Posto che ho assistito in differita al numero di cabaret dell’assessore alla Sanità nell’ultimo Consiglio regionale e ne sono rimasto folgorato, perché mi sembrava di sentire Califano imitato da Max Tortora, mi sono posto comunque come obiettivo di raccontare, ogni tanto, tutto quello che ci manca in campo sanitario rispetto alle altre regioni.
Comincio dalla testa, come in una progressione anatomica.
Un mio caro amico ha avuto qualche tempo fa una brutta emorragia cerebrale ed è finito in un normale reparto di Rianimazione, dove i medici si sono ammazzati pur di salvargli la vita. Nel reparto si è poi ammalato di meningite e infine ha iniziato un cammino di recupero e di riabilitazione che oggi lo ha portato a recuperare tutte le sue funzioni e il suo lavoro. Ha impiegato più di un anno.
Sembra che questa sia una cosa che accade in tutta Italia.
Non è così.
Recentemente un’altra persona a me vicina ha avuto un incidente, questa volta però in Toscana, e il risultato è stato completamente diverso in termini di trattamenti e di tempi della ripresa.
In Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto, Liguria, Valle D’Aosta (per lo meno, queste sono le regioni dove ho visto attiva la struttura), chi ha avuto una emorragia o un trauma cerebrale viene ricoverato in Unità di Terapia Neuro-intensiva e non in Rianimazione generale e la differenza negli esiti è incredibilmente differente e migliore. Addirittura, in molte Regioni, ne sono presenti più di una.
Quale è la differenza tra un reparto di Rianimazione generale e un’Unità di terapia Neuro-Intensiva?
All’interno di un’Unità Neuro-Intensiva, mi hanno spiegato, vengono utilizzati monitoraggi dedicati, quali quelli relativi a misurare la quantità di sangue e ossigeno che ricevono le zone di cervello danneggiate a causa di un trauma o di un’emorragia cerebrale (fattore determinante per la prognosi), a misurare il diametro delle pupille in maniera sistematica, a monitorare i dati relativi all’attività elettrica cerebrale, alla profondità del grado di coma farmacologico, alla pressione presente all’interno della testa, e tutti spesso in contemporanea, in modo da poter gestire al meglio ogni situazione e correggere le alterazioni. Per farlo, oltre ad essere presenti tecnologie fatte di ecografi, elettroencefalografi, cateteri intracranici, monitor e display vari, sono presenti le professionalità, ossia personale addestrato attraverso percorsi specifici, e ambienti dedicati, costruiti ad hoc con la creazione di modelli assistenziali intraospedalieri.
La Sardegna, come sappiamo, continua a rimanere indietro alle altre Regioni italiane in ambito Sanitario e, ovviamente, non abbiamo Unità di Terapia Neuro-intensiva, come non abbiamo tante altre cose. Cominciamo a segnare, dunque, ciò che manca, magari riusciamo a costringere il Consiglio regionale e il nostro Califano a iniziare a parlare di sanità e non solo di commissari.
Sardegna locomotiva d’Italia