«Tu sei buono e ti tirano le pietre. Sei cattivo e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, sempre pietre in faccia prenderai. Tu sei ricco e ti tirano le pietre Non sei ricco e ti tirano le pietre Al mondo non c’è mai qualcosa che gli va e pietre prenderai senza pietà! Sarà così finché vivrai Sarà così.
Se lavori, ti tirano le pietre. Non fai niente e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai capire tu non puoi se è bene o male quello che tu fai. …. E il giorno che vorrai difenderti vedrai che tante pietre in faccia prenderai! Sarà così finché vivrai».
Ricky Gianco, al secolo Riccardo Sanna, di chiare origini sarde, è l’autore con Gian Pieretti di “Pietre”, una canzone presentata da Antoine e dallo stesso Gian Pieretti al festival di Sanremo del 1967. Sono passati oltre 50 e quel ritornello si può cantare ancora.
Il testo è una rassegnata e pessimistica visione della realtà, quella che parla del giudizio popolare come un vecchio vizio qualunquista, a cui è costretto il popolo estromesso dalla cultura e privato del diritto alla critica ragionata, incapace di fare le differenze tra bene e male, tra giusto e ingiusto. Il popolo colpito dalla manipolazione della comunicazione invasiva e tendenziosa, quella asservita agli interessi e ai poteri più ingordi, è imprigionato dentro la gabbia dell’“opinione pubblica”, ovvero nel conformismo più normalizzante e subalterno.
Preferiamo, pertanto, rischiare le pietre per parlare e agire, piuttosto che essere lapidati per il silenzio e l’abbandono. Perché alle cose che non vanno e fanno danno non ci si può abituare.
In questi giorni crescono le lamentele per le promesse tradite, la cassa integrazione che non arriva ai lavoratori, i contributi e i prestiti “pronto cassa” destinati alle imprese che finiscono dentro lunghe e costose procedure, la sanità, ospedaliera e territoriale, che stenta, e tanti in attesa di visite specialistiche privati di assistenza adeguata, scuole chiuse e istruzione rallentata, debiti pubblici e stanziamenti bloccati, occupazione in crollo, e tanta confusione. Ma si sa abbiamo parlato di passaporti sanitari che non si potevano fare e che si sono tradotti in un questionario ….
Si ripete la litania della troppa burocrazia. Niente di più falso. In questi anni i pubblici uffici sono stati scientificamente indeboliti, privati di competenze e di competenti, dilatati da assunzioni clientelari, affidati a dirigenti scelti per amicizia. Ora che tutti hanno bisogno di un “pubblico” che funziona si inizia a piangere sul latte versato. Mentre si continua a discriminare professionalità riconosciute per ragioni di appartenenza “partitica”.
Ad amministrazioni – come quella regionale – che vive parlando del nulla, non serve una struttura pubblica trasparente e capace. Servono uffici chiusi, e note stampa. E ora tirateci le pietre, perché diciamo la verità.
Credo ci sia qualcosa di più del conformismo. Se parlare costa non solo l’isolamento, ma il danno personale e delle istituzioni, chi si presta al bullismo di massa è qualcosa di più che un conformista.