La stampa sarda, che non può essere definita di regime, perché non cerca più notizie e vive di quelle che le passano le istituzioni statali senza neanche vagliarle (e così esponendosi al rischio legale che sta sempre dietro la pubblicazione di falsità che con chiarezza sono tali anche se le dice un’istituzione) oggi si beve la celebrazione dell’Accordo Entrate, invero con l’Unione Sarda che manifesta più di un dubbio. Ma i ‘dubbi’ sono certezze e sono tanti.
Nessuno fa di conto con attenzione, tutti ripetono. E il cuore è, come sempre, la promessa a rate di un miliardo e mezzo di euro, sempre a rate, come la promessa. Il bello è che, ad andare a trattare con lo Stato italiano senza avere coscienza e memoria di chi sia lo Stato italiano e delle sue furbizie – noi lo sappiamo perché ci hanno marchiato a fuoco – si fa la figura di coloro che immaginano di evitare le trappole e invece ci cadono dentro per intero.
Il vischio nella trappola del governo Conte è nell’articolo 6: un impegno di quasi un miliardo e mezzo di euro in dieci anni.
Questi soldi sono dichiarati ‘aggiuntivi’.
Rispetto a che?
Rispetto ai trasferimenti previsti dallo Statuto per la Sardegna (i 7/10 delle imposte)?
O rispetto alle quote pregresse di assegnazioni del Fondo di Sviluppo e Coesione, quello, per intenderci, che ha finanziato il Patto per la Sardegna firmato nel 2016 da Pigliaru e Renzi, ammontante a circa 1,6 miliardi?
Mi spiego meglio: scommetto che si tratta dei soldi del Fondo di sviluppo e coesione più, forse, una sorta di fondo per gli investimenti per tutte le regioni che il Governo sta predisponendo perché adesso le spese per investimenti non entrano nella valutazione dello sbilancio dell’Italia fatta da Bruxelles.
Ma la cosa più bella è che il governo italiano dice alla Regione Sardegna, e la Regione se la ingoia come un ghiozzetto, che darà i soldi a stato di avanzamento. Ma va? E come funziona?
Funziona così: la Regione anticipa e lo Stato salda. Chi conosce il ciclo dell’appalto, sa bene che stanziate le somme oggi, il tiraggio dell’appalto, più o meno comincia dopo tre anni e ha mille variabili non facilmente determinabili.
Quindi per il Governo affermare che darà 1,4 miliardi a stati di avanzamento significa dire alla Regione che ci sarà un fondo, cui attingeranno in base alla capacità di spesa, tutte le Regioni. Nel frattempo le Regioni dovranno anticipare. Ma c’è di più: se la Regione vorrà, per esempio, mettere a bando l’opera mastodontica che dovrà sostituire il ponte di Oloè, non potrà farlo per stati di avanzamento, dovrà mettere in un solo anno l’intero importo dell’opera, e poi spenderlo nello svolgimento dell’appalto. Ma il Governo che cosa rimborserà? Solo gli stati di avanzamento.
Anche per superare questi problemi fu fatta sotto la Giunta Pigliaru la società delle infrastrutture della Sardegna, proprio per avere una società che potesse gestire i portafogli finanziari e gestire gli appalti, senza gravare e ingessare il bilancio regionale.
Faccia una cosa il callidissimo Solinas (di cui domani racconteremo le fantastiche, quasi comiche, avventure sulla Trasparenza): dica al Governo italiano di versare il miliardo e quattrocento milioni tutti e subito nelle casse della società regionale delle infrastrutture, e poi sperimenti quante cose innovative e vere potrà fare. Se noi avessimo tutti i soldi in cassa, non nella cassa della Regione, ma in quella di una società regionale, potremmo seguire gli appalti senza bloccare somme del bilancio per circa dieci anni per poi sbloccarle a stati di avanzamento. Non solo: potremmo rimodularle senza complicazioni burocratiche ogni volta che fosse necessario. Ma questo lo sanno in molti, lo praticano in pochi. Una Giunta che ha più di cento delibere pronte che attendono di essere approvate, non ha fretta.
Purtroppo questi ragionamenti che si sarebbero potuti fare in un clima di rispetto legale e reciproco, non sono stati fatti e il dilettantismo pavoneggiante e romanamente subordinato ha accettato la solita elemosina.
In più c’è un grande rischio: si parla di strade, scuole, beni archeologici ma poi si parla di immobili ‘di proprietà regionale’; vedrete che la Regione avrà difficoltà ad intervenire sui beni di proprietà comunale.
Infine, buttate l’occhio su ciò che sta accadendo in queste ore: la crisi dell’Ilva è o non è un evento eccezionale che potrebbe portare il governo nel 2020 ad applicare la clausola dell’accordo che incrementa le partecipazioni della Sardegna del 20% (76 milioni di euro circa)? Io credo di sì. E dunque l’anno prossimo il governo italiano, che avrebbe dovuto darci 7 milioni in più a titolo di prima rata su 412 concordati a saldo e stralcio, potrebbe prendersene oltre 70 in più. Siamo al Nobel del dilettantismo.
Mai avrei creduto che dopo il mega accordo di Pigliaru e Paci qualcuno perseguisse la strada della trattativa con lo Stato- Governo con questa leggerezza e sudditanza. Passavamo leggeri prima, ora ancora di più. Di fatto leggendo il testo dell’accordo si è modificato lo statuto che regge l’Autonomia della nostra Regione. Tutto questo con il silenzio dell’informazione, ma soprattutto delle organizzazioni politiche e sindacali. Comprese le forze politiche di opposizione che non hanno niente da dire….. Dove è l’indipendentismo? A fare il pelo e contropelo alle manifestazioni del 4 novembre! Oppure a tifare Catalogna. Quando sarà che incominciamo ad interessarci del nostro AUTOGOVERNO, quando ……….
Podimus istare trancuillos e trancuillones: sos Sardos tenimus totu s’eternidade pro sighire a prànghere e a pedire cuados (pardon: protetti!) in busaca de s’Istadu italianu.
E faghindhe bene sos contos, ca su Mundhu mai che a oe est totu su Mundhu e ‘a disposizione’ no tenimus sos gommones degli scaffisti ma naves e ariopranos cada die caros ma seguros, chi istemus in Sardigna ammuntonados e pastorigados che tazos mannos de bestiàmine domadu (berbeghinu o cràbinu no importat) o ispérdidos semenados peri su mundhu, ite càmbiat? Sempre mòrrere depimus, a sa fine de totu sos contos! (e de su restu, custu “sviluppo” a ite serbit?!)
E tra èssere sughestantu concas de cibudha pudéscia o zente líbbera e responsàbbile sa diferéntzia est abberu paga: sempre materiale biológicu semus!
Tandho, “fortza paris!” totu unidos a pedire, limusinare e prànghere. E, totu su prus, si cherimus pistare abba za tenimus su mare totu a inghíriu.
È pazzesco. Abbiamo la giustizia a nostro favore con le varie sentenze della corte costituzionale e non ne approfittiamo per ottenere quanto ci spetta. Abbiamo i poteri sui controlli fiscali ai sensi dell’art 3 della legge istitutiva dell’agenzia sarda delle entrate per accrescere le nostre entrate dai soggetti che operano in Sardegna e ci lasciamo fregare dallo Stato e da altre Regioni più sveglie della nostra nonostante l’accordo stato e regione sancito dal decreto legislativo n.114 del 2016 . Una vergogna colossale senza reazione alcuna degli eletti.