I giornali di oggi sono inutili e fa male dirlo. Ripetono notizie vecchie senza lo straccio di un’analisi, di un briciolo di memoria per ciò che è accaduto nei giorni scorsi.
Ma di che cosa dobbiamo stupirci?
Durante una delle ultime conferenze stampa, nessuno, dico nessun giornalista ha chiesto al Presidente-dallo-sguardo-smarrito che cosa pensi delle petizioni con migliaia di firme che chiedono le dimissioni di Nieddu, per non dire di quella, timidissima, delle opposizioni.
La retorica del ‘Siamo in guerra, nessun protesti’ in Sardegna non è agibile, non dopo aver letto ‘Un anno sull’altipiano‘, l’opera del Lussu precedente l’immersione in Senna che lo rese social-azionista (e buon per lui, perché prima era un grande comandante militare, il migliore, ma un uomo di una certa rozzezza quanto a cultura politica).
Quel libro, scritto malissimo ma nel quale la forma è nulla rispetto all’evidenza, insegna a disobbedire in guerra agli scemi, agli incapaci, ai pavoni. Insegna non a disobbedire e a farsi fucilare; insegna a disobbedire facendo il proprio dovere, ma a disobbedire.
Iniziamo da ciò che fa più male. Chi ha deciso di trasformare le case di cura in camere a gas? Vorrei saperlo.
Chi ha combinato il disastro del Santissima Annunziata di Sassari? Nomi, cognomi e, se possibile, distanze morali, di grazia non ringraziamenti, come si ha la vomitevole ventura di leggere oggi. O si pensa di coprire tutto con la retorica del fronte?
Chi non ha provveduto per tempo a dotare gli ospedalieri delle protezioni necessarie?
Quanti tamponi e quali sono stati fatti a Olbia e Nuoro?
Quante chiamate mediamente fa un paziente con sintomi gravi prima che gli si faccia il tampone e lo si porti da casa sua in ospedale?
Su quali elementi scientifici Nieddu disse in Consiglio regionale che la terapia intensiva della Sardegna era adeguata?
E come si sposava e si sposa oggi questa sicurezza con la richiesta successiva alla Fondazione di Sardegna di acquistare letti di terapia intensiva (richiesta inevitabilmente tardiva dati i tempi di produzione e fornitura in un momento divenuto ormai saturo)?
Oggi in sanità sta fallendo un modello e una tradizione.
Il modello Il modello è quello del partire dalla rete ospedaliera e non dalla medicina territoriale. Il modello fallito è lo scimmiottamento della sanità lombarda, una responsabilità storica della sinistra sarda (la Destra sarda è priva dell’intelligenza necessaria per partorire un modello, ma è dotata della voracità sufficiente per gestirlo).
La follia del modello consiste nell’importare una strategia metropolitana e di finanziarizzazione della sanità (da diritto a servizio) in una regione che ha metà della popolazione in tre aree urbane e l’altra metà in un territorio residuo di ventimila chilometri quadrati.
La follia del modello è nell’esibizione dei rapporti col mondo accademico e ospedaliero italiano come se la razionalità e l’efficienza si trasmettesse per contatto. La follia è nel decisionismo che fa del decidere (e non del contenuto della decisione) il suo contenuto.
La tradizione La tradizione è invece una relazione adulterina, che la magistratura non è mai stata e mai sarà all’altezza di leggere, tra il settarismo gruppettaro di sinistra, la bonomia politica a vocazione sodomitica del mondo sedicente cattolico e la massoneria cerebralmente e praticamente deviata (tutti i massoni seri che conosco mi dicono di aver scelto il sonno per contrastare il vomito).
Il nesso metodologico di questa tradizione è l’intuitu personae, cioè scelgo chi cavolo mi pare. E qui bisogna spiegarsi bene.
Io sono per il primato della politica e per la libertà, di chi esercita il potere legittimamente, di poter scegliere coloro ai quali affidare una responsabilità.
E sono anche perché la politica osi, in questi ruoli politici, sperimenti, investa sulla fiducia, sulle qualità delle persone piuttosto che sulla loro esperienza (diversamente saremmo governati sempre dalle stesse persone). Sono anche per il diritto di sbagliare e di correggere, in questi ruoli.
Ma non riconosco al potere l’arbitrio nella scelta di chi ha responsabilità tecniche e operative.
Su questo principio partecipai alla ribellione a Pigliaru (Arru?) quando (settembre 2016) sette assessori, tra cui io, non si presentarono alla riunione di Giunta nella quale si voleva nominare Zavattaro, che, pur legittimamente titolato, non risultava per nulla essere il migliore tra quelli che avevano i requisiti per la carica.
