È appena filtrata nei giornali la notizia dell’iniziativa della maggioranza di centro-destra che governa la Regione di voler modificare il Regolamento dei lavori del Consiglio regionale con un obiettivo apparentemente banale: ridurre i tempi degli interventi in Aula dei consiglieri regionali. Ieri la proposta è stata notevolmente ridimensionata, ma serve comunque parlarne perché svela le reali pulsioni che attraversano la Giunta, la maggioranza e il momento politico. Anche ciò che è rimasto è comunque significativo: i consiglieri regionali non avranno più tre minuti a testa per le dichiarazioni di voto, ma un minuto, il tempo di un sospiro, di un transistorante on/off, sì/no.
La proposta era questa, sulla colonna di sinistra il testo vigente, su quella di Destra le proposte di modifica. È stato approvato solo il comma 1bis dell’art.95.
Dobbiamo farci delle domande su questa orticaria cronometrica della maggioranza.
Rischio ostruzionismo? No. La prima domanda è: il regolamento vigente consente alle opposizioni di impedire l’approvazione di una legge o di ritardarla in modo significativo? La risposta è no. Il Regolamento è lontanissimo dai vecchi regolamenti parlamentari per cui un consigliere regionale poteva parlare sui punti all’ordine del giorno del Consiglio per quanto aveva fiato. I tempi sono definiti e già oggi, con il testo vigente del regolamento, il Presidente del Consiglio e la Conferenza dei Capigruppo (nella quale la maggioranza è della maggioranza) possono contingentare i tempi della discussione e anche il numero degli interventi. Quindi, non esiste un rischio ostruzionismo, cioè non esiste più il rischio che l’opposizione possa bloccare i lavori del Consiglio regionale.
Consiglio inefficiente? No. Si può allora pensare che la maggioranza trovi il Consiglio regionale inefficiente e che cerchi di renderlo più produttivo comprimendo i tempi. Tuttavia, non sembra propriamente essere il Consiglio, in questa legislatura, la parte inefficiente. Leggete questo articolo di Roberto Deriu e Carlo Sanna sulle capacità reattive del Consiglio regionale della Sardegna e della Giunta al comparire della pandemia Covid 19. Il ritardo, l’afasia, per non dire l’inedia, sono certificate, per tabulas, a carico della Giunta. Non sembra proprio il Consiglio ad aver bisogno della sferza cronometrica per lavorare.
Il fastidio del Consiglio? Sì. L’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di Regione ha accelerato una tendenza ormai presente in tutto il mondo e cioè la tendenza dei governi e degli esecutivi ad attrarre su di sé la funzione legislativa, lasciando ai Parlamenti una sorta di funzione di sindacato, di controllo e di tutela dell’integrità del sistema democratico.
In sostanza, il presidenzialismo non apprezza minimamente la discussione, l’analisi e il confronto, giacché ritiene che questi debbano avvenire in campagna elettorale e dopo essere seguiti dall’azione del governo a mani libere, libere anche dall’obbligo di una spiegazione o dal più oneroso dovere della ragionevolezza. È l’assorbimento di tutte le funzioni politiche da parte di chi vince. Nei sistemi parlamentari vincevano anche i perdenti. Oggi le minoranze sono compresse in una sorta di esercizio del solo ruolo di tribuna (sebbene vada detto che il gruppo del Pd in Consiglio regionale stia cominciando a trovare – pur sempre nella follia immemore della Nazione Sarda – il passo giusto, stia cioè abbandonando la scelta dell’opposizione scandalistico-televisiva a favore di un lavoro politico più duro, più faticoso, ma più proficuo).
Ma il presidenzialismo, benché fortissimo, è comunque infastidito anche dall’avere una maggioranza parlamentare troppo numerosa. Il ruolo del singolo consigliere, che vuole giustamente esercitare le sue funzioni, vuole manifestare le sue visioni e vuole essere visibile ai suoi elettori per essere valutato per ciò che fa e non per ciò che dicono di lui, è un problema per l’esecutivo. La maggioranza è stata un problema per Soru, per Cappellaci, per Pigliaru e lo è per Solinas.
La reazione dei presidenti e dei presidenzialisti all’ampiezza delle loro maggioranze e al loro desiderio di partecipazione è sempre stata oligarchica: costruire la maggioranza della maggioranza, determinare quelli che contano e quelli che seguono.
In questo modo i presidenti hanno sempre semplificato il reale, ridotto le variabili da governare, creato la plancia di comando. La riforma del regolamento è dunque contro la maggiornaza tanto quanto contro l’opposizione, ma non tutti sono in grado di capirlo.
Perché si ha paura del tempo? Il tempo è necessario alla riflessione e all’argomentazione. Una volta che è escluso il rischio dell’ostruzionismo, comprimere il tempo significa comprimere il ragionamento. E allora occorre fare qualche statistica: quanti scivoloni di questa maggioranza e del governo Solinas sono addebitabili ai lunghi tempi di preparazione della Giunta o a quelli di ragionamento e di approvazione del Consiglio? Vado a memoria: tutte le leggi sanatoria-ad personam del personale sono venute dalla Giunta; la vergognosa legge di riforma sanitaria è partita dalla Giunta; l’emendamento per Tursport è venuto dalla Giunta; i ritardi sulle leggi di Bilancio vengono dalla Giunta; il Piano casa della battigia viene dalla Giunta.
Paradossalmente, dunque, il Consiglio in autotutela dovrebbe adottare una nuova norma per il regolamento, che compensi il solo sospiro concesso ai consiglieri regionali per le dichiarazioni di voto. Il testo potrebbe essere questo: il Presidente e gli assessori possono intervenire in Aula per metà del tempo concesso ai consiglieri. Si otterrebbe così una riduzione del 50% della possibilità di errore.