Ha votato un sardo su tre. Gli altri due hanno ingrossato il senso di sconfitta e di resa che serpeggia in tutta l’Isola.
Solinas non ha vinto, ha stravinto.
Carlo Doria non era il candidato di Solinas, era Solinas: stessa spiaggia, stesso mare, stessa chiesa (ops, tempio).
Doria era ed è l’ambasciatore universitario del Presidente della Regione, il principale artefice dei suoi allori accademici. E ha vinto quasi a mani basse. Perché avrebbe vinto anche il cavallo di Caligola.
Poi ha vinto Giuseppe Luigi Cucca, il legato propretore di Matteo Renzi, che ha voluto la candidatura di Agostinangelo Marras. Piaccia o non piaccia, ha dimostrato che a pestargli i calli, a trattarlo e considerarlo marginale si paga dazio. Certo, gli strateghi gli rinfacceranno la vittoria della Destra, ma ciò che conta è che il Pd ammentulato (dal lat. mentula, it. minchia), il Pd dell’autosufficienza onanistica, perde, esattamente come perse le regionali per protervia centralistica.
Adesso il Pd ammentulato ha due giorni per fare una cosa che potrebbe ricerebrarlo: fare ritirare dalla corsa per le comunali Piludu a Quartu, Mulas a Porto Torres e Prevosto a Nuoro, per confluire rispettivamente su Milia, su Satta e su Soddu (che già è mezzo parente del Pd). Ma non c’è da sperarci, la mentula è un animale cocciuto, si vede da come polifemicamente guarda la gente.
Non si vuole capire che la Sardegna ha bisogno di due cose per sconfiggere i suoi nemici interni (i baronetti parassitari) e esterni: 1) un grande partito federalista fondato sulla coscienza della Nazione sarda, animato da cultura libertaria e socialista, europeista ma antiburocratico, dove le tante identità politiche della storia democratica e liberale sarda possano stare insieme senza annullarsi reciprocamente. Non lo si è voluto fare nel 2019, si continua a non volerlo fare oggi e dunque giustamente si viene battuti anche da una squadretta di terza categoria; 2) una rivoluzione educativa, capillare, diffusa, non solo urbana e non solo rurale, che ridistribuisca valori, impegni, modelli, coesione, ideali. E invece no: la tessera più diffusa è quella della Conad, cioè del consumismo edulcorato, tutti compriamo e dunque siamo.
E la Sardegna? La Sardegna sta tutta in questa scenetta accaduta ieri in un seggio dell’area metropolitana di Cagliari.
Entra una donna intorno ai trent’anni. Ritira la scheda per il referendum e domanda: “Ma chi sono i candidati?”.
Ecco, la Sardegna è tutta qua, devastata da distrazione, confusione, da una terribile ignoranza e dai secolari baronetti in giubba.
Mondino, noi ci siamo sempre. Alle regionali sceglieste Zedda senza neanche dare un’educata spiegazione che ufficialmente negò ogni passione per la nazione sarda e poco interesse ai temi libertari e federalisti. Acqua passata. Ricominciamo.
Disinteresse per ciò che non appartiene, chi non ha come interesse altro se non se stesso e gli amici. Forse è questo che impedisce di far comunità, piccole e grandi che siano. Dov’è un progetto che includa? Un progetto comune? È questo che manca. Che obiettivi porsi? Come raggiungerli? In quanto tempo? Se non viene esplicitato come è possibile che sia supportato?
Paolo fai riferimento alla cultura politica socialista ma non richiami il 6% del PSI alle supplettive, né richiami l’ipotesi da molti anni da noi proposta (anche in occasione della tua iniziativa alle ultime regionali) di un polo di centro sinistra non PD, laico, socialista, europeista, identitaria. Noi crediamo che lo spazio politico esista e sia percorribile. Tu ed io avevamo, a suo tempo, anche abbozzato un documento politico. Perché non riprenderlo? Perché ti dimentichi sempre di noi? Con stima!