E su tante altre questioni chiesi sempre, e quasi sempre persi (mi ricordo un’altra bruttissima litigata con Pigliaru – con me ovviamente soccombente – sulla nomina di un Commissario in uno dei tanti Consorzi di bonifica), che si valutassero i curricula e i risultati, non le prossimità di gruppo.
Invece, anche in atti, si elevò la conoscenza personale a criterio di nomina e accadde che sottufficiali di complemento dell’Armata Rossa, con solidi rapporti anche societari con rinomati sergenti della Nato, assurgessero a ruoli di responsabilità. E oggi quei nomi, passati dalle furerie di compagnia allo Stato Maggiore, sono ancora tutti in campo con gradi finti e stanno di fronte alla guerra senza saperlo fare.
Perché si dovrebbe tacere quando sono proprio questi ufficiali delle zone di mezzo a essere responsabili del disastro di questi giorni?
È nel territorio delle conoscenze che si balla il tango figurato e praticato tra massoni e compagni (gli ‘amici’ sono più promiscui, ballano con tutti, Francia o Spagna basta che si magna). È qui che si trovano gli accusatori degli onesti ancora impasticciati e aggrinfiati alla marmellata della loro ambizione. Qui, se ci si mettesse mano, riemergerebbe una lunga storia di privilegi, di compensi, di incarichi, di attenzioni, tutto ottenuto con perfette selezioni, con concorsi immacolati, con delibere inattaccabili. Una mano di calce ha sempre risolto ogni problema sui nostri sepolcri.
Un teatro del ‘vedo e non vedo’ del ‘sembra ma non è’ che sarebbe piaciuto a Sciascia, lo scrittore più pessimista dell’ultimo Novecento, maestro del dubbio, autore impraticabile per storici e dogmatici.
Chi meglio dei massoni corridoisti sardi sa far valere le conoscenze personali? Chi meglio di quelli che scivolano nell’ombra e manco li vedi per poi trovarteli di fronte incoronati?
I primari, i docenti universitari, i dirigenti della Pubblica amministrazione e delle Asl, abbiano il coraggio, oggi, di dichiarare se sono iscritti oppure no a una loggia e, soprattuto, a quale loggia. Non per una caccia alle streghe che a me non è mai interessata; non per l’estetica delle manette, che a me, come noto, fa schifo. Non per indignarsi contro la Massoneria secondo la consueta educazione cattolica, comunista e fascista.
No, per niente di tutto questo, ma per un motivo solo: per capire.
Verrebbe fuori una mappatura segreta delle relazioni incidenti che svelerebbe i veri moventi di tante iniziative. Verrebbe fuori una classe dirigente non vagliata dalle capacità ma dalle relazioni e si capirebbe perché oggi il nostro sistema sanitario faccia acqua da tutte le parti, perché ci sia una palese incapacità di governo dell’emergenza in corso, perché tutto appaia privo della linearità necessaria per una gestione efficiente.
Se tutto questo venisse a galla ora, in guerra, forse riusciremmo a portare in prima linea chi ci sa stare e magari gli altri, sudati per la paura più che il lavoro, li potremmo mettere negli uffici di rappresentanza dello Stato Maggiore, dove saprebbero fare inchini, cerimonie, ricevimenti e ne sarebbero anche contenti.
Mi pare evidente che il disastro sanitario a cui stiamo assistendo in Italia sia il risultato di quello che lei descrive: una classe dirigente di nominati. Dieci pagine di nominati pagati ben 37 milioni all’anno solo nella ats di olbia. E poi il Sig. Solinas ci dice che i tamponi costano troppo. L’ats di Olbia è un palazzo più grande dell’ospedale stesso. E per cosa? Quattro mesi per una visita cardiologica. Stampa e media totalmente asserviti al potere….
Sig. Pisanu, che cosa altro potrei fare oltre che scrivere e appunto suggerire soluzioni e invitare a correggere errori evidenti? Se la domanda sottesa è quella di riprendere l’impegno politico, la risposta è nelle cronache degli ultimi sei mesi.
In altri tempi leggevo i Suoi interventi sia per il contenuto, che spesso non condividevo, ma apprezzavo sicuramente la forma. Ora mi e Le chiedo non trova qualcosa di meglio che limitarsi a scrivere benissimo, solo scrivere benissimo?
Lei può dare chi oggi si trova – impreparato – ad affrontare questa tragedia quello che può, incoraggiando i decisori ad apprestare interventi ed evitare errori, purtroppo le esperienze del centro e nord Italia sono li e possono essere utili riferimenti.
