Non c’è una persona oggi in Italia che non sia sconvolta dall’omicidio della ragazza incinta da parte del fidanzato.
Ho letto molti commenti oggi sui giornali.
Si va dalle analisi psicologiche a quelle sociologiche, dalle proposte di educazione all’autodifesa all’invocazione di nuove leggi.
Non c’è, come da tempo manca, la domanda fondamentale: perché l’uomo è capace di queste cose? Perché l’uomo è capace del male?
Quando Kubrick in Odissea nello spazio fa iniziare la civiltà con l’omicidio della scimmia da parte dell’ominide, prova a darsi una risposta, diremmo, pop: il male è il residuo dell’arcaico rispetto al nuovo che avanza, e il nuovo è sempre quello che sa adattarsi meglio e divenire più forte. Terribile.
Per un lungo tempo, i Padri della Chiesa pensarono che il peccato originale venisse trasmesso dall’atto sessuale. Tanto era ed è la paura della libertà del piacere che si è visto in esso la radice del male. Poi le persone si sono riprese il diritto al piacere e il male è rimasto senza conduttori.
I mistici dicono che il diavolo esiste, che esiste un principio ontologico del male, che esiste un proselitismo del male. E ovviamente si pone immediatamente il problema, antichissimo, se esistano due dei, uno buono e l’altro cattivo, che si disputano l’umanità, o se ne esista solo uno che però inspiegabilmente consente all’altro di farsi i fatti suoi. C’è più di qualcosa che non quadra.
I filosofi, specie i moderni, non sanno spiegare il male. Oggi la filosofia è prevalentemente scienza e ermeneutica. La scienza si affida alla psicologia, alle neuroscienze, ai processi mentali, cioè al luogo della decisione malevola, il cervello. L’ermeneutica è da anni che cerca la pietra filosofale che spieghi il pensiero umano, la cabina di regia di ogni pensiero. Auguri!
Un luogo dove il male esiste ancora è la letteratura, l’arte umana che insegna, tra l’altro, a nominare le emozioni. Il male è prima di tutto un’immagine interiore; combatterlo è il mestiere di una vita, cedervi è un attimo, questo insegnano molti romanzi. Rousseau ci perdonerà, ma affermare che l’uomo nasce buono è una clamorosa menzogna. L’uomo può diventare buono, se lo vuole, se lo sceglie, se combatte e se è fortunato. Io preferisco la visione ironica e realistica dei vizi umani che aveva Guareschi alle immagini da politically correct che anche oggi si leggono sui giornali, le quali si stupiscono del male dopo averlo negato e ridotto solo a errore sociale o culturale. Preferisco il bene agonistico intrecciato di disperazione e attesa di Cornac McCarthy, alla rappresentazione poliziesca del male dei tanti (troppi?) giallisti italiani.
Il male è un terribile mistero della nostra natura più profonda, che seduce i deboli e poi li abbandona. Il male è questa strage di donne fatta da uomini che non sanno riconoscere l’altro se non come utensile. Pasolini e Calvino in modo drammatico, Eco in modo lucidissimo, avevano capito come la civiltà dei consumi avrebbe portato inevitabilmente al consumo dell’altro, alla pretesa del diritto all’uso. In un mondo che educa a soddisfare solo se stessi, può stupire la riduzione dell’altro a strumento di piacere o a ragione di fastidio? Noi viviamo in un mondo che ha fatto strage dei pronomi personali: è rimasto solo Io, e Io è altamente sospettato di essere un pluriomicida.
Un tempo nelle scuole si studiavano le materie umanistiche, che si chiamavano così perché studiavano la natura umana e i suoi effetti. Oggi non sono più materie umanistiche, sono materie pratiche appiattite sulle funzioni veicolari del linguaggio e poco più. Perché ci si stupisce della ferocia della rete o del successo delle fake news quando si è rinunciato a investire tempo nel capire e non solo nel saper fare? La scuola delle competenze è la scuola delle ignoranze generalizzate e delle sapienze specialistiche. La vittima è la crisi della visione di sé, la crisi della coscienza, la propria riduzione ai propri stimoli, ai propri bisogni, alle proprie esigenze, alla tirannia dell’Io. È in questa miseria che dal profondo risale la radice malevola dell’uomo e vince. Ma non ce lo vogliamo sentir dire e intanto le vittime aumentano.
No. Non c’è solo la letteratura … ma anche la letteratura …
Sì, ogni semplificazione distorce…
Egregio professore, la ringrazio per il suo intervento. Quando vorrà questo spazio è a sua disposizione perché possa invece dimostrare quanto efficienti siano le riflessioni filosofiche odierne sul male. Evito di polemizzare perché da anni è evidente che lei vuole polemizzare con me e io non con lei. Il motivo è semplice: le hanno dato informazioni false e fuorvianti, queste sì, su presunte mie affermazioni mai pronunciate e che non hanno mai trovato conferma, nonostante io la abbia direttamente ed esplicitamente richiesta. Aspetto che le falsità propalate si svelino per ciò che sono: menzogne. Cari saluti.
Forse ci vorrebbe un pizzico di conoscenza in più per commentare la posizione sul male della filosofia e della scienza. Affermare che “oggi la filosofia è prevalentemente scienza e ermeneutica. La scienza si affida alla psicologia, alle neuroscienze, ai processi mentali, cioè al luogo della decisione malevola” è sbrigativo, per usare un eufemismo, e poco rispettoso dell’attività di ricerca in corso da parte dei filosofi e degli scienziati. Massimo rispetto e ammirazione per la letteratura, ma presentarla come il solo luogo dove il male esiste ancora è fuorviante. Questa almeno è la mia umilissima opinione, per quel che vale.
Come darle torto esimio Professor Manichedda!
Che il Male esista è un dato di fatto poiché esiste il suo contrario.
Oggi, a dispetto di quanto scrisse Gramsci, l’indifferenza è il must, che trova alimento in un diffuso e strisciante buonismo ipocrita e di facciata….e la malvagità prolifera!
A scuola, fin dalla primaria, c’è l’allevamento dei futuri “non- umani”
Buongiorno Professore
Ha ragione sulla letteratura e credo che a 150 anni dalla nascita rileggere la Deledda (es. La via del Male) aiuti nel nostro piccolo a meditare su diverse sfaccettature
In merito al risalto mediatico (giustissimo) ho purtroppo la fastidiosa sensazione che dipenda in parte dalla fotogenìa a volte della vittima e a volte del colpevole.
La spettacolarizzazione del Male forse aiuta il Male stesso ?
Vorrei aggiungere a tutto questo una percezione egotistica della realtà, un mito dell’io vincente ad ogni costo, che, poiché tutti vinciamo, perdiamo e pareggiamo, può essere sostenuta solo dalla menzogna.
Oltre me, però, ci sono gli altri, e le loro ragioni vanno ascoltate, prima di derubricarle a spazzatura.