Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Gentile Paolo Maninchedda,
purtroppo anche alcuni direttori delle aziende sanitarie ci mettono del loro. Pensi che il reparto di Stroke Unit dell’Aou di Sassari (che come saprà cura l’ictus che è una malattia neurologica) è composto da sette unità, di cui tre neurologi, tre internisti e un infettivologo.
Tutto ciò in violazione delle linee guida che prevedono la presenza di un neurologo per turno. In questo modo infatti succede che un paziente che arriva in pronto soccorso per ictus riceva nel 50 % dei casi una visita neurologica non specialistica in quanto effettuata da un internista o da un infettivologo.
Le chiedo: ma allora a cosa servono 5 o 6 anni di scuola di specializzazione se poi con un training di 20 giorni ci si può spacciare per neurologo o se è il caso per cardiologo, ortopedico, internista, infettivologo, reumatologo e e così via?
Questa scelta difesa dalla direzione sanitaria della Aou e dal primario della Stroke Unit, nella migliore delle ipotesi non dolose, ha come giustificazione una misinterpretazione del termine multidisciplinarietà riportato nelle linee guida.
Infatti da una loro attenta lettura si capisce bene e lo capiscono bene in ogni altra Stroke Unit d’Italia, a partire da Nuoro e Cagliari, che la multidisciplinarietà è l’arrichimemto della squadra neurologica con altre figure competenti come il fisiatra, il logopedista e il fisioterapista, che ovviamente fanno ciò per cui hanno studiato e si sono specializzati; e non, come nel caso di Sassari, in cui multidisciplinare vuol dire sostituzione del neurologo con un infettivologo.
La sostituzione con un tuttologo potrebbe comportare un danno per il paziente che non riceverebbe la corretta assistenza dovuta ad una errata valutazione medica, un danno economico per l’azienda sanitaria e per la comunità che dovrebbe sostenere il costo di esami diagnostici richiesti per ovvia insicurezza e tutela legale, che invece un neurologo non richiederebbe perché per formazione accademica dovrebbe in grado di fare una valutazione clinica riducendo l’eccesso di esami strumentali in una patologia che prevede trattamenti tempo dipendenti come nel caso dell’ictus (trombonisti); sarebbe un danno anche per I neurologi che avrebbero titolo a ricoprire quel posto, ingiustamente occupato da altri colleghi di diversa specialità.
Ora l’Aou ha chiuso alcuni reparti come la neurologia e ha aperto dei reparti Covid, con la conseguenza che alcuni specialisti, cardiologi, oncologi, neurologi hanno ricevuto degli ordini di servizio per lavorare in tali reparti. Il bello è che la neurologia non è affine alla medicina interna e tantomeno alle malattie infettive. Alcuni neurologi che lavoravano nel reparto di neurologia appena chiuso, con senso di responsabilità, hanno presentato alla direzione sanitaria la richiesta di rafforzare la stroke (che ne ha inoltre necessità) piuttosto che il reparto Covid, per il quale avrebbero potuto eventualmente utilizzare gli internisti e l’infettivologo; la risposta è stata negativa con tanto (pare) di cazziatone annesso.
Perciò in tempo di Covid, grave come quello che stiamo vivendo, utilizziamo un infettivologo a curare l’ictus e un neurologo a curare il Covid.
MA DOVE VOGLIAMO ANDARE?
VERGOGNA!
Gentilissimo Paolo Maninchedda,, mi scusi se insisto ma sono molto interessato alla problematica in discussione in quanto un mio parente ha avuto un ictus. Non voglio polemizzare con la dottoressa Mongili, però le sue considerazioni fanno riferimento solo alla sua esperienza soggettiva e non tengono conto di ciò che è stato definito da tutte le Società Scientifiche afferenti alla Società ISO Spread, che includono anche le Società di Medicina Interna oltre a quelle di Neurologia. Infatti tale Società ISO Spread ha stilato le Linee Guida italiane di prevenzione e trattamento dell’ictus cerebrale per assicurare ai pazienti la migliore gestione in caso di ictus ischemico. Per tale motivo, le linee guida definiscono anche la composizione in termini di organico delle Stroke Unit.
