di Paolo Maninchedda
Venerdì sera, alle 18, si è svolto a Cagliari all’Exmà un interessante dibattito tra il sindaco di Cagliari Massimo Zedda e il candidato sindaco di Quartu Stefano Delunas. Ho imparato tante cose. L’unico punto rimasto intonso per ragioni di tempo è stato quello degli intellettuali, argomento spinoso sin dai tempi di Gramsci, il quale proprio ponendo la “quistione degli intellettuali” pose il tema del come vivere da riformisti (o da rivoluzionari come lui) in contesti non rivoluzionari ma democratici. Alla prossima, se qualcuno vorrà organizzare. Alla fine sono intervenuto io. Avevo una spina nel palato da mesi e sono riuscito a togliermela con garbo, doucement, direbbero i francesi.
Il capitalismo di Cagliari, quello cresciuto all’ombra del potere regionale, ha soprattutto due radici: la sanità e l’immobiliare. Spesso chi ha iniziato nella sanità è finito nell’immobiliare, o viceversa. Fatto è che sono settori che ‘risentono’ moltissimo delle scelte della politica e dei rapporti con la politica. Adesso non è il caso qui di rifare la storia e di cercare responsabilità, fatto è che quel mondo è finito, ma i suoi effetti sono tutti addosso a noi.
Gli effetti sono questi: il ceto medio ha abbandonato Cagliari ed è andato a vivere in periferia perché ha trovato le case più a buon prezzo; i poveri vivono nelle case comunali e in quelle dell’Area ma hanno giustamente bisogno che vengano rimesse a posto con soldi pubblici; i ricchi di un tempo hanno palazzi vuoti disseminati per Cagliari e continuano a proporre appartamenti in vendita a prezzi assurdi perché sono indebitati per quei valori con le banche; le banche fingono di credere che i loro crediti sono ben garantiti perché i palazzi dei loro clienti sono iscritti nei bilanci con i valori alti che fanno quadrare i conti, ma che non consentano che si vendano le case. Questo è il capitalismo finanziario in salsa sarda: un gioco di specchi fondato sul debito e sull’egemonia delle aree.
Ma non può durare. Le cae vuote sono un disastro per chi le ha, per chi le vede, per chi le vorrebbe comprare, per chi le ha pagate davvero, cioè le banche. Solo che bisogna dirlo con chiarezza: il mercato non regge case da tremila euro a metro quadro in su. Di queste follie bisognerebbe parlare con chiarezza, invece no. Questa palude viene ignorata e nascosta.
A fronte dei ricchi, protetti dalle banche, indifferenti al mercato, incapaci di cogliere le opportunità del mercato (la Regione ha costituito un fondo per l’Housing sociale di 37 milioni di euro proprio per favorire l’acquisto della casa da parte del ceto medio e le proposte languono), in attesa di tempi migliori che producano l’agognata rendita, abbiamo migliaia di persone espulse dall’industria che sono a reddito zero da mesi. Io da mesi vado ripetendo (e qualcuno mi pare lo abbia già ripetuto in pubblico) che o si affianca una garanzia adulti per i cinquantenni o non si ha il tempo di vedere i buoni effetti di Granzia Giovani e della Flexsecurity. Abbiamo bisogno, lo ripeto, di mantenere in vita i percorsi di utilizzazione e di sviluppare le grandi opportunità che derivano dall’impianto di nuove foreste. Ovviamente servono soldi pubblici, che scarseggiano. L’altro giorno (26 marzo) Poletti, senza la disponibilità (speriamo ben riposta) di Calabria, Sicilia e Sardegna a contribuire riprogrammando le proprie risorse (vedi comunicato della Conferenza delle Regioni), non avrebbe potuto impegnarsi per 500 milioni per pagare il 2014! E il 2015? È chiaro che servono soldi e che dobbiamo trovarli a protezione delle persone che è pressoché impossibile ricollocare. Ma se è giusto impegnare risorse pubbliche in ciò che il mercato non può produrre (la sicurezza per chi non viene riassorbito dal mercato del lavoro) è altettanto giusto pretendere che la ricchezza già prodotta (i palazzi) si mettano in movimento a prezzi sostenibili, in modo da rimettere in moto il ciclo della domanda e dell’offerta nell’area più popolosa della Sardegna, che ha bisogno più di libertà che di assistenza.
Non si può essere pigri o egoisti di questi tempi.
Tremila a metro quadro sono troppi, zero euro al mese sono un dramma.
Comments on “Tremila a metro quadro sono troppi, zero euro al mese sono un dramma.
Paradossi di ingiustizia del capitalismo sardo”
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Gent.mo sig. Cocco, stamane non posso risponderle perché oberata di lavoro, ma le garantisco che più tardi lo farò. Buon lavoro, buona giornata e tante belle cose.
E’ proprio un bell’esempio di razzismo quello manifestato da Fiori Antonella Maria Sabina.
Non ho visto pubblicato un blando ma propositivo pezzo sulla portualità e leggo di una persona che sa solo alimentare l’odio nei confronti di cittadini e connazionali sardi. La borghesia di cui parla la signora è fatta proprio da gente che con “Casteddu” non ha nulla a che fare e che nella mia Città esercita le pratiche peggiori.
Condivido il suo commento sono secoli che le risorse di tutto il popolo sardo e dico TUTTO vengono fagocitate dalla borghesia di Casteddu!!! Se tale circolo vizioso non verrà interrotto ci sarà un’implosione. Saluti e buon lavoro