I giornalisti, Churcill e i lazzaroni Nel corso di queste settimane la ricomparsa del virus COVID 19 ha, impietosamente, messo a nudo la natura della Giunta Solinas, sempre al di sotto delle necessità di governo della Sardegna e sempre totalmente impreparata a tutto quello che accade, ma sempre capace, nel mezzo della tragedia incombente, solo di intemerate contro la stampa libera e non genuflessa.
L’occupazione principale, in questi giorni, di Solinas, della sua Giunta e della sua maggioranza è quello di “affarrarsi” (azzuffarsi, per i più italici) con qualunque giornalista che osi fare domande pertinenti, in posizione eretta.
Ma quando mai!
I nostri governanti (eufemismo) non sono allenati a confrontarsi con questo tipo di stampa e ci rimangono male.
Sono abituati a giornali che prendono le note stampa dell’Ufficio stampa della Regione e le fanno passare per inchieste, sono abituati a intervistatori che operano in ginocchio e non fanno domande, ma riportano solo risposte.
Sono abituati ad avere, anche quando non richiesto, almeno un fondo di prima pagina a settimana che, fingendo di fustigare le cattive abitudini della nostra società, di fatto difendono l’indifendibile attività di questo Giunta regionale.
La rappresentazione della discussione della mozione di sfiducia, oramai trascolorata dalle fosche tinte delle decisioni supreme a comparsata di routine e dove il Solinas Christian, Presidente pro tempore della Sardegna, arriva a evocare Churchill!
Arriva anche ad indignarsi perché, quei cattivoni della minoranza, in combutta con la stampa prezzolata ha «cercato di rappresentare la figura di un Presidente e di una maggioranza di lazzaroni, di gente fuori dalle regole, di mentitori seriali che non fanno altro che ingannare il popolo sardo».
E conclude: «Ma come vi permettete!»
E qui, ancora una volta, per eccessiva sicumera e per una evidente percezione di impunità, il Presidente Solinas si espone troppo, scivola e cade.
Nella foga di difendere il suo operato e gli atti politici della sua maggioranza, nega che, loro, siano «gente fuori dalle regole».
E qui, scivola.
Su questo blog, in più occasioni, abbiamo portato alla luce, esponendo i fatti, atti amministrativi e norme, scritte da questo Presidente, da questa Giunta e da questa maggioranza, che hanno con le regole vigenti lo stesso rapporto del giorno con la notte.
Nomine di soggetti privi dei requisiti richiesti dalle leggi regionali e nazionali, coperte successivamente con nuove leggi, per evitare possibili rischi di inciampare in qualche ricorso amministrativo, non facendosi mancare il corredo di una legge di “interpretazione autentica” che legittimasse ciò che, evidentemente, si temeva che legittimo non fosse. Questo è troppo sofisticato per Report o per Piazza Pulita, ma è vero e imbarazzante almeno tanto quanto le confessioni tragicomiche sul Comitato Scientifico e le discoteche.
Commissariamenti inventati e privi di fondamento giuridico coperti, anche questi, successivamente, con proposte di legge mai diventate leggi.
E così via discorrendo, felicemente impuniti, ma dentro o fuori dalle regole? Francamente, sembra di assistere a un gioco pericolosissimo nel quale si corre fuori dal perimetro normativo per poi adeguarlo alla scorreria compiuta. Forse ci sbagliamo o forse no.
Palazzo Chigi non riconosce Churcill Quindi, ieri Solinas ha declamato la sua indignazione e oggi, puntuale, è arrivata l’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale della legge regionale n. 24, approvata lo scorso 11 settembre, che attua la riforma sanitaria, fiore all’occhiello di Solinas e della sua maggioranza.
Premessa d’obbligo: l’impugnazione fatta dal Governo nazionale, di per sé non significa che la legge sia illegittima. E vale anche la regola contraria: il fatto che il Governo non impugni una legge regionale, non significa che questa sia legittima.