Tutte le Stroke Unit devono avere di norma almeno un neurologo per turno di guardia, questo al fine di poter garantire una corretta diagnosi differenziale, dal momento che circa il 25% dei pazienti con sospetto ictus ha invece un’altra problematica che coinvolge il sistema nervoso. Non si può pensare che non serva uno specialista per effettuare una corretta diagnosi differenziale né si può pensare che queste competenze specialistiche si acquisiscano dopo un breve periodo di training, misinterpretando totalmente il concetto di multidisciplinarietà che significa, ovviamente, che ogni specialista dà il suo contributo specialistico in una patologia complessa come l’ictus e non che qualsiasi specialista, studiando un po’, diventi specialista in neurologia.
La Stroke Unit di Sassari nata in un reparto di Medicina e non in un reparto di Neurologia, a differenza di quasi tutte le Stroke Unit d’Italia (magari per spartizione di potere (?!)), non ha purtroppo nemmeno i requisiti definiti dalle linee guida per una Stroke di primo livello, figuriamoci quelle di secondo, pur essendo l’Ospedale Civile di Sassari un Hub.
Il cittadino non si preoccupa di chiedere la specializzazione del medico che lo ha preso in cura perché pensa che chi governa la sanità applichi le linee guida e utilizzi il buon senso nell’assegnazione dei medici ai reparti. Altrimenti facciamo il solito ragionamento all’italiana maniera, secondo I’m quale tutto si può fare.
Gentilissimo Paolo Maninchedda, la domanda che mi viene da fare a questo punto è perché a Sassari non si seguono le linee guida, nonostante risalgano al 2016? Perché se non tutti i turni di guardia sono coperti da neurologi, si continua ad assumere internisti ed anche un infettivologo (!!), nascondendosi dietro la multidisciplinarietà invece di mirare ad avere almeno le caratteristiche di base definite dalle linee guida?
Perché? Sarebbe davvero interessante approfondire,
Buonasera. La realtà dei reparti medici sassaresi non la conoscete. È una realtà decennale quella che solo ora vi prendete la briga di puntare col dito. Ma dove eravate fino ad ora? Non sapevate che gli internisti a Sassari, non solo non fanno medicina interna ma non si formano neppure a questa specialità ? E cosa dire dei gastroenterologi? E dei reumatologi? E fino a qualche anno fa dei cardiologi? E gli oncologi? Non sapevate che queste specializzazioni erano annesse alla così detta Clinica medica , laddove nel resto d’Italia ogni specializzando aveva il diritto di fare la sua pratica nei reparti adeguati? Sono medico e non ho frequentato queste specializzazioni a Sassari. Sono andata via come altri colleghi hanno fatto. Credo sia doveroso riconoscere ai colleghi che si sono specializzati a Sassari la capacità di adattamento, l’impegno e la disponibilità a formarsi a loro spese per ultraspecializzazioni che non esulano dalla loro (perché pur sempre specializzazioni nell’ambito della medicina specialistica). Ed ora, voi che vi preoccupate di farvi trattare l’ictus da un’infettivologo, chiedetevi: perché l’universitá di Sassari presenta queste anomalie?
Sono certa che, se avrete la pazienza di andare alla fonte, comincerete a darvi ed a dare delle risposte coerenti alle vostre domande e a porre le domande giuste alle persone giuste. Forse apprezzerete a giusto titolo lo sforzo dei vostri medici, che nonostante si siano trovati in difficoltà nella loro formazione, hanno continuato il loro cammino facendo del loro meglio per fare il loro lavoro con scienza e coscienza. Forse comprenderete anche che chi ha studiato malattie infettive potrebbe non essere proprio felice di fare un’ultraspecializzazione neurologica….ma come dire ha fatto di necessità virtù.
Nel mio intento di illuminare la faccia nascosta della luna, vorrei invitarvi a portare uno sguardo obiettivo ed ad abbassare il dito accusatore verso chi rappresenta unicamente il target più facile da raggiungere perché l’unico esposto.
Confidando nella vostra sincera volontà di mettere in evidenza una realtà che appare inadeguata al fine di portare ad un miglioramento del sistema formativo, e quindi del servizio sanitario, con un’analisi pertinente delle cause di questa inadeguatezza e con la proposta di un’algoritmo qualitativo efficiente, vi auguro un buon lavoro.
