Oggi Il Fatto Quotidiano dedica quasi una pagina alla questione dello Stadio del Cagliari e dello stanziamento di 50 milioni di euro da parte della Regione a favore della sua realizzazione.
Ne siamo onorati, perché il giornalista, a differenza di ciò che fanno altri (ma, sia chiaro, a me non importa un fico secco; per ciò che sta accedendo nella mia vita, sto maturando un distacco dalle cose e dalla ‘fama’ che mi sta riempendo il cuore di soddisfazione solitaria) cita anche questo miserabilissimo blog che sta solo cercando, in una regione sempre più conformista, di tenere vivo il dibattito politico.
Come potete leggere, il titolo virgolettato parla di “Regalo” al Cagliari.
Penso che l’avv. Macciotta sia tentato dalla querela quanto lo è stato con me per aver usato lo stesso termine.
Tuttavia, tra la pubblicazione del mio articolo e quello del Fatto, c’è stato anche il dibattito nel Consiglio comunale di Cagliari, nel quale il consigliere Farris ha sfidato l’assessore Macciotta (come si faceva ai tempi dei cavalieri, quei tempi che hanno funestato la mia infanzia col loro eroismo, che ancora mi affascina) a dimostrare quanto il primo accordo di programma di Solinas-Truzzu introiettasse il Progetto Giulini. La sfida non è stata raccolta: Farris è ancora lì a cavallo che aspetta, ma Macciotta è a Corte, non in campo.
Purtroppo, io, quando mi accusano di qualcosa, soprattutto di aver sbagliato, provo come primo sentimento quello della mia colpa. Sarà un retaggio cattolico, ma così è.
Quindi dopo lo scambio di battute con Macciotta, sono andato a ritroso a verificare se non avessi sbagliato, pronto a chiedere scusa: non ho alcun piacere a mentire o a far del male a chicchessia.
Sottopongo la verifica ai lettori.
Il decreto legislativo 38/2021 dice espressamente che il progetto proposto dal privato «può inoltre prevedere il pieno sfruttamento a fini commerciali, turistici, educativi e ricreativi di tutte le aree di pertinenza dell’impianto in tutti i giorni della settimana». Quindi l’hotel, la Spa, il centro congressi e quant’altro sono legittimamente prevedibili e previsti. Però, lo stesso decreto stabilisce che l’apporto di finanza pubblica, cioè i contributi di soldi di tutti al progetto del privato, sia eventuale, non obbligatorio: «Per assicurare il raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa, nonché al fine di assicurare adeguati livelli di bancabilità e l’eventuale coinvolgimento degli operatori bancari e finanziari pubblici e privati, il documento di fattibilità può contemplare il riconoscimento di un prezzo, il rilascio di garanzie, misure di sostegno da parte del comune o di altre amministrazioni o enti pubblici, la cessione del diritto di superficie o del diritto di usufrutto su di essi, ovvero la cessione del diritto di superficie o del diritto di usufrutto di altri immobili di proprietà della pubblica amministrazione, nonché il trasferimento della proprietà degli stessi all’associazione o alla società sportiva dilettantistica o professionistica utilizzatrice dell’impianto in via prevalente, nel rispetto delle previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Il diritto di superficie e il diritto di usufrutto non possono avere una durata superiore a quella della concessione di cui all’articolo 168, comma 2, del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e comunque non possono essere ceduti, rispettivamente, per più di novanta e di trenta anni. Si applica la disciplina prevista dall’articolo 165 del decreto legislativo n. 50 del 2016, relativa all’allocazione dei rischi e al raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario nelle concessioni».
Per quel che capisco io, il contributo finanziario è una scelta politica possibile, ma discrezionale e legata alla valutazione del progetto e della sua sostenibilità finanziaria, posto che, però, la norma individua nelle forme nella cessione dei diritti di superficie e di usufrutto le forme più semplici, ordinarie e comprensibili con le quali un ente pubblico può agevolare la realizzazione di un’opera di interesse generale su un terreno di sua proprietà.
Resto dell’idea che, nel momento in cui a un privato si cede l’area, il privato deve mettersi le mani in tasca e cercarsi finanziatori nel mondo bancario e in quello dei suoi eventuali soci. Sono troppo ‘inglese’ in questa visione? Va bene, ma me la tengo.
La penso solo io in questo modo?
Felice di essere solo, ma credo che si debba dimostrare, per mettere a correre 50 milioni di euro di finanza regionale e 10 milioni di euro di finanza comunale, che il progetto che si va a realizzare ne abbia bisogno rispetto alle finalità pubbliche dell’opera, non rispetto a una strategia di impresa per rendere più speculativamente redditizia l’opera, diversamente il pubblico parteciperebbe ai rischi d’impresa del privato, magari azzerandoli, senza il vantaggio di essere socio. Si chiama aiuto di Stato, in altri contesti normativi.
