Ieri, Roberto Saba, ex Direttore generale dell’Assessorato dell’Industria sotto la Giunta Pigliaru, ha commentato il mio articolo dando una descrizione chiara di ciò che si sarebbe potuto fare dando corso al Piano della Giunta Pigliaru e che oggi è ancora drammaticamente attuale e alternativo alle vulgate energetiche di tante parti politiche. Il suo commento merita il rilievo di oggi.
Il Piano Energetico della Giunta Pigliaru considerava il sistema energetico regionale nella sua interezza e complessità (non ci sono soluzioni semplici ad un cambio di paradigma di come produrre, distribuire e consumare energia: che si sia imprese o cittadini quando clicchiamo sull’interruttore la lampadina si deve accendere, sempre, e a costi sostenibili).
Trasformare il sistema energetico sardo verso una configurazione integrata e intelligente, aumentare la sicurezza energetica, aumentare l’efficienza e il risparmio energetico, promuovere la ricerca e la partecipazione attiva in campo energetico, questi erano gli obiettivi strategici.
Una visione che guardava avanti, se si pensa che gli scenari previsti, eravamo nel 2016, dovevano consentire di ridurre le emissioni del 50% al 2030 (l’obiettivo europeo a quel tempo era una riduzione delle emissioni di gas effetto serra del 40% rispetto ai valori del 1990 e solo con la Legge europea sul Clima del 2021 si è fissato al 55%), sviluppare un sistema energetico basato sul concetto di energia condivisa e distribuito e su un modello energetico basato sulle reti intelligenti e sull’autoconsumo. Con grande anticipo veniva affrontato il tema della decarbonizzazione dell’economia, non in maniera ideologica, ma comprendendo che avevamo bisogno comunque di una fonte fossile di transizione a minor impatto ambientale, individuata nel GNL con cui sostituire parte della produzione elettrica a carbone, dall’altro lato si stabiliva che tutti i nuovi interventi sulle FER finanziati con risorse pubbliche avrebbero dovuto destinare almeno il 50% della produzione al consumo.
A queste linee di indirizzo se ne aggiungevano altre che gettavano le basi di un sistema, nel quale venivano individuati 11 “distretti energetici”, nei quali, mentre si promuoveva l’efficientamento energetico, si sarebbero dovuti sempre più sviluppare interventi in grado di “consumare” o “accumulare” e gestire in “maniera distribuita” localmente o a livello regionale l’energia prodotta, a partire da quella da rinnovabili che doveva essere prioritaria. In questo sistema complesso il Taloro, opportunamente gestito ed adeguato, doveva costituire la naturale grande batteria messa a disposizione per stoccare energia e produrla quando necessario, una batteria necessaria ma non sufficiente a sostenere la progressiva elettrificazione del sistema.
Potrei continuare a descrivere cosa prevedeva il PEARS approvato nel 2016, ma credo sia del tutto inutile, dal momento che, anche da quanto sta accadendo e dalle interviste che vengono quotidianamente rilasciate, da maggioranza ed opposizione, sembra che nessuno sia disponibile a prenderlo come base di una discussione seria. Anzi, con una notevole, del tutto personale, profonda delusione mi rendo conto che la stessa parte politica che ha sostenuto la Giunta Pigliaru non ha compreso la portata innovativa della proposta e non è stata disposta in questi anni a promuoverne l’attuazione.
Se lo avessero fatto, con convinzione, probabilmente oggi non staremmo a discutere di un DPCM che non è altro che lo specchio di ciò che non è stato fatto finora. Avremmo avuto infrastrutture per approvvigionarci di GNL a condizioni tariffarie analoghe a quelle nazionali, saremmo stati noi stessi una piattaforma e deposito nazionale, avremmo sostenuto sin dal 2019 lo sviluppo delle comunità energetiche di cittadini e di energia rinnovabile, dei gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente.
Si sarebbero potenziati gli interventi per l’efficientamento energetico di imprese e degli immobili pubblici e privati, si sarebbe promosso lo sviluppo delle smart grid.
Si sarebbe proceduto a realizzare un piano attuativo per le rinnovabili che fissasse obiettivi per fotovoltaico ed eolico compatibili con i target nazionali ed europei, definendo le modifiche normative ed attuative necessarie a rendere sostenibile economicamente, ambientalmente e socialmente la scelta di produrre energia dal sole, dal vento e dalle altre fonti verdi.
Avremmo potuto discutere di come partecipare attivamente ai principali progetti strategici, individuando anche le forme più opportune per massimizzare le ricadute sul territorio.
E invece siamo qui, fermi, a discutere inutilmente di un DPCM che è il risultato della nostra inazione collettiva, perché quando non si fa, c’è sempre qualcuno che occupa lo spazio che lasciamo libero e spesso opera in senso opposto a quello che dovrebbe essere il nostro interesse.
