La Regione è in ferie.
Ci sono le elezioni, le bollette aumentano e la Regione è in ferie, imbambolata, assente.
Questa è la notizia che i giornali non danno. Solinas non sa cosa fare.
Proviamo a ribadire una proposta che facciamo da tempo, ormai.
Immaginiamo che esista un governo regionale sardo che abbia una visione complessiva della Sardegna, un’idea nazionale dell’Isola.
Immaginiamo che questa idea cerchi di giocare la carta dell’attrattività fondata su sostenibilità ambientale e qualità della vita.
Immaginiamo che questa Sardegna attrattiva ‘scopra’ di avere circa 730.000 famiglie sul proprio territorio che abitano altrettante case.
Immaginiamo ora di voler rendere il più possibile autonome dal punto di vista energetico queste famiglie, che in genere hanno allacci per l’energia elettrica di 3 Kwatt.
Immaginiamo che il prezzo medio di un impianto con accumulo si aggiri intorno a 5.000 euro a kilowatt. Il costo complessivo dell’operazione per dotare ogni casa sarda di un impianto da 3 kw è di circa 11 miliardi di euro. Se io fossi in Cassa Depositi e Prestiti, anziché investire in case dello studente con prezzi da pazzi e caparre restituite senza pagare gli interessi, come per l’appunto fa la banca dello Stato, penserei di finanziare gli impianti, scaricandone il costo in bolletta per trent’anni. Ma questo ai boriosissimi dirigenti e procacciatori di Cdp non è venuto in mente, nonostante siano sempre a caccia di investimenti con una tariffa soggiacente e a rendimento garantito.
Posto che sappiamo che coprire interamente i costi con un intervento che gravi sulla fiscalità generale comporterebbe intossicare il mercato (come è accaduto nella prima fase attuativa del Superbonus), immaginiamo una legge sarda che preveda un contributo una tantum a fondo perduto per una data percentuale del costo dell’impianto oppure un contributo in conto interessi nel caso l’utente opti per un finanziamento. Oppure ancora, immaginiamo di adattare agli usi civili il bando per il fotovoltaico nelle campagne, e forse questa è la strada più collaudata e breve.
Nel frattempo, la Regione potrebbe realizzare un’intensa campagna per rendere tutti i suoi edifici, comprese le case popolari ancora di sua proprietà, autonome energeticamente e connesse tra loro in rete.
Nel frattempo la Regione potrebbe riprendere la battaglia per riappropriarsi delle sue dighe e divenire un serio produttore di energia rinnovabile.
Se tutto questo fosse realizzato (ma ci vuole un presidente proattivo e non dormiente) è ragionevole pensare che nel giro di 15 anni la Sardegna avrebbe una capacità di produzione e di accumulo tale da rendere molte sue aree energeticamente autonome e autosufficienti.
È sbagliato ragionare così?
Forse.
Ma mi pare più onesto e più sano che andare in giro a chiacchierare di quel che si farebbe per la Sardegna da semplici parlamentari che, però, l’esperienza ha dimostrato non hanno la forza di incidere in alcunché di rilevante per il benessere dell’Isola.
Non c’è un solo parlamentare che possa cambiare la politica dei trasporti della Repubblica italiana, o la politica fiscale, o la politica militare o la scuola, la disastrata scuola italiana. Né esiste un solo parlamentare che possa invertire la decisione ormai assunta di chiudere progressivamente le università del Sud.
Tanto vale, allora, usare le elezioni italiane per immaginare la politica sarda possibile.
Almeno si evita il rinculo dei sogni.
Piè, ”rubare” no est unu ”problema” in d-una ‘civiltade’ a chie podet furare prus de sos àteros, a su fura fura coment’e ‘sistema’, in cusséntzias che a sa cingomma americana e fintzas in àteras chi chircant de si regulare cun onestade e precisione de “a termini di legge”.
