Il giorno dell’Epifania, Mario Capanna ha rilasciato questa intervista al Fatto Quotidiano. L’argomento è il prediletto del celebrato leader del Movimento Studentesco milanese: il Sessantotto. La novità è in questa affermazione: «La liberazione sessuale è il sunto civile di quella meravigliosa stagione di lotte». E ancora: «Il sesso come scoperta continua e anche come approccio convinto al piacere assoluto». Il resto dell’intervista è noia, cose già sentite e già dette, con un omaggio postumo a Pasolini sulla trasformazione del “cittadino” (termine che lui usa con venature comunarde) in “consumatore” e con la solita terribile idea dell’ugualitarismo naturale come antidoto all’idea liberale (che io trovo sommamente giusta a parità di condizioni garantite per tutti) dell’uguaglianza di fronte alla legge.
Ho dedicato il mio ultimo lavoro al rapporto tra amore, piacere e libertà (prime 150 pagine) e mi sento molto distante dall’approccio di Capanna al tema. Che la frontiera sessuale sia stata una delle più evidenti dello scontro tra norma sociale e libertà individuale è indubitabile, ma lo avevano già capito Abelardo e Eloisa e i trovatori (almeno alcuni) e, dopo di loro, quel mondo in chiaroscuro, ancora purtroppo poco popolare perché si espresse prevalentemente in latino, che fu il secolo tra il 1550 e il 1650. Come pure è certo (ma lo ha scritto meglio Mughini di Capanna) che il Sessantotto fu il periodo nel quale, più e meglio che in altri tempi, la sessualità parlò al femminile, divenne argomento politico, trovò espressioni artistiche e elaborazioni estetiche.
Detto questo, però, a me pare che nel Sessantotto si parlò molto di sesso e di libertà (e ce n’era bisogno), ma si uccise irrimediabilmente l’amore, cioè si discettò e praticò l’azione, ma si dimenticò la vita interiore. L’amore non è solo attrazione fisica; è invece quel piacere che nasce dal bene altrui, dalla felicità altrui. Chi fa sesso buono, si compie nel piacere di chi ama, ma scopre anche che la felicità di chi si ama è più profonda e misteriosa di un orgasmo. L’altro/a è come noi: un mistero di luce e di ombra che si svela se libero. Un grande poeta medievale scrisse: Il mio cuore non cessa di desiderare / colei che più amo; / e credo che la volontà mi inganni / se la cupidigia me la toglie. Sono versi che spiegano perché, chi crede che fare sesso con una donna amata sia possederla, può essere giudicato senza tema di smentita un grandissimo coglione. Una mia collega mi ha detto un giorno, parlando di letteratura, che le donne non sposano quasi mai gli uomini con i quali hanno fatto sesso nel modo migliore, ma piuttosto quelli con i quali si sono sentite più libere, più accolte, più serene. Nella vita non si possiedono persone, sentimenti, emozioni. Si può correre il rischio di capire chi si ama solo correndo il rischio di amarlo senza calcoli, senza cupidigia. Ragionamenti che nel Sessantotto sarebbero stati bollati come borghesi, romantici, repressi, castrati ecc. ecc.
Nel Sessantotto non entrò in crisi solo l’amore tra amanti, ma l’amore in generale, considerato un ostacolo al giusto contrasto sociale. Entrò in crisi l’educazione all’amicizia, l’educazione alle buone opere.
Può darsi che mi sbagli, ma il divorzio tra amore da un lato e sesso e libertà dall’altro spianò la strada alla pornografia come modello comportamentale, piuttosto che come prodotto di consumo. D’altro canto, resto convinto che fu proprio l’omicidio dell’amore, della riflessione sull’amore, che portò il Sessantotto a quel caos di pensieri e di azioni, sostanzialmente regressive rispetto ai processi di emancipazione sociale che lo sviluppo economico e lo Stato democratico stavano producendo. Lo dice in modo contundente in questo articolo Raimondo Cubeddu, già ordinario di filosofia politica nell’università di Pisa, senza mancare di notare che il Sessantotto mostrò l’inadeguatezza del sistema politico italiano a produrre risposte credibili al ribellismo e al permissivismo caotico. E lo dice in modo ancor più ragionato in quest’altro articolo dove sotto esame sta il rapporto tra cristianesimo e modernità, con contenuti su cui vorrò tornare ma che mi pare meritino l’attenzione che si riserva alle buone letture. Sono temi pesanti, mi rendo conto, ma credo che ognuno di noi, ogni tanto, voglia dismettere le scarpe impolverate, gli elmetti e le trinceee difensive, per alzarsi in piedi, dritto, a respirare aria fresca.
