Salvini spesso parla di che cosa sia cristiano e di che cosa non lo sia.
Non credo che si tratti solo di calcolo politico.
C’è qualcosa del e nel Cristianesimo che lo tormenta. C’è qualcosa nel e del Cristianesimo che questo Papa riesce a interpretare che a lui crea disagio, lo induce a cimentarsi in autentico interprete del modo in cui un cristiano deve porsi rispetto alla tragedia della vita e alle tragedie della storia.
Non sono certo in grado di descrivere questa tensione interiore, ma si può discutere delle dichiarazioni pubbliche che lo rivelano, sapendo che esse sono le più compromesse dall’obbligo, per lui leader politico, di nutrire sempre la bestia del consenso.
Nessuno sa perché un uomo diviene autenticamente cristiano, cioè non cristiano per tradizione, ma per convinzione.
Succede nella vita, magari incontrando un’altra persona, in genere non esemplare, ma autentica, che autenticamente fa intravvedere molto più di sé; oppure accade in un luogo o in un momento in cui scocca la scintilla di saperne di più, di capire, di seguire, e così, camminando, di avere pietà di sé e di trovare una via.
Ma dopo che ciò accade, non si scampa da due piaceri: la fedeltà e la testimonianza.
A chi è fedele il cristiano? A chi è fedele questo Papa (come anche altri, non tutti, ma anche altri prima di lui)?
Einstein respingeva come stupida l’idea di un Dio-uomo che sia interessato realmente a ogni singola persona. Credeva a un’intelligenza differente e superiore, impegnata a sostenere l’onore dei grandi plurali dell’universo, ma assolutamente indifferente ai singolari, tra cui le piccolezze di queste macchine biologiche che sono gli uomini.
Invece, i cristiani sono proprio fedeli a una Persona e al Vangelo, che non è l’insieme dei libri che lo compongono, ma l’insieme delle vite che nel presente e nella storia si legano a quella Persona.
Qui sta il punto. Salvini sa che un cristiano quando incontra un altro uomo vede ben altro che un uomo ed è capace, in nome di quell’Altro, di lavargli i piedi, non solo di salvargli la vita.
Piaccia o non piaccia, un cristiano fedele a Gesù lava i piedi, e prima quelli degli altri, poi i suoi.
Un cristiano può essere d’accordo che il problema è rendere vivibile l’Africa sahariana, far finire le stragi in Medio Oriente. Un cristiano sa bene che tra essere solidali ed essere lassisti, fare le leggi per i vicini e violarle per i lontani, c’è la differenza tra un giusto vero e un giusto a chiacchiere.
Un cristiano vero sa che tra la solidarietà e il disordine non c’è alcun nesso di necessità; anzi, non c’è vera solidarietà sociale se non c’è ordine.
Detto tutto questo, un cristiano vero mentre dice tutte queste cose, nel frattempo, lava i piedi, soccorre i naufraghi, pulisce nella carità e nella pietà se stesso e la storia, segue il suo Destino non diventando perfetto, ma trascinando la sua croce, fino a diventarne orgoglioso perché la consapevolezza dei difetti che la compongono lo porta a inchinarsi per servire e a non drizzarsi per farsi servire.
Salvini sa che un cristiano può essere infedele a tutto e a tutti ma non al suo Signore e quel Signore ha il volto di chi è in croce oggi.
Questa radicale fedeltà è impolitica, prepolitica, apolitica, è sopra, o sotto, qualsiasi discorso sociale e politico. Questa fedeltà è un rovello per chi la conosce e per chi la osserva. Ma è irrisolvibile. Potrei dire che il cristiano è fedele al suo Signore suo malgrado. Non è perfezione morale, integerrima coerenza; è fatica.
Questa fedeltà non cerca consenso e interroga, interroga, interroga.
Qui compare la seconda questione che urta Salvini: la testimonianza. Un cristiano ha l’obbligo di non nascondersi.
Il Papa lo sa. Un cristiano ha l’obbligo di non imporsi, ma non può nascondersi. Non deve esibirsi, non deve rendere pubblico ciò che fa, ma lo deve fare, senza se e senza ma. E il bello è che lo fa non per dovere, ma per piacere e quindi fa ciò che lo rende felice.
Ecco qui sta un punto antico: un uomo felice, per il potere, è un problema. Perché è un uomo più libero.