Da parte mia una delle misure da predisporre potrebbe essere l’utilizzazione di alberghi o residence da destinare alle quarantene per non abbandonare i positivi al loro destino privi di cure e assistenze nelle loro case.
Ecco, così argomenta un massone: in incognito. Quanto ai secoli, è un argomento su cui riflettere. Quanto danno stanno facendo e hanno fatto i “rottamatori” veccchi e nuovi? Quanta colpa ha la superficialità, il dilettantismo, il gruppettarismo al potere? Ah, saperlo!
Le riforme di destra, in Italia, bisogna farle fare alla sinistra (cit.). La Sardegna non fa eccezione e il modello sanitario ne è un esempio. L’inadeguatezza dei meccanismi di attribuzione dei ruoli fa il resto ed appare come una delle prime cause di sottosviluppo. La società è statica, fredda di potrebbe dire, ancorata a logiche di selezione feudali. Per questo parlerei di ceto più che di classe dirigente. Ma la sostanza non cambia, l’acquisizione dei ruoli non è vagliata dalle capacità ma dalle relazioni e dal familismo amorale. L’ascensore sociale è fermo. Nei piani alti non c’è spazio e chi c’è ci rimane, a prescindere dai meriti. Se a Bono nascesse un intellettuale illuminato, dovrebbe fare le valige mentre un direttore generale che sazia la sete di tutti riesce a mantenere il suo ruolo, indipendentemente dai risultati.
L’università, che dovrebbe essere parte della soluzione, è parte del problema.
Peraltro, primari, docenti universitari, dirigenti della Pubblica amministrazione e delle Asl sono la classica punta dell’iceberg.
A livello di funzionari o addirittura di semplici dipendenti della burocrazia regionale i meccanismi di selezione spesso sono simili.
Serve cambiare e molto anche perché la “società signorile di massa” non è sostenibile nel lungo periodo ma forse per farlo come si dice: “è necessario che avvengano gli scandali”.
Massoneria massoneria … sempre il tuo lato debole , nevralgia costante della tua vita
Il problema sono gli uomini non le loro appartenenze
Sei in politica da secoli e ancora ti lamenti sempre
Vorrei parlare anche delle mascherine e guanti. Abbiamo necessità di una informazione precisa: chi dovrebbe metterle? Tutti? Se sì, come si fa se si deve uscire (qualcuno dovrà pure acquistare il cibo!) e non si hanno le mascherine? A me dicono che non ci sono, poi vedo per strada tante eprsone rifornite di mascherine.
Se dobbiamo seguire delle regole, metteteci in condizione di seguirle.
Vorrei anche sottolineare che, oltre agli altri gradi, maleducazione e arroganza sono anche fra le persone come noi, che circolano per le strade, e trovano anche in queste piccole cose (possesso di mascherina sì o no) pretesto per scene isteriche. D’altra parte, il punto è sempre lo stesso, le grandi follie dei governi sono state sempre permesse da popoli-gregge. Qualcuno li ha votati e dovrebbe sentirsi colpevole.
Bravo veramente bravo, gai si faeddat!
Massoneria: un centro di potere che serve a qualcuno per darsi una statura che non raggiungerebbe mai.
Caro Paolo, come sempre lucido, logico, centrato e corretto nelle tue analisi, però io avrei tolto questa considerazione: “Non per indignarsi contro la Massoneria secondo la consueta educazione cattolica, comunista e fascista.”
La massoneria non serve a niente e a nessuno se non a se stessa.
È terribile, inquietante leggere questo. È cosi, non stento a crederlo. Ahimè in certi settori la lotta è anche peggiore di quanto si sperimenti nel mio. Le conseguenze, ciò che vediamo. Si sceglie chi non parla se non per ripetere le parole dettate. Se sbaglia c’è silenzio, anche l’applauso. Chi ha osato parlare viene trattato come l’appestato, screditato. Non so di massoni, non sento alcuna rabbia verso i comunisti, non credo che Lussu non sapesse scrivere, ma questo malcostume imperante sì che lo riconosco.
Nostra Segnora mia, àter’e che corona virus zughimus atacados!
Perfetto.
Un quadro perfetto del dopo Pigliaru. L’analisi della scalata dei mediocri, dell’affaccendarsi (termine psichiatrico che significa agitarsi senza concludere) dei baciaculo (scusate), del mondo dei “delegati” perché amici, è perfetta.
Le rovine lasciate da Pigliaru e compagnia e la voglia di risollevarsi annullata dalla organizzata incapacità di nani politici (OMISSIS), di una massoneria mal interpretata e della corte di questuanti loro amici.