Ieri il Sole 24ore e oggi La Nuova Sardegna danno una buona notizia: l’Anac ha censurato l’uso da parte dell’Anas della formula dell’Accordo quadro per la realizzazione dei lavori sui nodi critici (gli svincoli) della SS 131 nord.
Non è una cosa banale. In sostanza l’Anas per fare un ponte non chiedeva di vedere il progetto, ma di dire, per esemplificare, quanto ci si proponeva di pagare il ferro, il cemento, la terra ecc.
Avevo ragione a stare attento al quadro normativo sugli appalti. Ho ragione a pensare che la ricchezza generata dalle commesse pubbliche in Sardegna non genera un incremento del Pil sardo e che questo è un problema in un’isola.
Purtroppo il disegno di legge sugli appalti in Sardegna proposto da me e approvato a suo tempo dalla Giunta non ha conquistato l’attenzione strategica né della Giunta né del Consiglio ed è in coda da sei mesi ad ogni altro provvedimento di legge passi per i corridoi del Consiglio. Da un lato si vogliono gli appalti verdi, i chilometri zero, gli spazi per i giovani progettisti, la tutela dei subappaltatori eccc., dall’altra si ignorano le proposte che potrebbero attuarli.
Io ho contestato (l’ultima volta a Sassari durante l’inaugurazione di tre centimetri di strada del Lotto 3 alla presenza del Ministro, del Presidente Anas e del Presidente della Regione), in una solitudine che manco nelle steppe siberiane, le scelte dell’Anas di Armani (sia in materia di appalti che di organizzazione aziendale) che hanno notevolmente penalizzato la Sardegna, l’hanno privata dei dirigenti Anas più implicati nelle opere complesse in corso di realizzazione (penso alla SS 554 o alla SS 130), nonché forse del capo compartimento più capace del dopoguerra. Poi, la stessa gestione ha accentrato a Roma il governo e la realizzazione di un portafoglio di lavori in Sardegna a dir poco mostruoso, pari a circa 1,5 miliardi di euro e i risultati si vedono: per fare il progetto esecutivo del ponte di Monte Pinu, ogni osservazione del Genio Civile deve fare quattordici giri nei corridoi romani e poi tornare in Sardegna: i tempi di realizzazione dell’opera si allungano enormemente. Non parliamo poi dello scandalo dei lavori lungo la SS 195: un capolavoro di indifferenza verso le istituzioni e verso i cittadini. Non parliamo dei lavori ancora in corso sulla SS 554 bis, che da quattro anni non riescono a riaprire al traffico le quattro corsie a suo tempo esistenti.
L’Anas è una sineddoche dello Stato italiano, di fronte al quale si deve stare dritti in modo permanente e non intermittente. La politica della fiducia cieca nello Stato è stata definitivamente smentita dalla vicenda degli accantonamenti e dall’ignobile impugnazione (rispetto alla quale nessun autorevole membro di alcuna istituzione sarda sta muovendo un dito, a differenza di quanto fatto per impedire l’impugnazione di altre norme regionali) non può essere riproposta oggi nei rapporti timidi e taciturni con l’Anas, con l’Enel (io ho lasciato molto bene impostata la pratica per portarci a casa le dighe Tirso 1 e Tirso 2, che si fa? Non sono cose che meriterebbero più del duro lavoro assessoriale (che è in corso quanto e più di prima), con l’Agea (Dio ce ne scampi) o con la Presidenza del Consiglio dei Ministri che non vede l’ora di cedere il possesso dei beni di La Maddalena senza dare alcun potere straordinario epr metterli a posto in tempi rapidi e giusti.
Serve una cultura per stare dritti; se si ritiene che la diversità sarda sia un ideologema fastidioso, se si interpretano gli indipendentisti e gli autonomisti più spinti come dei fastidiosi nativi, è difficile stare dritti. Staremo a vedere.
Nel frattempo stiamo conducendo la nostra battaglia sulla sanità sarda, difendendo il mondo non metropolitano della Sardegna. La Giunta sta dando in commissione parere favorevole ai nostri emendamenti. Al termine dei lavori della Commissione vedremo il risultato ottenuto e decideremo il da farsi. Nel frattempo manteniamo tutto il nostro dissenso per il gigantismo vetero-imperial-britannico dell’Ats, per il clima antidemocratico che si respira nelle Asl sarde, con un’intepretazione molto discutibile del decreto Brunetta (che impedisce ai dipendenti di pronunciarsi in pubblico contro l’azienda), per i disservizi generati da una politica dei tagli sbagliata perché condotta alla cieca e perché inefficace (e d’altra parte il Ministero che censura il piano di rientro a chi dà ragione?). Continuiamo a proporre e a discutere, perché siamo uomini verticali.