L’onorevole Dario Franceschini ieri ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera che merita una riflessione contraria.
In sostanza, le proposte sono le seguenti: il Pd deve radicalizzarsi (“Per questo serve un Pd più radicale nella proposta politica, più netto e più coraggioso”), deve lasciare il passo alle nuove generazioni, deve allearsi con i Cinquestelle, non deve essere un partito plurale e federalista che punti a vincere le elezioni, ma un partito di parte, radicalizzato intorno ad alcune battaglie. Mi occupo di lui perché interessato a concorrere alla sconfitta di questa Destra di governo e, come tale, sicuro che a seguire la ricetta Franceschini si perderà in eterno.
Per Franceschini per avere un’identità bisogna radicalizzarsi. In quale direzione?
Con quali contenuti?
Questo, Franceschini non lo dice perché non lo sa. I contenuti non sono il suo forte, al contrario del posizionamento, dell’essere al momento giusto nel posto giusto (ricordo lui e tanti altri questuanti alla corte di Marini e promossi sul campo parlamentari senza apprendistato se non la loro ambizione). Per cui il suo radicalismo è solo la maschera dell’intransigenza, dell’alternativa di posizione e non di cultura alla Destra di governo (che festeggia per avere questo tipo di avversari).
Franceschini parla di un mutamento dei rapporti tra Stati e mercati, tra la Rete e i diritti, ma non riesce a dire che cosa e come dovrebbe essere cambiato. Quale Stato? Quali libertà individuali? Come articolare il potere? Come distribuire la ricchezza? Come garantire l’ambiente? Come tutelare le minoranze nel mondo globale? Come garantire l’autodeterminazione dei popoli nel quadro di conflitto latente nel quale viviamo?
Su tutto questo, un grande e imbarazzante silenzio.
L’unico squarcio, una critica: la Sinistra dovrebbe smetterla di essere come la Destra con in più una spruzzatina di welfare. Ma a chi è rivolta questa critica se non a se stesso? Non sono state forse le generazioni dei Franceschini e dei Letta a rinunciare a qualsiasi forte identità per adattarsi camaleonticamente alla cultura della globalizzazione purché garantisse loro un ruolo egemone? Non sono forse loro che si sono piegati alla nuova dittatura culturale dei gender studies e a mandare in soffitta l’eredità socialista, liberale, azionista e cattolico-democratica (la quale ultima, sia chiaro, è un’eresia cattolica, non una forma ortodossa, perché cattolicesimo e democrazia fanno a pugni ontologicamente)? Adesso si sostiene che o si è radicali o non si è progressisti, democratici, tolleranti, liberali e libertari?
Essere radicali senza contenuti è sempre stata la mascherina veneziana della sinistra di salotto, quella con portafoglio e comodità a destra e militanza a sinistra, quella che enuncia i principi per gli altri e li deroga per se stessa. Ed è su questo punto che vorrei concludere. Franceschini invoca una frattura generazionale. Io a queste cose non ho mai creduto. Le fratture devono essere di intelligenza e cultura, non di età per le età. Conosco molti giovani politici che sono giovanilmente scemi, e conosco, di contro, tanti politici attempati che sono ormai la controfigura di ciò che erano, hanno perso lucidità e motivazione, ma vogliono strenuamente mantenere lo status economico e sociale che i ruoli politici garantiscono.
Tuttavia, Franceschini invoca la frattura non per sé, evidentemente, ma per gli altri.
Infatti, il primo problema di questa intervista è una certa dose di impudenza.
Il Franceschini che invoca la frattura lo fa a partire da una comodità conquistata in modo volpino.
Lui nato a Ferrara è stato eletto nel collegio plurinominale della Campania, e già questo la dice lunga sul deficit di rappresentatività del suo attuale ruolo. Ciò che lo ha eletto non è un vincolo con un territorio, ma il concorso all’egemonia su un partito. L’elettore in Italia non sceglie i candidati, sceglie la bandiera. Chi egemonizza il vessillo, egemonizza anche l’elettorato. Che dice Franceschini di rompere con queste pratiche, prima o insieme alla frattura generazionale da lui invocata?
In più, la stessa egemonia ha procurato la candidatura della moglie in posizione tale da essere eletta questa volta, grazie a Dio, nel Lazio, dove la moglie era già consigliere regionale. Non sono contrario alle coppie di persone impegnate in politica, ma sono contrario all’uso familiare dell’egemonia politica. Se fossero ancora in uso le preferenze, non porrei questioni. In un sistema nel quale non conta la preferenza, ma la posizione in cui ti candida il partito, l’egemonia familiare è riprovevole, la si deve lasciare ai radicali in cashmere alla Fratoianni e signora (altra coppia generata dall’egemonia dei partiti sugli elettori).
Oggi, queste stesse persone che ieri non hanno candidato Luca Lotti per un rinvio a giudizio, cioè per il giustizialismo di facciata usato per togliersi dai piedi un giovane parlamentare scomodo, oggi queste persone parlano di frattura generazionale? Oggi, queste persone comode che hanno collocato nei collegi difficili tutti parlamentari delle correnti interne non allineate con Letta-Franceschini, oggi parlano di frattura generazionale? C’è un tasso di faccia di cartone altissimo, quasi indigesto.
Noi abbiamo l’intelligenza per riconoscere i soggetti e le maschere e, francamente, questa maschera radicale di Franceschini ha un che di antico e di patetico, ma anche di pericoloso per la vittoria. Non si sta con la giustizia maneggiando gli strumenti dell’egemonia ingiusta. Si fa solo un pasticcio barocco di contrasto tra aspirazione alla collocazione giusta e rammarico per la preferenza intimamente accordata alla posizione comoda. Pessimo investimento etico e politico. Pessima debolezza politica nel confronto con la Destra.
Perché fare tutto questo giro di parole e non mutuare il folgorante aforisma di Roberto Giachetti quando appostrofo’ alcuni colleghi del PD in una riunione del Direttorio sulle riforme proposte dalla segreteria di Renzi :- avete la faccia come il culo.-! Ma questo non si può dire.
Sottoscrivo. Medesima cosa in Sardegna… Vedere “trattamento” riservato a Soru (che, nonostante errori lei stesso credo, riconosca il valore) inoltre, poi mi spiace molto che personalità come le vostre non abbiamo continuato a lavorare insieme per il bene della Sardegna, e oggi se ne vedono tutte le conseguenze.
Franceschini rappresenta quella sinistra opportunista che ha perso il contatto con quella classe sociale che avrebbe dovuto rappresentare.
Sembrano non rendersi conto che questi loro comportamenti li porteranno alla irrilevanza politica.
L’importante è continuare a beneficiare dei privilegi per se e famiglia.
Basta vedere chi, in Sardegna, si è avvantaggiato (politici e Fondazioni) della conoscenza con l’ex Ministero che ricopriva: il nulla cosmico agghindato da grande intellettuale.
È stato gentile da parte sua definirla solo una “faccia di cartone”.