Adesso andiamo a leggere la legge finanziaria regionale del 2023 all’art.11, quella che stanzia i 50 milioni.
Non sono mai stato un alleato di Solinas e, forse, ne sono stato l’unico oppositore quando il Pd e le altre forze di opposizione si facevano nutrire con le tabelle milionarie con le quali i consiglieri regionali remuneravano i loro sodali (e gli attuali cortigiani della Todde tacevano). Solinas sa che io lo considero la persona più inattendibile che abbia mai incontrato nella mia vita. Tuttavia, Solinas non è uno sprovveduto ed è molto scaltro.
Il dettato della legge finanziaria regionale 2023 dice espressamente che i soldi regionali sono stanziati per la realizzazione «del nuovo stadio secondo gli standard previsti per le competizioni internazionali, entro i termini per ospitare i campionati europei 2032».
Sarò io un incompetente testardamente convinto che l’italiano non è l’italiano, come diceva Sciascia, ma l’italiano è ‘ragionare’, tuttavia a me pare chiaro che Solinas e il Consiglio regionale hanno inteso finanziare l’impianto sportivo non il progetto commerciale che ci si vuole costruire sopra e ciò comporta che la finanza pubblica non possa finire a coprire costi diversi dalla sua esplicita destinazione.
La cosa su cui il consihgliere comunale Farris ha richiamato l’attenzione è che la legge finanziaria regionale è del febbraio 2023, mentre il nuovo progetto dello stadio è del maggio e l’Accordo di Programma Solinas-Truzzu è del dicembre 2023 e richiama il dettato della legge finanziaria (e non poteva essere diversamente), non il progetto presentato a maggio.
Sbaglio a ritenere che il nuovo Accordo di programma approvato nei giorni scorsi dal Consiglio Comunale di Cagliari tenti, con accortissime correzioni, di aggirare il fatto che il Consiglio regionale della Sardegna abbia deliberato di voler costruire uno stadio e non di voler partecipare a un progetto speculativo di cui lo stadio è solo una parte?
Se sbaglio, pronto a correggermi, ma non mi pare. Staremo a vedere.
Permettetemi.
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Nel 2017 il Cagliari calcio presenta e avvia a iter un progetto per uno stadio da 23mila posti. E’ esattamente quello che alla società basta e avanza. Costa 70 milioni di euro, che prevede di coprire interamente senza soccorsi di alcuno. Nel progetto, incardinato sulle disposizioni della legge dello stato 147/2013, fanno parte albergo, spa, negozi, centro commerciale e tutto quel che occorre affinché sia dotato del requisito di autosostentamento economico.
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Sembra che questo passaggio sia sparito dai radar, come pure la causa che lo mutò, ovvero la fregola istituzionale (RAS e Comune) di presentare Cagliari ai nastri di partenza di Euro 2032. Ed è un errore che rende inutili tante – quasi tutte – le successive riflessioni di chi parla di “regalo”: perché al Cagliari calcio avere uno stadio da 30mila posti non gliene fregherebbe niente; perché di avere uno stadio che ha tutte le caratteristiche (costosissime, e non si parla soltanto di 7000 posti in più al coperto) per ospitare eventi Uefa di fascia 1 come le gare dell’europeo per nazioni.
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Alla società proponente bastava il primo dei progetti che, sette anni dopo, fosse stato lasciato in pace probabilmente oggi sarebbe uno stadio aperto. Il fatto è che cambiare quel progetto iniziale – ribadisco, 23mila posti, commerciale e 70 milioni tutti del privato – oggi porta l’attuale progetto a costare più di 200 milioni. Possibile che nessuno ci veda un rapporto di causa-effetto? Come si fa a parlare di regalo, quando ciò che si è stati “caldamente invitati a modificare” al privato costa il raddoppio secco della spesa, nonostante il contributo? Taccio sul quotidiano richiamato: non ho letto l’articolo ma ho idea che non sia stata ricostruita la genesi di questi progetti, il primo e quello attuale.
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Aggiungo, col massimo rispetto. Non si può parlare di concessione o diritto della superficie: ciò che “verrebbe” (poi farò un inciso sui condizionali) costruito sarebbe un manufatto di proprietà del Comune di Cagliari quello sì “concesso” (ma dopo essere stato costruito) per cinque decenni. In cambio di voci economiche varie a beneficio del proprietario.
