Sono sempre stato curioso degli slang, quelle lingue specialistiche di gruppo che fanno tanto identità e coesione.
Il registro burocratico dell’italiano è ormai una lingua specialistica che tende allo slang. Tuttavia, nonostante abbia questa inevitabile standardizzazione di ceto, è ancora esposta a accogliere delle spie stilistiche personali, che contraddistinguono un autore dall’altro.
Prendete questa delibera di nomina di un nuovo Direttore generale che, sia chiaro, non mi interessa per il soggetto che ne è l’oggetto (mi sta catturando il genio del burocratese); mi attira per il suo stile.
Iniziamo con “previa”. Ricorre tre volte in due pagine. È un cultismo penetrato nel linguaggio giuridico-notarile e da qui in quello burocratico. Significa letteralmente ‘che vien prima’, e dunque, ‘precedente’, ma ‘precedente’ è troppo pezzente e, in quanto tale, ambiguo, volgare e comune. ‘Previa’ dà un tono, elimina concorrenti, “o sai cosa vuol dire ‘previa’ o non puoi competere”, sembra dire. Ma al di là dello stile e dell’ambizione al registro notarial-rotariano (cioè delle aristocrazie autocertificate), c’è una predilezione evidente per le responsabilità pregresse, c’è l’inconfessata passione per ciò che è stato fatto prima che, determinando il presente, libera da ogni responsabilità chi redige gli atti attuali, ridotti a prese d’atto, a constatazione degli effetti dei prevî vizi e delle previe virtù. “Previo per previo, previti tu il passato che io mi previo il presente”.
In cotanto ardore per il già avvenuto, il pregresso, il già dato, consolidato e sedimentato, non poteva mancare un bel “conforme”, presente con tre attestazioni. ‘Conforme’ è una parola molto ambigua. È una parola relativa, cioè ha un significato in relazione a un’altra, giacché significa ‘di forma uguale o simile a un’altra’. Estensivamente significa anche “di contenuto simile o uguale a un altro”. E qui si torna a bomba: questa delibera cerca sempre il suo archetipo, afferma caparbiamente di essere il risultato di altro, di non avere responsabilità se non di registrazione e pertanto si dichiara ‘conforme’. A che cosa? La forma su cui avviene la conformità è un capolavoro di autoerotismo. L’assessore al personale ricorda che la nomina del direttore generale del suo assessorato avviene con suo decreto, conforme alla delibera di Giunta assunta su sua proposta. Più conforme di così non si può, ma a me non sfugge che la delibera fa leva sulla carriera prefettizia pregressa dell’Assessore al personale, che a sentirsi dire ‘conforme’ si sente lusingata perché la conformità le ricorda il lessico familiare del ministero, il copia conforme, la doppia conforme, il ‘mi conformo al suo volere’ che in casi di estrema devozione può divenire l’inaudibile ‘conformizzo’. Ciò che è conforme, nel Ministero degli Interni, va sempre bene, Il sospettato di eresia è sempre il ‘difforme’. E dunque la delibera rimarca che conformemente all’intento di non caricarsi di troppe responsabilità, la delibera si è conformata alla volontà espressa dall’assessore al personale.
Tuttavia, con i prefettizi c’è poco da scherzare, perché venendo da ambienti dove nessuno si inchina mai a raccogliere il sapone nelle docce, tendenzialmente hanno una certa sensibilità per le questioni scivolose. E dunque che cosa ha fatto l’Assessore? Ha chiesto al Segretario generale della Regione se la candidata prescelta per l’incarico possieda ancora i requisiti per essere nominata. Capito? Questa è alta scuola. Questo è aerosol di vasellina in purezza. Ma il segretario generale, che tra gli avi del Cinquecento ha il barone di Tuili Giami Coddastui, ha risposto al quesito dell’Assessore che lei, il segretario, ha accertato la presenza della candidata nell’elenco degli idonei alla direzione generale predisposto ex lege dalla Regione Sardegna e che dunque suo compito, di lei Segretario, è attestare che la candidata è regolarmente iscritta all’elenco e solo di conseguenza attestare il perdurante possesso dei requisiti. Cosa poi l’Assessore e il Segretario abbiano voluto dire e accertare con ‘perdurante’ lo sanno solo loro. La logica vuole che se una persona risulta iscritta nell’elenco predisposto dalla Regione all’interno del quale la Giunta può scegliere i Direttori generali, il possesso dei requisiti è stato già accertato e non vi è motivo di pensare che vi sia una scadenza degli stessi che non obblighi, parallelamente, a cancellare l’interessato dall’elenco. Quindi, perché l’Assessore chiede al Segretario la perduranza dei requisiti in capo a un dirigente presente nell’elenco? Impossibile capirlo, ma è certo che siamo di fronte a una delibera in gechese, con linguaggio ardito per riuscire a camminare sui vetri bagnati dello scarica barile.