Gabriella Melis
Gentilissimo Dott. Maninchedda,
Le chiedo cortesemente un breve spazio per esprimere alcune considerazioni …
Sono uno di quel 50% di medici internisti che visita in Pronto Soccorso un paziente che arriva per ictus cerebrale … sin dai tempi della scuola di specializzazione e, successivamente, durante gli anni di lavoro in medicina, ho curato pazienti con ictus cerebrale (prima dell’avvento delle Stroke Unit le Neurologie dimettevano il 47.5% degli ictus, le Medicine il 52.5%), facendomi carico della diagnosi, dell’eventuale diagnosi differenziale e della terapia, oltre che del dolore e della frustrazione nell’affrontare una patologia che il più delle volte esitava senza appello in gravi disabilità per la mancanza di terapie efficaci. E in quel periodo nessuno ha mai gridato allo scandalo dell’internista che si occupava di patologia cerebrovascolare …
Ho accolto come un miracolo l’avvento della terapia trombolitica (e, quindi, delle Stroke Unit all’interno delle quali tale terapia viene somministrata) come possibilità di strappare all’ictus miliardi di neuroni e, quindi, restituire al paziente la sua autonomia funzionale precedente … e mi son buttata a capofitto nello studio di questa nuova terapia partecipando a corsi di formazione ultra specialistici a livello nazionale e regionale, in tema di strategie di riperfusione dell’ictus in fase acuta, uso delle scale di valutazione neurologica, diagnostica neurosonologica, condividendo esperienze e speranze con neurologi, urgentisti, internisti …. Eccomi quindi al lavoro, dal 2011, nella Stroke Unit di Sassari, una struttura fortemente voluta da due internisti lungimiranti e concepita fin dall’inizio come multidisciplinare a 360°. E qui vado per punti:
1) l’ictus (ischemico o emorragico) non è una patologia puramente neurologica, ma cerebrovascolare in senso lato, per una serie di motivi: le sue cause abbracciano i principali capitoli delle patologie internistiche (aterosclerosi, diabete, ipertensione arteriosa, dislipidemia, fibrillazione atriale, valvulopatie cardiache, disturbi autoimmuni e della coagulazione, malattie del connettivo, anomalie genetiche etc…), le sue conseguenze/ complicanze possono coinvolgere qualsiasi organo e sono pane quotidiano dell’internista (infezioni polmonari, delle vie urinarie, sepsi, squilibri acido-base ed idro-elettrolitici, insufficienza renale, scompenso cardiaco, lesioni da decubito, disfagia etc…); la terapia trombolitica dell’ictus ischemico richiede particolare attenzione al controllo minuto per minuto della pressione arteriosa e le sue possibili complicanze (sanguinamenti, reazioni allergiche) sono facilmente gestibili da un internista. E’ quindi così strano che un internista possa dedicarsi al lavoro in Stroke Unit?
2) qualsiasi professionista DEDICATO alla Stroke Unit ha una formazione di base che permette, indipendentemente dalla specializzazione di ciascuno, di riconoscere tempestivamente se il paziente è affetto o meno da patologia ictale: nel primo caso (paziente affetto) avviandolo subito al trattamento specifico, nel secondo (paziente non affetto) affidandolo al neurologo competente per le altre patologie (epilessia, emicrania, sclerosi multipla etc…)
3) non ci si improvvisa medici o infermieri di Stroke Unit da un giorno all’altro, indipendentemente dalla provenienza internistica o neurologica: è necessario, prima di poter lavorare con indipendenza, far proprie le linee guida attuali (che non significa solo averle lette una, due, tante volte, ma anche averle viste applicare più volte sul campo da colleghi già esperti in modo da conoscere regola ed eccezione, saper districarsi tra imprevisti o in situazioni non contemplate dai manuali), acquisire dimestichezza con le sempre più avanzate tecniche diagnostiche e terapeutiche, imparare a gestire tutti i bisogni di salute di un paziente polispecialistico e altamente fragile. Tutti questi aspetti formativi nella nostra Stroke Unit sono garantiti da un periodo più o meno lungo di affiancamento, dalla partecipazione a corsi e riunioni periodiche, dall’aggiornamento continuo e dalla condivisione quotidiana (anche oltre l’orario di lavoro) di esperienze, dubbi, perplessità riguardanti i singoli casi clinici. Neurologi e internisti sono perfettamente integrati in una realtà che cerca di considerare ciascun paziente nella sua globalità. Dispiace ricevere dall’esterno critiche (non sono queste le prime) che non trovano riscontri nella realtà e nel vissuto di chi, in Stroke Unit, ci lavora. E qui arrivo al quarto punto:
4) i risultati della Stroke Unit di Sassari si sono sempre dimostrati almeno in linea con gli standard nazionali, talvolta ricevendo anche riconoscimenti per le performance dimostrate.
