Era il giorno prima di Natale del 2019, tutti erano buoni, e il Presidente Solinas prometteva entro un mese l’apertura del cantiere per il tubo del gas.
Il Presidente del Consiglio Conte, al contrario, si era dichiarato a ottobre per il cavo Sicilia-Sardegna.
Domenica scorsa La Nuova ha svelato il segreto di Pulcinella: va avanti il cavo di Terna. Costo: 3,7 miliardi di euro. Non dovrebbe stupire nessuno che vada avanti il progetto sostenuto dal Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana.
Il tubone del gas è un grande equivoco con cui la Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica del Mise, dal Paleozoico governata sempre dalla stessa persona, tiene in ostaggio la Sardegna delle sue personali visioni e del suo accorto arbitraggio di Stato tra Terna e Enel. Per il Mise la Sardegna è un quartiere metropolitano di 600.000 utenze con uno o più contatori. Punto.
Se si vuole capire qualcosa di energia in Sardegna occorre capire qualcosa di potere e di sovranità (ahi! la parola bandita che unisce la Destra e la Sinistra sarde). Proviamo a raccontarlo.
La Giunta Pigliaru Dentro la Giunta Pigliaru vi fu una convergenza non premeditata tra la visione iscritta nel Piano Energetico Regionale e la battaglia fatta da me e da altri per concludere, a favore della Sardegna, il lungo contenzioso con l’Enel sulle centrali idroelettriche dell’isola.
Nella mia visione, le centrali dovevano diventare il nucleo di un ente energetico sardo (per me Enas) capace di produzioni da energia rinnovabile (cioè dalla forza cinetica dell’acqua) adeguate al fabbisogno di sviluppo della regione. Nella visione iscritta nel Piano Energetico Regionale, la Sardegna, con le spalle protette dall’idroelettrico in mani sarde, si sarebbe dovuta organizzare in distretti energetici autosufficienti energeticamente e connessi con reti intelligenti.
Una parte della Giunta, invece, voleva con grande convinzione l’infrastruttura del tubo del gas. E questo fu un tragico punto debole.
Il colpaccio Il Mise nel 2015 fa la prima mossa di un piano premeditato e ben pensato: attaccare il regime di essenzialità che sosteneva le centrali sarde e precarizzarlo (cioè, dominarlo). L’obiettivo dichiarato fu mettere fine a quello che venne spacciato come un sistema assistenziale. L’obiettivo reale fu, invece, cominciare a smantellare le centrali sarde in vista della connessione della Sardegna da sopra (Codrongianos) e da sotto (Selargius) con i cavi di Terna e il dispacciamento di Enel, senza far crollare la domanda delle famiglie e delle aziende isolane.
La lotta all’assistenzialismo fece una sola vittima: la centrale di Ottana. Subito dopo la sua chiusura, Eph Fiumesanto e Enel Sulcis ripresero a incassare di fatto i soldi dell’essenzialità, che come si può notare dagli stessi documenti pubblicati da Terna per giustificare il cavo con la Sicilia, vale ad oggi 188 milioni di euro l’anno.
Intanto il Mise ha ottenuto il suo primo obiettivo: il sistema delle centrali sardo è precarizzato, vive ufficialmente di provvisorietà e di discrezionalità ministeriale.
La Sardegna si organizza senza Enel e Terna Il 1 luglio 2016 si ha la sentenza che sancisce il passaggio delle centrali idroelettriche Tirso 1 e Tirso 2 dall’Enel alla Regione. Il passaggio si perfeziona nel marzo del 2018. A luglio 2017 viene pubblicato un bando di 45 milioni di euro per l’efficientamento energetico e le reti intelligenti rivolto ai Comuni della Sardegna. Il bando si conclude a dicembre con un grande successo. L’Enel non tocca manco un euro. Circa cento comuni della Sardegna efficientano e attivano reti intelligenti. La Regione muove passi di sostenibile indipendenza energetica.
Fine del carbone L’Unione Europea fissa il phase out dal carbone nel 2025. Solinas vince le elezioni nel 2019 e parla di imminente apertura dei cantieri per il tubo del gas.
Viene meno la capacità di capire che l’energia è visione.
Se il fabbisogno energetico della Sardegna è soddisfatto da un cavo, non vi è bisogno di centrali che vadano a carbone o a gas.
Se in Sardegna non vi sono più centrali, non vi è la domanda di gas sufficiente a sostenere l’investimento del tubo.
Terna comincia a correre per il secondo cavo, Solinas non capisce.
Non solo. Mentre la Regione si lancia in sproloqui sull’analisi costi-benefici del tubone (in questo sostenuta dal noto quotidiano “Binu Malu” che lancia anche l’idea dell’idrogeno importato direttamente da Cape Canaveral) Terna le insegna come si fa in Italia: in Italia, in questo paese ipocrita, feroce e confuso, Terna dichiara candidamente che l’analisi costi-benefici del cavo è stata fatta da “un gruppo di lavoro” di Terna con supervisori dell’Arera, cioè dell’ente di regolazione che dovrebbe valutare imparzialmente, e non essendo coinvolto, l’impatto sulle bollette degli italiani e dei sardi dell’investimento di 3,8 miliardi di euro.
Solo in Italia l’analisi costi-benefici di un investimento ripagato da tutti i citttadini viene realizzata in casa e per di più con l’aiuto di chi dovrebbe valutare la congruità di tale analisi.
I regali e le elemosine Terna e il Mise individuano nel periodo 2025/2030 la fase di accompagnamento alla chiusura delle centrali sarde, accompagnamento che avrà il valore di 188 milioni di euro all’anno fino a quella data. In questo modo, si sovvenzionerà la perdita in un decennio dei 2000 posti di lavoro legati alle centrali, si pagheranno bei soldi a Enel e Eph e si tapperà la bocca ai sardi con l’antico argomento del soccorso alla fame.
Si salva solo Saras Non tutte le centrali saranno chiuse, perché il sistema del doppio cavo ha bisogno di una centrale locale che riprotegga il sistema, cioè che svolga il servizio dell’essenzialità. E quale sarà la centrale che verrà pagata per essere sempre pronta a garantire energia e stabilità al sistema? La povera Saras, l’unica povera impresa senza rapporti politici con l’attuale Giunta regionale, battuta in questa ingiusta solitudine solo dal negletto Forte Village! Stando semplicemente ferma, la centrale Saras avrà circa 42 milioni di euro l’anno per stare dietro i cavi.
Al contrario Se invece di buttare alle ortiche il Piano Energetico regionale della scorsa legislatura; se si fosse potenziato il ruolo di Enas come ente dell’idroelettrico e non solo dei bacini e dell’acqua grezza; se si fossero incentivati e organizzati i distretti energetici sardi, si sarebbe realizzato il quadro seguente: Terna avrebbe portato il cavo e non avrebbe trovato utenti, ossia avrebbe avuto come risultato della sua campagna di subordinazione energetica della Sardegna, il crollo della domanda. Ma queste sono cose troppo faticose per teorici e pratici della rendita e dell’accomodamento garantito dalla protezione degli apparati dello Stato. Questa è la storia di ignoranza, subordinazione e parassitismo che sta dietro l’accucciata fine della Regione Sardegna ai piedi di Terna.
Continueremo a essere servi del padrone. Non cambierà nulla sino a quando lasceremo che siano i non Sardi a occuparsi degli affari della nostra Isola.
Intelligenza fa rima con indipendenza, ignoranza con sudditanza