Oggi siamo stati costretti a leggere che l’inutile Commissione per l’insularità del Consiglio regionale della Sardegna avrebbe pubblicato un proprio comunicato stampa nel quale è scritto: «Nessuno di noi è indipendentista», si legge in un comunicato della stessa commissione. Però è innegabile che «lo Stato continui a voltare le spalle alla Sardegna, e Governo e Parlamento la snobbino, e tutti insieme sembrano spingerla verso una vera e propria Sardexit».
La premessa è interessante: «nessuno di noi è indipendentista«. Vero e si vede. Infatti, un’indipendentista sardo moderno, cioè non estremista, non folklorico e/o folgorato dalla contemplazione di sé, non impegnato in odi inestinguibili verso un altro indipendentista che magari non sa di essere odiato, insomma, un normalissimo indipendentista con cultura di governo, europeista, parlamentarista, che crede nel consenso e non nell’insurrezione, non avrebbe mai scritto una stupidaggine di queste proporzioni.
Un indipendentista sardo moderno ha una visione sull’inadeguatezza dei poteri dei sardi alla portata dei loro bisogni e alla natura dei loro diritti; un indipendentista sa che la questione sarda non è una questione di arretratezza economica (che invece è una conseguenza) o di gettito fiscale, ma è una questione di poteri. Quelli sostanziali, non sono in Sardegna e non difendono gli interessi e i diritti dei sardi.
Un indipendentista non ammalato dall’odio fratricida sa che ci vuole tempo, pazienza, una grande opera educativa, una seria militanza politico-culturale, una forte dose di tatticismo politico, una lunga sequenza di prove e fallimenti, fino a produrre la formula politica giusta per attivare un processo di transizione progressivo, legale, pacifico.
Un indipendentista serio e moderno non avrebbe mai vagheggiato, alla prima esperienza di sordità del governo italiano alle richieste dei Sardi, il fastasma della Brexit. I Commissari sbattono i piedini al primo diniego e cosa fanno? Invocano la Brexit, cioè l’operazione della Destra europea (non a caso la Commissione è presieduta da un uomo di Destra) più stupida che mai sia stata messa in atto (gli inglesi stanno correndo a concedere permessi speciali di soggiorno ai camionisti non inglesi che lavoravano in Inghilterra). Non a caso in gran Bretagna, gli Inglesi, i maestri dell’imperialismo guidati dalla Destra dei pub di Oxford, sono per la Brexit; gli scozzesi no.
Ma ciò che fa veramente sorridere e che dimostra che la commissione consiliare è composta da fighettini di città non abituati alla vera lotta politica, è che questo sull’insularità (che è un coprivergogne nuovo su membra vecchie da essere putride) viene inteso come il primo atto di sordità dei governi italiani verso la Sardegna. I precedenti, gravi, ormai secolari, non contano evidentemente. Siccome i signorini hanno un loro brand e questa volta la sordità riguarda il loro brand, l’insularità, mentre prima ha riguardato le battaglie storiche dei Sardi con i fighettini sempre schierati dall’altra parte, adesso, subito, alla prima difficoltà sul proprio brand, il fighetto del tè minaccia la secessione. Gli sta bene al mendace di Sardara, il commissario della provincia di Sassari del partito dei fighetti, dimessosi dopo la crapula assassina con dimissioni inviate a se stesso e da se medesimo respinte, quel commissario che, temendoci, ci tacciava di secessionismo, ecco, a lui questa solenne fesseria della sardexit sta proprio bene. Adesso può darsi del secessionista titolato in giubba, parassitariamente assiso su un piccolo scranno di Stato che non gli darebbe più da mangiare in caso di Sardexit.
Ciò che mi chiedo è perché la Sinistra non esca dallal Commissione e non si sottragga a queste smargiassate da tavolino in Piazza Yenne, da queste esibizioni di muscoli farlocchi, da questi piedini pestati da bambini viziati.
Quale sinistra, quella che si inventa liste civiche per confondere l’elettore o che non ha più uomini di governo, ma qualche capo e molti tirapiedi? L’Europa quella dei popoli non esiste più e gli indipendentisti rincorrono chimere senza sapere nemmeno perché.
Bisogna aver il coraggio di ricominciare, ma questo per molti significa abbandonare le posizioni di comfort all’interno delle quali, ognuno al proprio livello, si trovano.
Quando sento parlare i politici sardi di insularità mi viene l’orticaria. Siamo isolani perché viviamo in un’isola, logico; siamo isolati perché la politica, in tutti i livelli istituzionali, Regione inclusa, non ha mai realizzato strumenti adeguati, efficaci ed efficienti per superare le ovvie barrierre geografiche; siamo insulari per un senso di inferiorità indotta dalla politica sarda che vive in un costante senso di sottomissione mentale, quindi votata a chiedere piuttosto che a proporre e pretendere.
Secondo me, vivere in un’isola non è uno svantaggio. Ma vivere da insulari è una disgrazia autoinflitta.
La risposta é semplice e scontata: o si é indipendentisti (con tutte le motivazioni di questo mondo), o non lo si é; ricordiamolo sempre al momento di individuare gli schieramenti politici con cui allearci in previsione della prossima democratica competizione elettorale.
Siamo oltre l’incredibile e assai avanti nella vergogna.
Sunt sos nebodedhos de Massimo D’Azeglio nàschidos friscos friscos custu manzanu e comintzant cun sas balentias a fàghere gli Stat Isti, esperti nàschidos, coment’e pistadores de abba chentza mai mancu ischire cant’abba b’at tra sa Sardigna e s’Itàlia pro bídere chi de s’Itàlia ndhe semus fora milliones de annos: bídere nessi cussu, si faghiat a lu cumprèndhere, e si no ant bidu mai chi in sa Costituzione della Repubblica Italiana sa Sardigna est un’ísola fintzas con le sue isole e si mai ant ischidu ite diferéntzia b’at tra regione e Regione.
Ma fossis sa “insularità in Costituzione” lis serbit solu coment’e materia per contendere, armados de bombas “sardex.it“: sinono ite tenent de impromítere pro pedire votos a sos Sardos?
La sinistra in questo caso dimostra quello che è veramente. Centralista e italianista quanto è più della destra. Ancora invece mi chiedo quale sia la funzione politica dei cosiddetti riformisti ( quelli del commissario della provincia di Sassari) con queste sparate pubblicitarie che non hanno altro fine della salvaguardia delle poltrone.
Hanno ragione: non sono indipendentisti. Il resto lo hai scritto tu
“Un indipendentista non ammalato dall’odio fratricida sa che ci vuole tempo, pazienza, una grande opera educativa, una seria militanza politico-culturale, una forte dose di tatticismo politico, una lunga sequenza di prove e fallimenti, fino a produrre la formula politica giusta per attivare un processo di transizione progressivo, legale, pacifico.”
Paolo, tu voli oltre l’atmosfera, i “fighertini di città” sono al massimo sui dischi volanti delle “giostre”.