Ieri c’è stata l’ennesima rapina in Sardegna.
Indagini? Non pervenute.
Non è solo un problema che riguardi la repressione della criminalità.
Nei palazzi di giustizia della Sardegna si è fermato tutto, o ciò che procede, procede male.
Faccio un esempio. Gli studi accademici dicono che la Sardegna è invasa dalla cocaina e, adesso, dall’eroina.
I furti, legati all’aumento delle dipendenze, sono in crescita, sia quelli per strada che quelli in appartamento.
Non è ardito pensare che i soldi delle rapine, investiti in droga, rendano 200 volte gli investimenti in titoli azionari.
I grandi investigatori ci hanno insegnato che c’è un solo modo per battere il crimine: osservare, infiltrare e reprimere.
Nelle città in cui vivo io, la microcriminalità è in aumento, al punto che è stata rapinata per ben sette volte anche la Mensa del viandante, cioè la mensa dei poveri. Nel mio vicinato, pressoché tutti hanno messo telecamere e antifurti.
Però, a sentire tante dichiarazioni, la Sardegna è un’isola felice.
Nessuno osserva e chi lo fa va a rompersi la testa col muro di gomma dei fascicoli di indagine che si accumulano sul tavolo dei procuratori e poi dei Gip.
Adesso non mi ricordo esattamente la circostanza, ma c’è stata una vicenda nella quale il PM ha chiesto i domiciliari per ragioni di rischio di fuga e inquinamento delle prove e il Gip li ha concessi dopo otto mesi. I giornalisti giudiziaristi sanno di richieste di arresti giacenti da mesi, bloccati dalla polvere e dall’assenza.
Ricordo tempi nei quali, rampanti magistrati in carriera, rigorosamente schierai a Sinistra, hanno disposto arresti, assolutamente immotivati, di persone normalissime, ma il cui arresto serviva al clamore e a sciogliere la lingua.
Quei tempi sono finiti, le ferite restano indelebili, e oggi i veri delinquenti sono a piede libero, però i magistrati rampanti, oggi meno arretti, adesso fanno i prudenti, adesso che hanno raggiunto la vetta si sono calmati, esattamente come il delinquente che dopo il colpo del secolo, compra un bar e si sistema, diviene rispettabile. È questo l’effetto specchio che si realizza tra organi dello Stato e malviventi.
Vogliamo parlare di armi? Com’è che nelle rapine sarde ci sono poche pistole e molti fucili da guerra?
Ma c’è un dato più saliente che colpisce al cuore la magistratura chiacchierona, convegnistica e inconcludente della Sardegna: l’indagine Monte Nuovo, con il suo corredo di 34 indagati, quella, per intenderci, che portò agli arresti di un medico della terapia del dolore, di un assessore e all’indagine su un rettore, oggi sembra sbiadita, perché in realtà il tentativo di illuminare il “mondo di mezzo” che in Sardegna esiste tra malavita e borghesia imprenditoriale e impiegatizia è fallito per incompetenza culturale. Non si possono traslare modelli intepretativi dal Lazio alla Sardegna: si perdono troppi tratti essenziali e una marea di dettagli.
In Sardegna, per capire la delinquenza armata bisogna capire quelal dei colletti bianchi. Ce lo ha insegnato Cirese.
Se in Sardegna non si illuminano i veri crimini dei ‘colletti bianchi’, non si capirà mai come venga pulito e messo in circolazione il denaro, perché i delinquenti più arditi copiano gli stili di vita e le astuzie dei novelli prinzipales.
Invece, le indagini sulla pubblica amministrazione, da quando è stato abolito l’abuso di ufficio, si sono fermate e anche quando ci sono fatti evidenti, le indagini si fermano sulel scrivanie dei palazzi di giustizia.
Faccio un esempio.
In un caso assurto agli onori delle cronache in questi mesi, un’articolazione dell’amministrazione regionale ha segnalato alla magistratura che una persona ha fornito delle autocertificazioni contraddittorie l’una con l’altra, commettendo un falso ideologico grande come una casa.
Cosa ha fatto la magistratura inquirente?
Nulla, si è chiusa nei suoi pensieri.
In un altro caso, un Gip ha riconosciuto agli amministratori giudiziari nominati per amministrare un’azienda rivelatasi poi sanissima, il massimo della tariffa applicabile, provocando un costo sull’azienda pari a più di 1,2 milioni di euro. Il giudice ha sentenziato che il Gip e il Pm avevano sbagliato a chiedere e a disporre il sequestro dei beni e l’amministrazione giudiziaria della società, ma intanto i tre curatori (come certi avvocati, sempre gli stessi, che ruotano sempre intorno ai tribunali fallimentari) sono diventati ricchi.
Si pensa che queste cose non siano note? Sono note e rafforzano la convinzione che il denaro è di chi sa prenderselo, non di chi se lo merita.
