Parteciperò alla campagna referendaria per l’abolizione della legge sull’autonomia differenziata.
Lo farò con motivazioni mie, legate all’oblio della storia d’Italia, che è una storia del privilegio settentrionale, la quale impedisce che si tiri una linea oggi per stabilire i Livelli Essenziali delle Prestazioni, senza prima aver riequilibrato secoli di squilibrio e di saccheggio fiscale, di libertà differenziata e autoritarismo diffuso.
Non mi intrupperò con il partito etico della Schlein, ma voterò contro la legge e per la sua abolizione.
Leggo di un grande impegno delle forze politiche oggi al governo della Regione Sardegna nella campagna referendaria contro l’Autonomia differenziata.
Le vedo, invece, indifferenti rispetto alla modifica della legge elettorale sarda che è liberticida quanto e più della legge Calderoli.
Mi pare di vedere all’opera il riflesso pavloviano, tipico isolano, di partecipare alle guerre altrui e mai a quelle proprie, di cercare la gloria sotto le bandiere degli altri e mai, dico mai, il merito tra i propri concittadini.
La legge elettorale sarda non è solo presidenziale e maggioritaria a turno unico (conquista la maggioranza assoluta dei seggi chi prende un voto in più), ma, come è stato ripetuto anche nella recente assemblea che si è svolta il 30 giugno a Bauladu, qui il verbale, oltre a garantire la governabilità, si occupa, grazie a un infausto emendamento inserito a suo tempo da Giorgio Oppi, anche di limitare il riparto dei seggi dell’opposizione con sbarramenti elettorali non banali del 5%, per le forze politiche singole, e del 10% per quelle associate.
Non dovrebbe neanche dover essere spiegato che, nel momento in cui la governabilità è garantita col premio di maggioranza, il riparto dei seggi dell’opposizione deve avvenire su base proporzionale, senza sbarramenti o, al massimo, prevedendo che accedano al riparto solo le forze che eleggono almeno un consigliere (il cosiddetto sbarramento naturale, che consente l’accesso ai seggi solo alle forze che abbiano raggiunto almeno un quoziente pieno).
Invece, tra le prime dieci leggi approvate da questo Consiglio regionale sedicente progressista, non vi è quella banalissima, di pochi articoli, che elimina questa ingiustizia democratica. I consiglieri hanno trovato il tempo di modificare la legge di finanziamento dei Gruppi consiliari, con nuovi contributi, innalzamento dei precedenti e mani libere nella gestione, ma non di ritoccare in senso liberale e democratico la legge elettorale.
Il motivo è evidente: il Pd e Fratelli d’Italia temono che la possibilità della rappresentanza politica disincentivi le forze minori a allearsi con loro per vincere le elezioni.
Io la trovo una paura stupida: le ultime elezioni hanno dimostrato che, pur di vincere, la gente è capace di negare l’evidenza della prepotenza. Tutte le forze politiche temono l’ininfluenza. Come disse D’Alema ai socialisti nel 1993, “Se votate a favore siete irrilevanti; se votate contro fate danno. Dovete chiudere bottega”. Ecco, questa brutalità oggi è diventata sentimento diffuso.
Certamente è vero che l’area del sardismo e dell’indipendentismo di tanti colori, nonché le tante anime della Sinistra sarda hanno necessità, per esistere, di una legge elettorale giusta, ma questo è anche il bisogno delle forze centriste, che fanno del posizionamento un fatto culturale e non tattico. Quindi, si può dire che dovrebbe esistere in Consiglio regionale un’area consistente che abbia l’interesse alla modifica della legge elettorale e il Pd potrebbe essere messo davvero alla prova rispetto alla consistenza reale del suo spirito democratico. Se non accadrà, rimarrà la strada di un referendum che potrebbe essere uno strumento molto interessante di opposizione all’élite parassitaria e pastasciuttara che con la Todde ha conquistato il potere, ereditando metodi e ambizioni della Giunta Solinas, loro parente stretta. Vedremo.
Perché se si è indipendentisti si dovrebbe essere contro l’autonomia differenziata? Si dovrebbe essere a favore del processo di smembramento dell’Italia?
P. S. Io non mi considero indipendentista
Egregio, reputo i due argomenti – autonomia differenziata e legge elettorale – due falsi problemi.
La legge sulla autonomia differenziata, fatta bene o fatta male si vedrà, si è resa necessaria per la vacatio (giungla oserei dire) creata dalla sciagurata modifica del titolo V voluta da D’Alema e Amato nel 2000 nella speranza di fronteggiare elettoralmente la Lega introducendo il federalismo in sanità e nella istruzione senza uno studio adeguato delle sue ricadute. Col risultato di distruggere quel poco che ancora funzionava nei due comparti sociali (già in sofferenza per la dieta imposta da Maastricht) ed accentuando i nefasti effetti di una secolare questione meridionale mai risolta. Il fronte referendario creatosi sul tema è l’ennesima fuffa di una opposizione priva di idee ma rigonfia di ipocrisia.
Lo stesso dicasi per la legge elettorale vigente Sardegna dove, a parere mio, non è la formula che rende improduttivo il governo regionale ma la qualità sempre più scadente della classe politica sarda, incapace da sempre di far valere gli straordinari strumenti statutari messi a disposizione dall’Autonomia ma dedita sempre più agli affari propri. Saluti.
..anziché porsi TERZA nel conflitto sulle AD preferisce ergersi non richiesta ( ndR ) a novella Alessandra D’Arco … a dire che nella sua ultima intervista al CdS ricordava la sua provenienza da nobile famiglia sardista nuorese …. evidentemente Ella ha praticato poco e scordato tanto . Una presidente di regione autonoma che ragiona da ….ordinaria. Poteva andarci peggio ?
La Todde non ha esitato a mettersi a capo della protesta delle regioni di segno politico simile. Continua così a svolgere il ruolo di madonna da processione, assolvendo il compito che le è stato assegnato con la candidatura a presidente. Ci saremo aspettati che si fosse messa a capo delle regioni a statuto speciale, che rischiano l’annacquamento a causa della riforma sull’autonomia differenziata. Niente, come giustamente rileva Paolo Maninchedda, combatte una battaglia che seppure giusta alla fine non cambierà i rapporti tra stato e Regione Sarda. Dimostra così di non aver capito. O peggio, se ha capito, è in malafede. Malfedede evidenziata dalla assoluta mancanza di volontà di regalare ai sardi una legge elettorale democratica. Ma in fondo perchè dovrebbe cambiare una legge che le ha consentito di andare in sella?