Daniela Santanché non nasce Santanché e in Sardegna, e soprattutto dalle parti di La Maddalena e Porto Raphael, lo sanno in tanti.
La Ministra nasce Garnero.
Il primo marito era un noto chirurgo estetico molto conosciuto in costa (dove è anche conosciuto il mentore politico della ministra, Ignazio La Russa, ma non certo per cultura e raffinatezza).
Lei era giovane, molto bella, capace e intraprendente.
Era di destra e tale è rimasta.
Intuì da subito che una delle infrastrutture immateriali del jet set è l’intrattenimento.
Le feste e i locali alla moda sono il terreno di battaglia dei ricchi e dei potenti: se lo si è davvero ricchi e potenti, lo si deve poter osservare in certi luoghi e in certi ambienti. Non è una regola ferrea (Del Vecchio, per esempio, non era festaiolo; Cuccia odiava la mondanità scapestrata di Gianni Agnelli e le sue “notti bianche” in Costa Azzurra). Tuttavia, nella guerra simulata degli incontri nei locali, alcuni si perdono e altri imparano l’arte più difficile: saper pesare le persone senza farsi pesare. I titolari dei locali diventano i grandi data-base dei vizi e delle virtù dei clienti.
La Santanché è un’imprenditrice del settore dell’editoria (Novella Duemila) e dell’intrattenimento (Twiga di Forte dei Marmi).
È nei guai seri per un’inchiesta della Procura di Milano. Il reato ipotizzato è falso in bilancio.
Ieri in Parlamento ha sbagliato completamente la sua autodifesa, appigliandosi al mancato ricevimento dell’avviso di garanzia. Questione sbagliata in sede parlamentare. In parlamento la ministra doveva parlare del falso in bilancio, cioè del merito politico del suo comportamento sociale. Agli elettori e ai parlamentari poco interessa se è indagata e se sarà condannata oppure no; interessa capire secondo quali principi e valori ha gestito il bilancio della sua società.
Mentre tentava di difendersi, tirando in ballo l’onore dei figli (sarò fatto male, ma ho lottato con i denti affinché della mia vita privata non si sapesse nulla quando avevo ruoli pubblici; non capisco chi, per essere credibile, debba evocare gli affetti privati; mi pare un’incursione nel sacro, nell’inviolabile), la Santanché ha rivolto uno sguardo durissimo all’opposizione, degno della terribile Adelma de Otero di Arturo Pérez-Reverte quando, mentre il maestro don Jaime le sta toccando il seno, perso nella sua passione, lei si prepara a volerlo uccidere con lo spillone che le fa da ferma-capelli. Con gli occhi di chi non ha paura, pur avendone tanta, la Santanché ha affermato: “Mi fa sorridere che le critiche più feroci vengano da molti che in privato hanno tutto un altro atteggiamento nei miei confronti e che a volte vanno anche con piacere nei locali di intrattenimento che ho fondato….. Mi fermo qui per carità di patria”.
La Santanché ha svelato una cosa ben nota: la maschera finto-trappista di una parte della Sinistra italiana. C’è chi pretende di difendere i poveri bevendo champagne, tirando cocaina e pagando prostitute. È il background dell’Italia marcia raccontato da Suburra. Non si può stare a sinistra e avere vigne, marchi, barche, sette-otto famiglie, narici capienti e tanto snobismo. Non si può essere per una seria politica di genere (non quella dell’egemonia dei linguaggi e dei processi educativi, che è una nuova forma di dittatura estremista, ma quella seria che combatte le discriminazioni) e poi pagare le prostitute. Non c’è una sola donna al mondo cui piaccia vendersi. Chi coltiva il mito di piacere a queste povere donne in vendita è un cretino pericoloso per sé e per gli altri.
La Santanché ha gettato il guanto di sfida e dall’altra parte nessuno lo ha raccolto con convinzione.
Questo è il punto.
Il vago sapore ricattatorio dell’affermazione, meritava una reazione dura, che non c’è stata perché non può esserci.
Un giorno di tantissimi anni fa aspettavo un caro amico parlamentare nell’anticamera della Camera. Tardò un po’. Io ho gusti balzacchiani. Mi piace osservare anche se sembro costantemente distratto. In meno di un’ora ho assistito al formarsi di sei coppie: da una parte sempre un attempato parlamentare, dall’altra una giovanissima e discinta accompagnatrice. Sono un bacchettone? Pensatela come vi pare, però io se incontro una ragazzina svestita in tacchi a spillo provo pena e ho l’istinto di aiutarla a buttare le scarpe e allungare la gonna o a toglierla solo quando e con chi vuole lei.
Io non sarei mai uno che abbasserebbe lo sguardo di fronte a Daniela Santanché.