Egr. Prof.,
Mi sarei aspettato una marea di commenti del gentil sesso. Invece tre sole considerazioni e tutte maschili, quello del sesso forte di colui che non deve chiedere mai, ma deve possedere. E possedere è il contrario di amare Eppure nessuna donna ha sentito la necessità di esprimere un parere. Perché? Forse perché ciò che afferma sulla soglia degli 80 anni il Capanna era qualcosa di così limitato che la stragrande maggioranza degli italiani di entrambi i sessi era ancora incantato dalla dolcezza di una quasi fanciulla che cantava di non aver raggiunto l’età per amare o di una ragazzina sbarazzina che si preoccupava per il suo cuore sofferente per essersi innamorata, mentre un ragazzo andava a 100 all’ora per trovare la sua bimba ed un altro che da una lacrima sul viso capiva cosa fosse l’ amore.!! Certo, erano canzonette,ma che riscossero un enorme successo perché erano l’interpretazione in musica del comune sentire dei sessantottini che hanno vissuto un periodo nuovo, forse rivoluzionario, nella partecipazione politica, nel mondo scolastico,in particolare in quello universitario,con le proteste, le occupazioni degli istituti a cui si affacciarono prima timidamente poi con crescente entusiasmo e partecipazione le ragazze. Ma
l’ amore, seppure favorito dagli incontri più frequenti con l’altro sesso, rimase qualcosa di riservato, gestito con la massima attenzione, col freno tirato, dicevano i ragazzi, forse più fiduciosi in rapidi incontri anche sessuali col vento nuovo che soffiava tra i capelli della crescente disinibizione femminile. Cio’ non ostante si giungeva al culmine della donazione reciproca solo dopo un lungo preambolo fiduciario.. Peraltro, rimase famosa la frase: agli uomini il compito di approcciare una ragazza, ma,
quando fare l’ amore lo decide SEMPRE la donna!!!
Povero Capanna, una vita da perdente,eppure sull’ amore aveva il nome giusto.! Si, perché quando si pensa ad un grande amore viene alla mente la frase che meglio lo rappresenta:
DUE CUORI, UNA…… CAPANNA!!
Buona serata!
Ammesso e non concesso che Mario Capanna abbia qualcosa di interessante da dire, le sue affermazioni vanno soppesate al netto del ricordo della propria gioventù, sicuramente molto frizzante rispetto all’incedere della sua età attuale.
Un afflato di nostalgia per i bei tempi andati e per come si è divertito in quegli anni, niente di più di questo.
Sul perché le donne si sposino (e rimangano coi loro consorti) meglio stendere un velo pietoso: un mix di convenienza e quieto vivere.
Conosco delle cinquantenni (femministe solo quando disquisiscono tra loro sorseggiando l’aperitivo) che, una volta prefigurata alla loro metà l’intenzione di prendere strade diverse, si sono viste notificare avvisaglie di ritorsioni e rappresaglie che le hanno indotte a rimangiarsi tutto e accucciarsi come se niente fosse.
Il tema del ’68 merita una riflessione più seria e oggettiva di quella che può fornire uno dei suoi beneficiari, come Capanna, che nascendo in altre epoche non avrebbe intercettato quell’occasione di ribalta e sarebbe giustamente rimasto relegato nell’anonimato della Storia.
Quello studentesco di fine anni ’60 era un movimento borghese che ha avuto due effetti principali, uno di corta e l’altro di lunga gittata:
1) promuovere la carriera politica e giornalistica degli attivisti che operavano nelle principali città italiane;
2) accelerare la dissoluzione dell’impianto di norme sociali e culturali che regolavano il vivere sociale e i rapporti intergenerazionali.
Il lassismo imperante dei nostri giorni, la rottura di ogni schema e il dilagare dell’ideologia woke, perfetta lubrificante del neo-liberismo che regna incontrastato, provengono da lì.
E i fatti di cronaca ne sono un continuo esempio.
Altro che rivoluzione politica (caso mai il contrario), altro che rivoluzione sessuale (ai tempi di Adamo ed Eva era già stato fatto tutto, da lì in poi è un déjà-vu).
Il ’68 è stato solo un generoso carosello di cui i paraculo come Capanna, e altri paraculati che via via si sono accodati, si sono serviti per trovare un posto a tavola usando iperboli e suggestioni che una marea di tonti era disposta a bersi senza troppe domande.
Questa intervista, slegata dalla realtà dalla prima all’ultima riga, ne è un’ulteriore conferma.
Bgiorno Proff,questa variante ci voleva davvero dopo tanti gg focalizzati sul caso Todde che poi altro non è che una figuraccia in continuità con il marchese del Grillo ,bene parliamo di cose più difficili da catalogare.La prima cosa che mi viene in mente è il fatto che non è tanto invecchiare il problema ma invecchiare bene…e di certo Capanna sta invecchiando male.Sono nato nel 48 e avevo 20 anni nel 68 ,capelli lunghi e barba tutt’ uno strimpellavo la chitarra con una camicia fiori ma l idea di Capanna la ritengo una grande stupidaggine….tant’ è che pochi anni dopo mi sono e ancora sono innamorato della donna che mi sopporta da più di 50 anni….l ‘ amore,quello vero caro Proff si vede alla lunga
Il premio Nobel per la Letteratura nel lontano 1952, François Mauriac, ha scritto una bellissima frase sull’amore: “Amare qualcuno significa vedere un miracolo invisibile agli altri”.
La trovo bellissima ed estremamente significativa.
L’Amore tra due persone è qualcosa di incomprensibile per i terzi.
E’ un intreccio di energia sinaptica che non abbisogna di vocabolario per capirsi…..
Non me voglia Professore se le faccio notare che Lei colpisce corde mie sia di sentimento che di desiderio.
Pur troppo il desiderio piu’ feroce : quello della conoscenza e non il “sospiro della specie”.
Il LAVORO e’ la forma piu’ sublime di peccato.