Purtroppo, anche la vicenda di Beniamino Zuncheddu, nato nel 1964, di mestiere allevatore in quel di Burcei, attualmente detenuto in regime di semilibertà nel carcere di Uta, condannato all’ergastolo per la strage di Sinnai, ha bisogno di tempo per essere capita fino in fondo.
Invece, questo nostro tempo riduce tutto a battuta.
La morte, la libertà, il potere e l’abuso di potere, però, richiedono tempo e parole.
Dopo qualche mese passato a leggere le sentenze disponibili, colpito dai contenuti del contrasto di cultura giuridica che si sta consumando su questo caso tra la Corte di Cassazione e il Tribunale di sorveglianza, ho deciso di provare a parlarne. Ma lo farò lentamente, perché è una questione tragica, terribile, ultimo retaggio di un mondo di potere e di sangue che forse (lo speriamo tutti) non c’è più, che ha bisogno di lettori pazienti, curiosi e onesti.
È una storia pericolosa, ma si sa che se si è vigliacchi una volta, si rischia di farci l’abitudine.
La sera dell’8 gennaio 1991, quattro persone non fecero rientro alle loro case, a Burcei e a Maracalagonis.
Il giorno dopo, una persona andò a cercarle là dove abitualmente lavoravano, a Cuile Is Coccus. Trovò tre cadaveri crivellati di colpi in luoghi diversi dell’azienda e un ferito, sopravvissuto perché ritenuto morto.
Il sopravvissuto è un’anomalia nella storia del crimine sardo. Si contano sulle dita di una mano quanti hanno assistito a omicidi e stragi e sono rimasti in vita. Ovviamente le indagini partirono dal testimone e ruotano ancora oggi intorno al testimone.
Inizialmente il testimone affermò che l’omicida aveva una calza che gli copriva il viso.
Successivamente, invece, affermò di aver visto in faccia l’assassino e di riconoscerlo nella persona di Beniamino Zuncheddu.
Durante il processo di primo grado, la difesa di Zuncheddu contestò il ruolo avuto nelle indagini da un ispettore di polizia, che chiameremo l’Ispettore, il quale, abitando a Sinnai, secondo quanto racconta la sentenza di condanna della Corte d’Assise d’Appello (emessa il 6 giugno 1992) «avendo appreso la mattina del 9 gennaio, mentre era ancora in paese, quanto era successo, era salito a Cuile is Coccus dove aveva trovato i Carabinieri già all’opera ai quali si era affiancato. Poi si era recato a casa delle vittime».
Secondo la sentenza di condanna il ruolo dell’Ispettore fu virtuoso e non vizioso; si dovrebbe a lui il ravvedimento del testimone e la sua capacità di riconoscimento dell’assassino inizialmente negata.
Nel 2020 il Procuratore Generale della Repubblica di Cagliari ha inoltrato alla Corte d’Appello di Roma la richiesta di revisione del processo a carico di Beniamino Zuncheddu. La nuova prova esibita per ottenere la revisione del processo è una intercettazione ambientale che rivela come il testimone sia stato indotto dall’Ispettore (che gli ha mostrato una fotografia di Zuncheddu prima del riconoscimento) a riconoscere in Zuncheddu l’assassino.
Nelle more delle fasi di avvicinamento al nuovo processo, è maturato lo scontro tra la Corte di Cassazione e il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari sulla richiesta di liberazione condizionale di Zuncheddu.
Nelle prossime puntate ci occuperemo, in parallelo, dello scontro di potere e di poteri che starebbe dietro la strage di Sinnai e dello scontro culturale sulla liberazione condizionale di Zuncheddu. Sarà un viaggio in due mondi diversi, quello delle indagini di un tempo e quello odierno del rapporto tra la forza degli apparati e i diritti dei singoli.
La cosa triste è data dal fatto che se, come par chiaro, è stato commesso il reato di calunnia nell’aver accusato, sapendolo innocente, Beniamino Zuncheddu, nessuno ne pagherà le conseguenze perché quel reato è ormai prescritto. Ma lo Stato, ovvero tutti noi, saremo chiamati a pagare per l’ingiusta detenzione.
È chiaro come il sole che beniamino sia innocente , e non riusciremmo mai a capire per quale oscura ragione si possa condannare un innocente pur con delle prove schiaccianti a suo favore.mi auguro che presto le sia ridata la sua libertà, anche se ormai i migliori anni della sua vita glieli hanno distrutti.forza beniamino.lidia
Eravamo messi male allora e penso anche ora!
Una storia che ha dell’incredibile… una storia dove la giustizia ha fatto acqua da tutte le parti e ancora non è riuscita a chiudere un caso con tante prove schiaccianti… e, Beniamino ancora non ha la sua strameritata libertà …..
BENIAMINO LIBERO!!!!
Paole’ alla fine ti daranno una laurea in leggi honoris causa