Anacleto, quello che intendeva chiaramente Prof. Maninchedda è chiaro! Se lei riduce, un chiaro ed evidente modo di vivere di molta classe politica e dirigente (magistrati, Medici, Prof.Universitari, Baroni vari etc etc) in chiaro contrasto poi con le politiche che si professano e che dovrebbero essere attuate (mai), poi considerare solo lavoratori gli OPERAI perché hanno un “non so che di esoticsensualmodaiolo” eccetera eccetera forse o non ha capito, o,lei (forse) è di quella sinistra sinistrata ztl…. Ça va sans dire
I partiti, tutti, candidano chi porta voti non chi porta idee e valori. Insegnagno ai loro candidati pieni di voti e vuoti di idee e valori a parlare di piani, programmi e idee per il futuro, anche quando non capiscono di cosa parlano.
Noi elettori non abbiamo soluzioni. Dobbiamo scegliere tra i nomi che ci propongono i partiti.
Anche se francamente mi sono stufato di votare il meno peggio, farò uno sforzo anche questa volta per non contribuire alla crescita dell’astensionismo. Ma per le prossime elezioni la tentazione di starmene a casa è fortissima.
Non sopporto più di vedere le istituzioni così mal rappresentate e impunemente offese dal cattivo agire di troppi dei nostri poco onorevoli rappresentanti, qualsiasi sia il colore politico o il lato del parlamento/assemblea in si siedono.
Anacleto, ci mancherebbe. Ho sempre apprezzato chiunque, a destra e a sinistra, possedesse un misurato senso estetico. Ma qui si tratta di apprezzare i bordelli, il cattivo gusto, l’esibizionismo. È diverso.
Domanda: Santanche’ ed affini, la mattina al risveglio, si concentrano quotidianamente su come rendere migliore la vita all’operaio di Monfalcone od al contadino calabrese, o innalzare il livello culturale della nostra scuola o la qualità dei nostri ospedali? Dubito. È quello che dovrebbero fare a sinistra per una minima speranza di risorgere. Non è difficile con una destra così palesemente cialtrona. Non va neanche bene dire “si va bene, ma anche gli altri sono cosi”. Che la qualità della nostra classe politica sia rasoterra è noto e visibile, ma ci sono limiti anche a livelli di vergogna non superabili. Gli italiani sono migliori della classe politica che, ahimè, per vari motivi riescono ad esprimere. Per questo motivo ho la convinzione che se la Meloni avesse con chiarezza scaricato la Santanche’ superando facilmente la difesa di facciata degli alleati avrebbe fatto l’ennesimo cappotto alla sinistra che anche in questa occasione ha mostrato la sua pochezza.
A margine: avvocato La Russa, PRESIDENTE DEL SENATO, non ha niente da dire in merito a questo caso. Siamo all’ Italia, disse la frutta.
Da sottoscrivere, in toto.
Gentile Professore, Caro Paolo,
Confesso tutta la mia confusione. Una minis-tra sì fatta (e rifatta) imbarazza la sinistra? E questo perché esponenti della sinistra, molti o pochi che siano, si dissetano al tavolo dei “suoi” locali (sono piuttosto dei suoi creditori)? Le prime a doversi vergognare sono la destra e la minis-tra stessa, per la sfrontatezza con la quale propala le sue idee mefitiche, per le sue imbarazzanti frequentazioni, per la rapacità con la quale gestisce le aziende, per come tratta il personale dipendente, per la spudoratamente menzognera comunicazione resa in Senato.
Mi sono sempre chiesto perché l’opinione pubblica è stata sempre così conciliante con i prepotenti certificati e meno con le rane gonfie di sè a voler sembrare buoi. Con i maglioncini di cachemire di Bertinotti, le sue seratone sulle terrazze romane accompagnato da nobili destrorsi decaduti e meno, o per nulla, con le mezze tacche con guance impomatate e narici infiammate.
La categoria dello scroccone rispetta l’equa distribuzione tra le genti, come l’intelligenza, la malvagità; non è in via di estinzione. La compravendita delle influenze, del consenso, della benevolenza per un piatto di malloreddos è costume antico che qualifica entrambe le parti del negozio e -stabilendo il peso relativo della responsabilità- colora di ridicolo i protagonisti e le comparse.
Un affettuoso augurio di buon fine settimana
Caro Professore, mi spiace dissentire, ma rivendico il diritto all’edonismo anche a Sinistra. Le battaglie buone e giuste si possono fare anche se si va dal sarto o dal camiciaio.
Anzi, diffiderei da chi, per apparire uguale agli ultimi, si traveste e va in Parlamento con gli stivali di gomma.
Riguardo alle accuse della Pitonessa ai frequentatori dei suoi locali: immagino fossero ospiti paganti e non tenuti a richiedere il Durc prima di sedersi al tavolo.
Già. Non è un caso che ci sia stata inflitta per anni questa classe dirigente. E la sinistra, molti a sinistra, non son meno beceri. Nessun ideale, se non il piacere e i soldi. La classe politica è livellata.