Ma sos Sardos chi andhant a Roma pro fàghere bene a sa Sardigna, senza fare di ogni erba un fascio, sunt totu ma própiu totu de prèndhere in sa matessi fasche de sa dipendhéntzia de sighire a muntènnere e únghere pedindhe promintindhe e ispetendhe, sempre a murrunzu e a piaghere, ca faghent sa matessi funtzione e, pro no la fàghere longa (ma cheret fata longa cantu est netzessàriu) ammento solu chi, no est mancu dae meda, una cambarada cun ‘ideas’ natzionalitàrias “supergiù” e vattelappesca (chi bi aiat fintzas pessones chi apo istimadu e istimo) pro si candhidare a su Parlamentu italianu si fit presentada cun d-unu símbulu de lista cun sos duos colores «della bandiera sarda», gai aiant ispiegadu, garrigados a unu, nadu in limba civile, “scarabeo stercoraro”, chi in sa limba de sa zente a palas a terra e a cambas truncadas namus “carrabbusu”, cun totu chi custu babbautzu niedhu biológicu no carrat abbusos, carrat e abballinat cosa prus fragosa pro su nasu, alias “merde” naraiat cudhu, e pro bi pònnere sa cria e pesare un’àtera generatzione de carrabbusos.
Lampu, si no parent fizos de sos ‘políticos’ antepassados sos políticos bios! (sempre a fasche/no a fasche),
Pessa tue sa funtzione de sos carrammerdas sardos, pro chie gai si cheret, ca a classificare za si classificat donzunu a solu, si cheret e ndhe sentit bisonzu, chentza bi lu fàghere a istichidura in ogros.
E si gai sunt sos ‘bonos’ ite no ant a èssere sos ‘malos’! Su chi contat est chi a fasches e a muntones sighemus andhendhe innoromala e a isperdimentu sos Sardos coment’e pópulu chentza azummai mancu cria ca bastat a ispèrdere sos criados créschidos: pro su logu “selvaggio” e… “selvaggi genuini” a prus de sos turistas, fossis fizos e nebodes fizos de nebodes cun arrastu irbentiadu de Sardigna, ant a bènnere sos catziadores de totu s’Europa a catziare porcrabos e lèperes e a chircare antunna, o pro “ammirare” un’àtera portessione de mamutones a brincos e sonu de marratzos, merdules, turpos e àteras màscaras dóighi meses a s’annu. Un successo (no trunchedas sa peràula).
Tutti gli scritti proposti sono, per dirla col sig G., intelligenti e logici.
O, per dirla con Angelo, talmente ovvi che sconfinano nella genialità.
L’uovo di Colombo. Aggiungo, per rafforzare, che il tutto avverrebbe con la contemporanea riduzione di agenti inquinanti.
Tutte le case in Sardegna devono essere energicamente autonome. Anzi, avrebbero dovuto esserlo. Da almeno vent’anni…
Abbiamo una centrale idroelettrica alimentata dal Flumendosa in agro di Furtei ( S. Miali) di proprietà regionale ferma in manutenzione dal 2012.
Perché?
IL CORTO, IL PACIOCCONE E IL LUNGO
Il titolo della canzone della mia età fanciullesca non era proprio in quest’ordine ma così posto ben si presta a descrivere l’abc della programmazione: il breve, il medio ed il lungo periodo.
Mi spiace profondamente poter apparire come uno che possa offendere gli avi ma non posso non contraddire il padre che educa il figlio a non sognare. Peraltro pare che tutto ciò che il nostro cervello riesce ad immaginare, frutto dei nostri pensieri, sia qualcosa che rientra tra le nostre possibilità di realizzazione.
Chi sa sognare di giorno sogna due volte e lo stesso Paolo Maninchedda sogna una classe politica capace di programmare e mettere in campo progetti concreti ma di ampio respiro e lungo periodo. Magari da realizzare quando al governo ci saranno gli antagonisti.