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Il progetto, una volta ripartito l’iter, è un corpo unico e del resto non potrebbe essere altrimenti volendo restare sul binario della 147/2013. Il terreno di gioco e gli spogliatoi, come le tribune e le attività economiche, fanno parte di un corpo unico. Non sono isolabili. Chiedere che un finanziamento vada a beneficio del campo e non del resto, quindi, o è da ingenui o da sprovveduti. Non dico che sia sbagliato in assoluto, ma con questo progetto non è semplicemente possibile chiedere particolari destinazioni di Piano economico e finanziario, anche perché quando andrà a gara europea, sarà gestito come un corpo unico. Una richiesta di questo tipo, per non essere ingenua o sprovveduta, doveva esser fatta prima che il progetto andasse avanti e con esso il PEF. Oggi, per cambiare questo dettaglio, si dovrebbe ripartire da zero: cinque anni se i pianeti si allineano, sette-otto in qualsiasi altro caso.
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Perché i condizionali? Non frequento il presidente Giulini da anni, mia scelta e mie arrabbiatture calcistiche. Gli ultimi messaggi whatsapp risalgono al post Modena-Cagliari con un arbitro che ne combinò di tutti i colori. Poi più nulla, mia scelta che devo ammettere a lui non è pesata neanche un po’. Ma conosco l’ambiente, conosco le situazioni del club, ho una particolare sensibilità nel captare stati d’animo e vi dico una cosa: dovessi scommettere un euro, io che non scommetto mai, lo punterei su un disimpegno totale sia dal calcio sia conseguentemente dallo stadio. E nemmeno troppo distante nel tempo. Per quanto ci fanno soffrire a ogni partita e considerato che ormai sono anni che va così, credo che una “resa sportiva” sia pure dovuta, nel rispetto della proprietà azionaria si intende. Ma al disimpegno calcistico vorrei aggiungere “tifando appositamente” la rinuncia definitiva al progetto del nuovo stadio. Perché non credo che lo meritino coloro che hanno fatto marcire il Sant’Elia, non credo lo meritino quelli che hanno ostacolato in ogni modo Cellino prima e Giulini ora, non credo che lo meritino quelli che lanciano la pietra (amministratori di Regione e Comune) pretendendo un impianto che costa tre volte tanto ma accendono mischie dialettiche senza spiegare che è stata la loro pretesa ad aver fatto lievitare il costo. E aspettarsi che il privato, chiunque esso sia, carichi sulla previsione di spesa le modifiche di uno stadio che non avrebbe violuto è francamente difficile da capire.
Grazie per la pazienza. Cordiali saluti.
Scriviamoci le cose chiaramente:
Il progetto di Cellino non era appetibile ai “nostri” esattamente perché tutto il “grano” veniva dalle tasche di Cellino!
Ai “nostri” fregava una saga dell’ equilibrio della finanza pubblica!
Premeva sempre e solo il potere: se non hai uno strumento con cui ricattare qualcuno, non lo puoi controllare!
Quindi, il progetto di Cellino, non poteva essere utile ai “nostri”.
Sarebbe stato buono “solo” per la collettività! Mica per “loro”…
Non c’è vergogna che tenga !!!! L’allora giunta comunale guidata dall’allora sindaco Zedda rifiutò l’intervento ” a gratis ” di Cellino ,che venne indagato di corruzione e persino detenuto. , se non ricordo male per oltre un mese ,nelle patrie galere ; la nuova amministrazione regionale unitamente al Comune di Cagliari ,ricondotto dal sindaco Zedda , decidono di “aiutare la società sportiva concedendo area e……soldi ( tanti) perché possa effettuare l’opera
completa di attività commerciali : davvero un bell’affare !!!!! Chissà cosa ne pensa Cellino !!!! E…… chissà cosa ne pensano alla Corte dei Conti regionale !!!!!
@ Silvana Verissimo, e io che posso farci?
no Prof non si sbaglia dice la verità e quella fa male a molti
Quello nella foto sul Fatto non è Giuseppe Macciotta
Mi corregga se sbaglio Professore, se non ricordo male (purtroppo non riesco a risalire alle fonti, alias ritagli di giornale sull’argomento. Il presidente del Cagliari calcio Massimo Cellino presentò un suo progetto all’allora giunta Zedda; in detto progetto non si prevedeva neanche un centesimo di euro a carico della comunità, ovvero tutti gli oneri finanziari sarebbero stati in capo esclusivamente alla società Cagliari calcio. Detto questo, perché quel progetto venne avversato in tutte le maniere ( mannaggia ai ritagli di giornale desaparecidos)?
E pensare che poco più di dieci anni fa Massimo Cellino lo stadio del Cagliari voleva farlo senza chiedere un euro di contributo pubblico…..