Concludo sottolineando che l’infettivologo in servizio presso la Stroke Unit è stato regolarmente assunto da una graduatoria di medicina interna, che lavorava in un reparto di medicina interna prima del trasferimento e che, prima di essere inserito nei turni di guardia, ha fatto un congruo periodo di affiancamento ed ha sempre potuto contare sull’appoggio degli altri colleghi, di cui non ha mai peraltro avuto necessità. Grazie alle sue competenze specifiche, inoltre, ha ulteriormente migliorato la qualità dell’assistenza ai pazienti (ahimé tanti) con manifestazioni cliniche sospette per patologia infettiva e fatto risparmiare soldi alla comunità grazie alla razionalizzazione dell’utilizzo delle terapie antibiotiche.
E poi, me lo consenta, che tristezza scrivere accuse tanto pesanti ed offensive senza neanche il coraggio di una firma ….
La ringrazio infinitamente per lo spazio che vorrà concedermi
Dott.ssa Claudia Mongili
Luciano,
in merito alle notizie false, le consiglio di leggere l’interpellanza regionale n. 2/a del 16/04/2019, tra l’altro molto ben scritta e precisa, nella quale si chiede conto all’Assessore alla Sanità dell’anomalia che, forse, ora in tempo di Covid, risulta ancora più grottesca, per non dire peggio.
Le consiglio anche di leggere gli articoli pubblicati su l’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, gli ultimi del 7 settembre e del 31 ottobre di quest’anno.
Se poi lei è un negazionista della verità per partito preso, provi – se ha voglia – a cercare le delibere di assunzione dell’AOU di Sassari…se non le trova, gliele indicherò io…oppure guardi il sito dell’AOU nella sezione notizie di marzo 2019, quando l’azienda spacciava l’assunzione di un infettivologo in Stroke come l’arricchimento del team multidisciplinare, dimostrando di non conoscere le linee guida e il significato attribuito in quel documento alla multidisciplinarietà.
Io nel vedere tutto ciò mi indigno e provo rabbia nel pensare che un mio amico, parente o io stesso possa finire nelle mani della persona sbagliata, in quanto privo del titolo necessario per fornire assistenza per quella specifica patologia neurologica.
Mi chiedo anche che fine hanno fatto quelle associazioni di malati o di parenti di malati che tante donazioni hanno fatto al reparto e che seguono da vicino il suo andamento.
Luciano, noi cittadini abbiamo diritto ad avere una prestazione sanitaria corretta, perciò prima di gridare alla falsità di una notizia, si informi e poi si indigni, perché.
Notizie false e fuorvianti? prego, si accomodi a dimostrare la sua verità.
siete tutti bravi a dare notizie false e fuorvianti. Il problema sono tutti i nullafacenti in certi uffici al palazzo rosa a Sassari. La gestione della sanità sarda è UNICAMENTE della regione Sardegna, e di tutta quell accozzaglia di finti sardisti e neo leghisti, pasticcioni. Adesso Solinas assume duecento dipendenti regionali a suo dire per snellire la burocrazia, non si sa bene di cosa. La facciatosta impersonificata.
L inefficienza più totale.
Oggi 9/11, ore 21.20 ci sarà Report con un servizio sulla disgrazia sarda per la gestione sanitaria…Governatori leghisti emuli di Trump e fautori di tutte le disgrazie sanitarie di questa fase covid.