Anche negli uffici quando vogliono far quel che vogliono scrivono solo se strettamente necessario e in modo fumoso, affermando e poi smentendosi.
La corte dei conti su quella nomina ha già chiesto conto all’assessore precedente. Si reitera confidando nell’impunità. Di fatto, anche il consiglio di stato si è espresso ab origine su i requisiti del Dg ma tutti fan finta di nulla sperando di scaricare eventuali responsabilità sull’altro, in un contesto ove la legalità, opportunità e responsabilità sono emerite sconosciute di chi oggi detiene il potere in Regione.
Purtroppo tutto quanto riguarda la politica e il ” politichese” (linguaggio esclusivo della gran parte dei politici che tutto hanno a cuore fuorché il bene del popolo) segue un percorso volutamente tortuoso, spesso incoerente e incomprensibile pur di consentire a pochi di arrivare a qualcosa che tanti nn vogliono. Spero e credo che i tempi stiano cambiando e che la gente nn sia più disposta a sopportare altro dopo aver subito veramente tanto, troppo.
Su chi contat est “Fiat voluntas mea” e, si a cumprèndhere su chi iscrient e parlano sos “politici” bi cheret unu filólogo, comente faghent a no fàghere bella frigura cun totu sos chi sunt in “ruolu” de ignoranti? E chie los cumprendhet, su Buzinu?!
Bravu, su Buzinu!
Tocat a nàrrere però chi a unu fiotu de dipendhentes lis faghent fàghere isperiéntzia e allenamentu de “acrobazia”.
Custos annos colados ant fatu unu «DITZIONARIU ISPERIMENTALE» “LSC” «cunforma a sas normas de referèntzia a caràtere isperimentale pro sa limba sarda» (inoghe agabbamus totu scienziati a fortza de fàghere “isperimentos”! Bellu achistu: amus a tènnere unu fiotu de scienziati sperimentali).
Candho aio ischidu de custu “DITZIONARIU” apo pessadu chi fit unu ditzionàriu de sardu chi serbiat pro furriare a italianu su chi narant e iscrient in sardu sos ‘politici nostri’ pro tènnere valore a paris de s’italianu («conformemente» a sa leze 482) ca sinono su Guvernu (o chi per esso) si no lu lezet in italianu su chi ant chérfidu nàrrere sos Sardos in sardu no lu podet cumprèndhere, e a donzi modu si no est iscritu a duas bortas, in sardu e italianu (sos Sardos za tenimus su tempus), su chi namus no balet una cibudha, ne ufficiale e ne sotto ufficiale.
E imbetze nono: su ‘sardu’ in su “DITZIONARIU” bi l’ant postu solu a tradutzione de peràulas italianas chi ndhe ant piscadu de sas delíbberas “gechesi” (apistillonadas, a prantuledha) e àteros pabilos de sa “Buró Crazia” e “discorsi, interventi, discussioni” de sos ‘politici nostri’ pro los furriare a ‘sardu’ (custu est su triballu de sos “isportellistas”) e… fregato il Governo, o chi per lui: si cheret, sos pabilos de sa “Burò Crazia” e “discorsi, interventi, discussioni” de sos ‘politici nostri’ si los lezat in ‘sardu’….
Gai imparat! E, mancari crepet, sos ‘politici nostri’ sighint a parlare imperterriti in italiano e iscríere “discorsi, interventi, discussioni”.
Sos Sardos no semus “un problema”, “no problem”: semus crepados crependhe, e de candho!, e fintzas “con l’anima in pace”, emigrados a donzi parte de su mundhu o a s’àteru mundhu.
E no nos serbit mancu unu “filólogu” e gai sas delíbberas de sa RAS, de Comunas e Províncias furriadas a ‘sardu’ si las lezent sos “isportellistas” traduttori, a bídere si las ant fatas “conformi” a sa “LSC” de sardu… isperimentale. E za andhat totu bene.
Ma tzertu, sos Sardos fimus azummai totu lómpidos “al TOP” e pessade ite disastru a torrare a nois!
Ripa e non riva, non compare?
Si tratta di “convergenze parallele”…