Solo Dio sa che cosa abbia realmente in testa Renzi; se autentiche preoccupazioni per l’Italia o se banali e trucide ambizioni. Un fatto però è evidente: il tempo lavora a suo favore perché ciò che lui ha in mente è più dinamico del Pd.
Se accadrà che si riformerà la “Ditta”, col ritorno nel Pd di D’Alema, Bersani e Speranza; se le scelte difficili che il governo Conte dovrà fare verranno attribuite più al partito responsabile (Pd) che al partito irresponsabile (Movimento 5 Stelle); se Conte sarà tentato e spinto da settori del mondo cattolico e di quello finanziario a ricreare una sorta di Democrazia Cristiana 4.0, è certo che il liberalismo pragmatico di Renzi sarà attrattivo nel Centro Nord. Non a caso, i due Mattei si sono già reciprocamente puntati per posizionarsi nel campo di battaglia.
Renzi sta progressivamente abbandonando la visione centralistica dello Stato che aveva animato i suoi referendum. Non ha un pensiero per il Sud ma sa che il Movimento 5 Stelle al Sud crollerà. Il Pd si proporrrà al Sud come il Partito dello Stato: ricetta vecchia.
Il Pd al suo interno ha gli uomini migliori nelle retrovie; il partito è occupato da molti senza mestiere che presidiano i posti strategici. Tra l’aria stantia e stanziale del Pd e l’aria incerta e mobile di Renzi, chi desidera l’azione e il cambiamento sarà attratto più da lui che dai parrucconi della sedazione sociale diffusa e dell’occupazione millimetrica delle rendite dei posti di Stato.
Sì è vero, Renzi non ha un pensiero. Ma se a prestarglielo fosse uno come Cacciari, o giù di lì, della Ditta rimarrebbe poco. Staremo a vedere.