La crisi di governo non poteva avere migliore conclusione: ora il sistema politico italiano è drammaticamente in difficoltà e con lui sono entrate in una fase temporanea di decadenza le finzioni, le bugie, gli alibi che lo hanno sostenuto in tutto questo tempo. Era ora!
Entra in crisi il promotore della crisi: Renzi. Qualsiasi sia il programma e l’attività del governo Draghi, Renzi, se vuole un futuro per i suoi, dovrà cercarsi (e bisogna aiutarlo) un incarico internazionale che duri almeno un quinquennio dove impegnarsi da uomo di Stato e non di parte. Deve stare lontano dall’Italia se vuole che i suoi amici (e lui stesso) abbiano spazio e futuro.
Entra in crisi il Pd di Bettini-Zingaretti e la logica schizofrenica di avere una bussola con soli due punti cardinali: far fuori Renzi e tenere l’alleanza con i Cinquestelle. Il risultato dell’intoccabilità di Conte e del tentativo di far ingoiare a Renzi, a sfregio, un governo fotocopia, ha avuto come risultato la fine di tutto. Adesso il Pd dovrà decidere se diventare un normale partito socialista o un normale partito liberale, l’equivoco è agli sgoccioli, senza molti spazi per i corridoisti centristi sopravvalutati alla Franceschini.
Entra in crisi il Centrodestra, perché la Meloni non potrà che schierarsi all’opposizione per cercare la saldatura mussoliniana con il disagio sociale che arriverà quando i licenziamenti saranno possibili e quando si tornerà a pagare le tasse, ma non potrà fare la stessa cosa la Lega, già insofferente della collocazione nel polo razzista europeo voluta da Salvini. Il Nord dirà a Salvini di sostenere Draghi e la cosa non sarà indolore. Berlusconi sosterrà Draghi, perché è il miglior brodo di coltura della trasformazione di Forza Italia in altro da sé, data la naturale consunzione del leader fondatore.
I Radicali, Più Europa, Italia Viva e con loro tutti i partiti territoriali (quanto all’àmbito della militanza, non quanto all’ambizione di libertà che rappresentano) del Sud e delle isole hanno un’occasione storica per fare ciò che io auspico da tempo: la nascita di un partito federalista, libertario e socialista che archivi il Risorgimento, riconosca le nazioni attualmente presenti sotto l’ombrello della Repubblica italiana, rifondi lo Stato sui principi delle libertà individuali, della democrazia parlamentare, dell’autodeterminazione, della sussidiarietà e del federalismo, della solidarietà sociale e della sostenibilità ambientale, e così impedisca la rinascita della malattia italiana: il centrismo.
La Sardegna può essere un grande laboratorio in questo senso perché ha la sfortuna di essere pessimamente amministrata da un governo regionale di improbabili collegati in modo servile alla Destra italiana, cioè ha la fortuna di una tregua nella competizione delle forze sane dell’Isola e quindi ha lo spazio dei tempi giusti e la decantazione opportuna delle ambizioni che sempre servono quando si costruiscono grandi orizzonti.
L’analisi è corretta dal mio punto di vista. Osservo solo che i principi cui si è accennato, semplicemente enunciati, sembrano un orizzonte. Ma è dai quanti di libertà individuali, di democrazia parlamentare, di autodeterminazione, di sussidiarietà e di federalismo, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, è dai quanti di queste astrazioni e dalla loro realizzazione che dipende la tangibilità di quella linea immaginaria e desiderabile. Ogni centro ha un suo orizzonte, quello del suo raggio. E ogni orizzonte ha un suo centro! Per dire che il centro non va demonizzato se il suo orizzonte è ragionevole e tangibile e non rigido e immodificabile. Confido che una giusta miscela di quegli ingredienti sia l’attività instancabile della buona politica, che ha bisogno di competenze , cioè di saperi, di scienza, ma anche di coscienza.
Con chi ne ha voglia, intelligenza e piacere.
Paolo, con chi?