Ha fatto notizia l’ingresso di due dipartimenti dell’Università di Cagliari (Ingegneria elettronica e Giurisprudenza) tra le eccellenze italiane, che si traduce in un cospicuo finanziamento aggiuntivo da parte del Ministero per l’Università e la Ricerca. Si tratta certamente di un risultato di grandissimo rilievo, il cui merito va al lavoro di squadra di tanti colleghi ignoti alle cronache, che hanno dovuto combattere contro il sistema di monitoraggio e di valutazione italiano, sul quale invito i lettori a visitare questo sito. Voglio dire che i dipartimenti cagliaritani sono eccellenze in un contesto che invita a riflettere.
Fanno meno notizia i gesti e le strategie quotidiani che cercano di produrre e diffondere sapere in modo un po’ eversivo rispetto alle strategie e alle gerarchie prodotte dal ranking italiano e internazionale.
È il caso della casa editrice UnicaPress dell’università di Cagliari, impegnata da sempre (come diversi altri atenei italiani e stranieri) a pubblicare on line testi e riviste di alto valore scientifico, offerti gratuitamente e con libero accesso (open access). Il catalogo può essere consultato per pubblicazione, per sezione e per collana; di grande utilità è poi il catalogo delle riviste dove trovate anche la piccola creatura, il Bollettino di Studi Sardi, fondata ormai quattordici anni fa da me e Giovanni Lupinu, una delle poche riviste di antica concezione rimaste multidisciplinari.
L’open access è una politica editoriale ma è anche una politica educativa e formativa. L’Unione Europea lo promuove con sempre maggiore decisione, affermando di fatto che chi riceve finanziamenti pubblici (i professori universitari sono pagati dallo Stato e i loro progetti sono per lo più finanziati da istituzioni pubbliche) deve rendere aperti e accessibili i risultati del proprio lavoro.
Per me, questo vale da sempre anche per i libri. Il Centro di studi filologici sardi ha sempre visto le sue pubblicazioni sostenute da risorse pubbliche o da quelle della Fondazione di Sardegna (e in due casi dalla Fondazione Siotto). Tutti i libri così prodotti sono accessibili nel sito del Centro. Francamente non ho mai capito perché, invece, in Sardegna si finanzino ardite imprese editoriali (c’è un’edizione nazionale di un autore importantissimo che è praticamente introvabile ed è costata qualcosa come mezzo milione di euro) che poi producono onerose imprese commerciali, con libri venduti a prezzi esorbitanti nelle librerie della Repubblica.
Luca Serianni, il grande linguista scomparso tragicamente di recente, iniziava gli anni accademici chiedendo agli studenti: “Secondo voi, che cosa rappresentate ai miei occhi?”. Ovviamente i ragazzi tacevano e lui, dopo un po’ rispondeva: “Voi per me siete lo Stato, colui per cui lavoro”. Io la penso esattamente così e penso che se lo Stato ha investito tanti soldi su di me, io debbo restituire tutto ciò che so e che ambisco di sapere gratuitamente e in forma libera e accessibile, difendendo solo il copyright ma non commerciando su di esso. Pauperismo? Pauperismo. Ma anche libertà e amore.
Il mio vecchio professore (Associato e, per quasi tutta la carriera, a tempo definito per scelta etica), per mia fortuna ancora vivente e memore, accortosi da un pezzo dello squallore di quel mondo universitario che pubblicava su varie PRAVDA di settore (scientifico) cose, cosette e spesso e volentieri persino cosucce (scientifiche) di dubitabile valore, decise negli ultimi 15 anni di carriera di non pubblicare più nulla di quel che sapeva e non certo per paura, egoismo o malinteso orgoglio (scientifico). Tuttaltro. Decise infatti di seguire un’ altra strada. Faceva scrivere o, più spesso, era lui a scrivere, le le novità in poche righe neanche troppo mimetizzate dentro le tesi di laurea. Per anni, mi veniva da pensare ” che peccato” o “che spreco”.
In realtà notai subito che la gran parte dei maggiorenti del sapere locale (nonché abituali firme di PRAVDE) neppure se lo filavano, perché non erano interessati alle tesi, condiderandole ” buccia di ciogga” per il semplice fatto che loro non facevano così e dunque mai potevano aspettarsi che una “banale” tesi di laurea fosse in realtà una miniera di notizie esclusive.
Posso solo dire che il mio caro prof. se la rideva allora e se la ride ancora sardonicamente, quando qualcuno degli attuali missili in carriera, “figli” allevati e pasciuti dei vecchi sopravvissuti baroni gelosi del sapere (scientifico) scrive cose sue, senza neppure citarlo più. E il commento è che tanto “anche lui verrà dimenticato perché quello che conta è il sapere, quello che conta è se lo sai oppure no”.
Si, il sistema di ranking basato su parametri numerici dei bookanieri multinazionali fa veramente schifo. Non garantisce di per sé rango scientifico; semmai semplifica, aiuta pragmaticamente, serve alle carriere “a razzo” (?) di oggi ed è certamente un moltiplicatore economico di big bookanieri ma anche di pubblicazioni di modestissimo valore.
Per cui si, assolutamente, VIVA la pubblicistica pubblica e libera e viva anche le riviste multidisciplinari, “vecchio stampo”, tanto naif in apparenza quanto interessanti e degne nella sostanza.
Pauperismo?
Cosa zusta e bona, doverosa, líbbera e responsàbbile.
Personalmente so meda meda prus pagu de unu docente universitàriu (no mi bi so mai identificadu, mancu pro nàrrere “Tio chèrrere èssere cussu” e a nàrrere su ‘ideale’ meu cheria solu istudiare pro fàghere su “mastru de iscola” comente namus pro “maestro elementare”. Apo finidu unu pagu diferente “imprevisto”.
Ma sos materiales de totu sas letziones chi apo fatu fintzas a como de limba sarda (e sun bonos 20 annos chi ndhe fato) ca apo cambiadu “destinazione” de su “civile” italianu a su prus “terra terra” sardu) las apo dadas in paperi e in formadu digitale (fintzas organizadas cun PPT) in donu a totu sos chi ant fatu carchi cursu o “labboratóriu” de limba cun megus. E no lu poto e ne cherzo mancu tènnere a bàntidu (fintzas ca lu timo).