Partito Popolare ed ex Margherita, per intenderci). Tanto più nella situazione attuale, nella quale il PD non pare perdere occasione per scimmiottare a più non posso il partito che fu di Pannella (fagocitato anch’esso assieme ai frammenti diasporici della fu DC).
E forse (ma parlo da persona poco esperta di politica) è stata una scelta obbligata di sopravvivenza.
Non ne avevo notizia, quanto prima lo leggerò e… potrò esprimermi. Per ora, grazie della segnalazione.