Nella notte tra il 2 e il 3 novembre una banda di almeno 15 persone ha preso d’assalto, a Piacenza, la sede logistica di DHL e ha rubato smartphone e tablet per un valore dichiarato di almeno 2 milioni di euro.
Hanno rubato camion e auto e le hanno incendiate per coprirsi la fuga.
Hanno perimetrato l’area con chiodi in strada.
Si sono dileguati facendo perdere le proprie tracce.
Ricorda qualcosa a qualcuno?
A me sì; a me ricorda le modalità degli assalti ai furgoni blindati delle ultime eclatanti rapine avvenute in Sardegna.
C’è una diffusa tendenza, nella società sarda, a sottovalutare il salto di qualità che la malavita isolana sta facendo. Se ne sta accorgendo la DDA ma è isolata in questa percezione, la magistratura giudicante è scettica, pensa che i loro colleghi abbiano le traveggole.
Invece a leggere bene i fatti che stanno accadendo, si comprende che grazie al traffico di droga la criminalità organizzata si sta capitalizzando, ha le sue attivissime ‘lavatrici’ per pulire il denaro e usa le rapine come uno degli strumenti per finanziarsi e investire di nuovo in droga, poi ripulire i proventi e poi investire in attività e patrimoni puliti.
Perché questa malavita è difficile da stanare? Perché ha imparato il federalismo criminale, cioè quella forma particolarmente consona all’indole sarda, che coniuga individualismo e collaborazione. Le bande esistono solo per le diverse occasioni, ma non si strutturano in sistema né ambiscono al controllo del territorio, che è una cosa ormai vecchia. In Sardegna non c’è neanche il problema del presidio delle zone di spaccio: siamo quattro gatti concentrati in quattro città e in un immenso territorio, dove incontri più cervi e cinghiali che non esseri umani. A cosa servirebbe controllare il territorio?
Questa criminalità non è interessata agli appalti pubblici. Troppo esposti, troppo burocratizzati, con margini alla fine troppo esigui rispetto a droga e rapine. Dove vanno dunque i soldi? In B&B, bar e alberghetti sulla costa, agriturismi, ma anche piccoli e diffusi immobili e esercizi commerciali nella penisola. Tutto realizzato da decine di persone all’insaputa l’una dell’altra. Per un attimo insieme e per sempre ognuno per proprio conto.
Questo mondo è tra noi, vive normalmente in mezzo a noi, si concede solo delle eccezioni. Per questo non li vediamo. Per questo sono gli eroi di molte conversazioni nei bar e nelle caffetterie del Centro Sardegna. È gente divenuta di tendenza.
Scommetto quel che si vuole che a Piacenza erano gli stessi di Sassari. Ma se lo stile fantasmatico sardo si rafforzerà ulteriormente, lentamente diventerà un problema nazionale italiano, perché i sardi sanno combattere per istinto di sopravvivenza e se imparano anche ad essere tattici, allora diventano avversari terribilmente temibili.