Però è anche vero che, spesso, già dalla lettura dei motivi d’impugnazione si comprende la fondatezza del ricorso.
Or bene, quali sono i motivi per cui la legge regionale n.24/2020 viene impugnata?
Forse perché il Governo nazionale ritiene che raddoppiare il numero degli enti sanitari sia contrario al buonsenso e perché sia il presupposto necessario per incrementare le spese?
No, quando mai.
In realtà i motivi sono tutti molto tecnici, ma ancora una volta smascherano in modo plateale lo stile giuridico – si fa per dire – arrogante del modo di governare di Solinas e della sua maggioranza.
La legge viene impugnata specificatamente per il comma 2 dell’art.11, per il comma 1 dell’art.13 e per il comma 9 dell’art.47.
Sono gli articoli che riguardano le modalità con le quali vengono selezionati i futuri vertici degli, innumerevoli, enti sanitari.
Sanità e pastasciutta Oggi, in tutta Italia (e similmente fanno in tutto il mondo) per nominare i vertici degli enti sanitari, bisogna attingere da un apposito elenco nazionale, al quale possono essere iscritti tutti coloro, nessuno escluso, che abbiano i titoli necessari.
Se un candidato ha le competenze riconosciute e certificate per entrare nell’elenco nazionale, che sia residente in Sardegna o in Lombardia o in Puglia, è assolutamente ininfluente.
Ma questo non va bene a Solinas e sodali.
Vediamo cosa dice il comma 2 dell’art. 11 della legge regionale approvata a settembre scorso: «I direttori generali sono nominati con deliberazione della Giunta regionale su proposta dell’Assessore regionale competente in materia di sanità, attingendo obbligatoriamente all’elenco regionale di idonei, oppure all’ elenco nazionale di cui al decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 (Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria)».
Cosa significa?
Avete letto bene: si vuole creare un elenco regionale distinto da quello nazionale.
Uno si chiede, perché?
Semplicemente perché, in questo modo, Solinas può gestire un proprio elenco regionale, dove iscrivere gli idonei.
Infatti, al successivo art. 13, anch’esso impugnato, si prevede: «Gli elenchi regionali degli idonei alle cariche di direttore generale, amministrativo e sanitario sono costituiti previo avviso pubblico e selezione effettuata, secondo modalità e criteri individuati con apposita deliberazione della Giunta regionale, da parte di una commissione nominata dalla Giunta regionale su proposta dell’Assessore regionale competente in materia di sanità, composta da cinque membri, di cui uno con funzioni di presidente scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili e avvocati dello Stato, anche in quiescenza, o del libero foro, abilitati al patrocinio di fronte alle magistrature superiori e quattro esperti di comprovata competenza ed esperienza, in particolare in materia di organizzazione sanitaria o di gestione aziendale, dei quali uno può essere indicato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. I componenti della commissione possono essere nominati una sola volta e restano in carica per il tempo necessario alla formazione dell’elenco e all’espletamento delle attività connesse e consequenziali».
Con questa legge, la Giunta stabilisce i criteri e le modalità con cui selezionare i vertici e, ovviamente, nomina anche la commissione che dovrà valutare i candidati.
Sempre ovviamente, la Commissione è un preclaro esempio di puro consociativismo e aggregazione di interessi locali. Un classico.
Infine abbiamo l’apoteosi dell’Ancien Regime, il comma 9 dell’art. 47, che recita: «I commissari straordinari sono scelti in applicazione all’articolo 3, comma 2, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito con modifiche dalla legge 25 giugno 2019, n. 50, e sono in possesso dei seguenti titoli: a) diploma di laurea di cui all’ordinamento previgente al decreto ministeriale n. 509 del 1999, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 4 gennaio 2000, n. 2, oppure laurea specialistica o magistrale; b) comprovata esperienza nella qualifica di dirigente, almeno quinquennale, nel settore sanitario o settennale in altri settori, con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche e o finanziarie, maturata nel settore pubblico o nel settore privato».