Non si può bloccare ogni forma di giustizia per dedicarsi solo ai conflitti a fuoco, perché si rischia di far degenerare una situazione ancora rimediabile.
Vogliamo parlare di sanità?
Vogliamo parlare di scelte impunite, di dispetti nei reparti per i quali i degenti vengono trasferiti ad altri ospedali per una faida interna? O di primari che un giorno sì e l’altro pure tranciano un giorno l’iliaca e un altro l’uretere e continuano indisturbati a operare? O di chirurghi che rientrano in sala operatoria dopo sei anni che non toccano un bisturi? E i magistrati, tutti informati di questo stato di cose, cosa fanno? Nulla, un beneamato pisello.
Ma c’è di peggio. Oggi leggo sul giornale dell’ennesima iniziativa volta a pagare di più i medici che si rendano disponibili a lavorare nei Pronto Soccorso. Benissimo. Poi mi capita di parlare, ieri, col fidanzato di una mia allieva, medico, specializzando, che mi racconta di come gli specializzandi vengano pagati sempre 1.600 euro mese, nonostante durante la scuola vengano usati con gli stessi orari e svolgendo le stesse mansioni degli strutturati. Ora è vero che stanno imparando, ma tra pagare loro 1.600 euro al mese e riconoscere le migliaia di euro ai medici ina ffitto, a chi va a integrare, esattamente come loro, il lavoro degli strutturati , qualcosa non va. Eppure, nessun creativo che abbia reclutato medici ha mai dovuto render conto delle sue scelte.
O vogliamo parlare di come liquida le fatture l’Ares?
Lo descrivo, perché è un meccanismo diabolico.
Il fornitore deve prima chiedere di poter emettere la fattura; l’autorizzazione arriva dopo un mese e il pagamento dopo due mesi. Se la fattura è di gennaio, andando bene è pagata a maggio, perché la si può emettere solo a febbraio e viene pagata solo dopo due mesi. L’azienda diviene, per quattro mesi, un finanziatore a titolo gratuito dell’Ares. Eppure l’Ares è gonfia di soldi.
Come chiamiamo queste abitudini della PA, normali?
E chi dovrebbe correggerle?
I consiglieri regionali da tre anni danno soldi a chi vogliono loro, i cittadini sporgono denuncia, adesso pare che si stia muovendo il ministero e la magistratura che fa?
Nulla, si guarda il pisellino togato oscillante e indeciso se far epipì con orientamento a destra o a sinistra.
E poi ci sono le cappellate. Ho letto una recente sentenza di appello di una dei tanti processi sull’utilizzo dei fondi dei gruppi consiliari. A carico del malcapitato condannato, il giudice argomenta anche l’uso di un bancomat del Gruppo. Peccato davvero che io in quel gruppo ci sia stato e che il gruppo non avesse la carta per il bancomat. Evidentemente, tagliando e incollando da altre sentenze, è sfuggito un bancomat.
Patronaggio si insedia e vara una campagna contro il rischio idrogeologico e la Sardegna vara le aree H Star, cioè aree a rischio idrogeologico alto, ma adesso diminuito e affidato ai Comuni. Ci sono due Comuni sardi che stanno scommettendo su Giove Pluvio, ma la magistrtura se ne catafotte perché non capisce, perché è troppo faticoso cercare di capire di fiumi.
Mi sto convincendo che la magistratura sarda oscilli tra teoremi ridicoli, odi personali e pregiudiziali (io ne sono testimone vivente) e inconcludenze evidenti e quando questo accade, i delinquenti copiano, si attrezzano, velano il crimine degli stessi comportamenti dei colletti bianchi, si mimetizzano e sembrano in tutto e per tutto simili a noi.
Ieri, un amico, mi ha detto:”Come dargli torto?”.
Già, ma è troppo chiedere che ci sia almeno un magistrato che faccia indagini, si serva di investigatori istruiti, si doti di intelligenza e spazzi un po’ le strade dove camminiamo?
Egregio, ammiro il Suo coraggio nello svelare pubblicamente le distorsioni del nostro sistema giudiziario. Mi potrebbe rispondere che male non fare paura non avere, ma non lo farà perché di questa magistratura bisogna aver terrore, non paura, per l’impunita’ di cui godono,. Tuttavia c’è chi non si tira indietro e di ciò La ringrazio. Nel merito osservo che la riforma in corso fa incazzare i magistrati che pertanto non potranno più zigzagare tra requirente e giudicante per terminare la carriera da giudice di cassazione (un po’ come per i militari che vanno in pensione quasi tutti col grado di generale a prescindere dal merito acquisito in carriera). Di mio aggiungo che si dovrebbe togliere la direzione delle indagini ai PM perché non è loro mestiere ma anche per porre fine alla vergogna di armadi pieni di fascicoli impolverati perché ignorati (alla faccia della obbligatorieta’ dell’azione penale che, anche le anatre di monte urpino sanno essere una barzelletta). Torneremo sull’argomento sicuramente. Saluti.