Questa “piccola bottega” a cui oggi possiamo paragonare la classe politica regionale (intesa nella sua interezza, ovviamente escludendo le mosche bianche che sempre ci sono) non pare progettare oltre il breve periodo. Ed in questa classe politica vanno intesi anche tutti gli amministratori di cosa pubblica, sino ad arrivare ai sindaci. Pare che diversi Enti locali abbiano bilanci privi di qualsiasi contributo per realizzazione di interventi straordinari. Si reggono sulla più piatta ordinarietà.
In tal modo stiamo assistendo ad un periodo di decadenza generale aimè prolungato il quale, tra i tanti disvalori che produce rende i giovani privi di prospettive e quindi conduce ad un futuro estremamente incerto. Giovani dei quali domani, una parte costituirà la classe dirigente.
Per fare politica non è obbligatorio stare nei palazzi. Si partecipa e Maninchedda stimola i dibattiti, apre finestre di riflessione nei lettori ergo svolge attività politica e crea partecipazione.
Anch’io sogno. Sogno il giorno in cui i giovani protestino con quella forza che è propria della loro età.
Se non loro chi?
Onirio, Olimpo Grecia
durante un triste periodo di ricovero in ospedale, dal settimo piano, guardavo per noia la miriade di tetti della città tra i quali, uno su mille, spiccava quello su cui luccicava un impianto fotovoltaico.
nevicava e il riscaldamento dell’ospedale era, come me, quasi moribondo
mi chiedevo: quale sarà l’oscuro motivo per cui l’ente stato/regione/provincia/comune non offre al privato di pagargli la bolletta di energia elettrica in cambio dell’utilizzo del suo tetto, incamerando tutto il surplus che il sole manda sulla terra tutti i giorni?
domanda senza risposta
proposta, quella del blogger, che non so se più geniale o elementare
La buonanima di mio Padre diceva: “no bi credasa in sognius fillu meu”..
Chentu e una borta bene, bonu! E de fàghere e impresse puru! Cundivido in prenu artículu e interventos.
Personalmente (e totu a ispesa de domo) tenzo su fotovoltàicu de su 2007 e como su fotovoltàicu est meda menzus de su 2007! No tocat a pessare chi su 100% de sas domos e caberturas lu potant pònnere, ma de currente ndhe tiat fintzas sorbare, cun profetu mannu e chentza ndhe bogare mancu unu tudhu de erba a dannu de s’ambiente.
Mi ripeto: on. Prof., riprendo il ragionamento di Enrico, Lei, essersi messo in “sonno”(dormiente è termine più marinaresco) non ha fatto un buon servizio alla sua Sardegna. Andare a Roma per fare i peones, è un po rubare un lauto stipendio.
Buongiorno … per fare meglio due conti : 1kwp di ottimo FTV non supera i 2000 euro . 1kw di accumulatori non supera i 1,100 euro. E sarebbe tutto fattibile con un fondo di rotazione della SFIRS che si ripristinerebbe in 6 anni medi ( periodo di ritorno dell’investimento ftv ). Se poi nello stesso tempo si sostituiscono tutte le caldaie a fossile l’investimento si pareggiava in 8anni Max . In pratica dopo SOLO 10 anni avremmo reso energeticamente indipendenti i Sardi a casa loro. E senza disoccupati .
Lei si pone un i terrogativo: “È sbagliato ragionare cosi?”. No, è soltanto intelligente e logico.
Abbiamo due, anzi tre, risorse naturali: il sole, il vento e l’acqua che ci consentirebbero di produrre energia anche per altre regioni.
In tema di energia non bisognerebbe applicare leggi economiche (il mercato e la mano invisibile che lo governa) ma leggi fisiche. L’utilizzo delle risorse non rinnovabili seguendo leggi economiche (specialmemte nei periodi di abbondanza) ha portato ad un’enorme spreco di risorsa e all’attuale fame energetica, che sarà sempre più grave nei prossimi decenni se si continuerà a dipendere dalle fonti fossili, ormai in esaurimento.
Nel frattempo, tu sei un intellettuale che studia, approfondisce e “produci idee” (cit.); gli attuali inquilini di via Roma, anche da non dormienti, non sanno nemmeno dove hanno i piedi.