Solinas e la sua maggioranza, per poter dare corso al recupero delle falangi di vecchi arnesi che costituiscono l’asse portante del vero potere che comanda in Sardegna, riesce nel capolavoro di autoproclamarsi, al pari della Calabria, regione nella quale sono necessarie misure emergenziali per gestire la sanità pubblica.
Avete presente il ridicolo balletto dei Commissari governativi nominati, defenestrati, dimissionari e non pervenuti, al quale stiamo assistendo in questi giorni?
Ecco, pur di soddisfare gli appetiti pantagruelici dei propri sodali, Solinas, senza neanche un filo di rossore sul viso, mutua una legge nazionale, scritta per fare fronte al disastro sanitario della Calabria, e la applica in Sardegna.
Così si possono nominare commissari con titoli minimali e, soprattutto, pluri pensionati e ulteriormente retribuiti, a spese dei sardi.
Altro che le vergognette di Report e di Piazza Pulita!
Però non bisogna credere che Solinas, supereroe oltre le regole e il buonsenso, non sappia che andare oltre le leggi e le regole è rischioso.
Ma, francamente, sembra che bellamente possa impipparsene.
Sapete perché?
Perché i suoi innumerevoli avvocati-consiglieri gli hanno garantito, sapientemente, che ci vorrà tempo, almeno un anno, prima che questa legge sia dichiarata incostituzionale e quindi inapplicabile.
Nel frattempo, come ha già iniziato a fare, sulla base di questa legge palesemente illegittima, ma soprattutto immorale nelle finalità, nominerà tutti i sodali che riterrà opportuno e li retribuirà, profumatamente, con i soldi destinati a tutelare la salute dei sardi.
In nome del popolo sardo.
Facciamo noi cittadini ricorso al tar…raccogliamo tutti insieme un fondo sufficiente per farlo
Purtroppo chi ha messo questi personaggi al potere non è tanto il popolo degli elettori ma proprio certi personaggi che gestiscono il potere in Sardegna da illo tenore e,ahimé, usano il ricatto bei confronti di tanta povera gente che con la paura di perdere un posto o di non riuscire a sistemare un figlio, gli da il voto. Penso che sarebbe opportuno predisporre un programma per le, spero, prossime elezioni e che questo venga spiegato in modo chiaro e semplice alla gente comune attraverso incontri mirati e facendo un lavoro di evangelizzazione con vero spirito missionario. Solo così si potrà dare atto ad una rivoluzione culturale capace di ridare nobiltà alla politica. Comunque grazie per questo esauriente articolo che diffondero’
Analisi perfetta. Sono prevedibili nella loro certezza di impunità, aiutati da una opposizione incapace e, dispiace dirlo, da una coscienza sociale scarsa incapace di vedere oltre il proprio piccolo orticello. Ma questo è un male tipicamente di chi è assuefatto alla ingiustizia ed aspetta solo il proprio momento per rifarsi. La sanità è un disastro organizzativamente sia per il livello manageriale sia per gli orrori amministrativi di cui è vittima. Ma questi non hanno paura di niente. Del resto, perché dovrebbero?
Hai ragione Felice: questa ormai è la tecnica in uso.
Anche un avente diritto …a meno di casi eroici …escludo faccia ricorso al Tar.
Tutto e’ iniziato con il “lasciapassare” governativo della L.R 25/2019 della Interpretazione autentica dell’art. 29, comma 1 della L.R. 31/1998 sulla dirigenza esterna della Regione. Questi non li ferma piu’ nessuno salvo che, qualora venisse predisposto l’elenco regionale dei dirigenti sulla sanità ed in base a questo venissero effettuate le prime nomine prima del pronunciamento della C.C. qualcuno interessato ed iscritto all’elenco nazionale, non faccia ricorso al Tar. Evidentemente, se cio’ non avviene, le nomine comunque effettuate prima della sentenza della C.C, resteranno valide, vita natural durante.