Discutere del DPCM perdita di tempo, eppure è dal 2013 che non si approvano progetti seri di rinnovabili, salvo qualcuno legato alla SARAS o a qualche altro potente; sugli impianti di energia rinnovabile si è fatta una campagna di disinformazione a tutti i livelli basata su falsità, accuse infondate, salvo Report, un servizio di RAI regione e un paio di Sardegna 1, erano e la maggior parte lo sono ancora oggi, tutti contro, Televisioni, giornali, associazioni ambientaliste, comitati del NO, che nascevano come funghi, Associazioni di categoria, sindacati, che ancora oggi puntano sul gas, e la Regione Sardegna, soprattutto quella dei migliori, quella degli economisti di Pigliaru e Paci, che dicevano di voler attirare gli investitori, e quando glieli abbiamo portati, che intendevano investire un miliardo in 3 anni e creare migliaia di posti di lavoro, dopo un primo appuntamento bidone, nel secondo appuntamento, dopo un anno, ricevuti da Pigliaru, gli investitori, dopo 3 ore di anticamera, sono stati ascoltati per 15 minuti, in piedi, sono stati licenziati con un “vi faremo sapere”.
L’assessora Spanu definiva un disastro ambientale quegli impianti, mentre non lo era la dorsale del gas una striscia di lavorazioni larga 60 metri che attraversava zone umide, SIC, ZPS, IBA senza contare i boschi e i fiumi; però è coordinatore scientifico del CMCC.
L’assessora Falchi dopo l’adesione di AGRIS al progetto agronomico, definito un modello da esportare nel territorio, ha obbligato il centro di ricerca a fare una marcia indietro umiliante per i ricercatori che avevano aderito; li abbiamo sostituiti con i ricercatori del CNR.
L’allora segretario della CGIL Michele Carrus, quando gli dissi che per fare un impianto lavoravano per 3 anni 1500 persone, di disse che potevano essere 150, ho dovuto fargli vedere su Street View il parcheggio di un impianto in costruzione in Spagna, dove si potevano contare oltre 400 auto e pulmini, cosi pure gli altri sindacati; la Spagna che nel 2006 si prese Rubbia, cacciato da ENEA e dal CRS4 e forte delle ricerche fatte in quei centri, nel giro di 5 anni realizzarono oltre 50 centrali di solare termodinamico, per 2.300 MWe, creando una filiera di 24.000 addetti, oggi le aziende spagnole costruiscono le centrali di Solare Termodinamico in tutto il mondo.
Rubbia nel 1999, da presidente di ENEA e CRS4 aveva presentato in Regione un progetto per rendere la Sardegna completamente indipendente dalle fonti fossili attraverso il Solare Termodinamico e l’idrogeno, progetto riproposto nel 2004 senza esito; ora spero che vada in porto il progetto dell’ONU che ENEL è impegnata a realizzare per la Sardegna, per renderla libera dalle fonti fossili entro il 2030.
https://www.youtube.com/watch?v=HAXR8Yg_AE4
Certo se si fosse attuato il PEARS non si discuterebbe del DPCM che sostanzialmente rispecchia il PEARS, anche quello basato sul gas, energia di transizione, come che dopo aver costruito una dorsale del gas o un rigassificatore lo abbandoni dopo pochi anni; se poi si guarda alla situazione attuale del prezzo delle fossili dal carbone al petrolio e al gas, che da un anno sono schizzati in alto, mettendo in crisi l’intera economia italiana, c’è da stare poco allegri vista la dipendenza totale dall’estero di queste fonti.
Il problema vero è che in questi ultimi 20 anni non c’è stata una classe politica e dirigenziale che avesse la lungimiranza per affrontare questi problemi, una classe politica legata alle rendite di posizione, e agli interessi particolari anziché a quelli generali della Sardegna.
Per fortuna qualcuno a cambiato rotta:
https://www.enelgreenpower.com/it/paesi/europa/italia/sardegna-modello-energia-verde?fbclid=IwAR2BIc_8HLk1qX-qnrkiag4vD1uGbSmIY4pHG5ndQGeiavGp89JvX45N2fE
Pienamente d’accordo con angelo.
Energia, scuola, trasporti, sanità .. A sentire il centro destra, il centro sinistra nella scorsa legislatura non ha fatto nulla, solo disastri. A voler ricordare la campagna elettorale delle scorse regionali, il centro sinistra di allora condivideva quella posizione. A sentire il centro sinistra di oggi non si sente nulla
possibile che non si trovi un luogo per incontrarsi e riproporre questi modelli, che altro non sono se non puro buon senso, spoglio da qualsiasi ombra di ideologia….
Deo, est seguru, no so cumpetente cualificadu pro valutare custu Pianu Energéticu pro sa Sardigna; naro s’opinione mia e pro su chi bi cumprendho mi paret bonu meda.
Ma in Sardigna sos ‘politicos’ faghent meda, a s’airada e a sa maconatza (e namus puru che a sos macos) comente si faghet in sas gherras gherras cun mortos e feridos e benes ispérdidos, “a fin di bene”… de torracontu de cambarada, de butega o de buteghedha e meda personale puru (e de sas ‘locomotivas’ tricolores chi los tirant o ispinghent), e no pro un’idea netzessària e prus zusta de sa Sardigna e de sos Sardos, no pro torracontu de una Sardigna disastrada chi càmbiet in su bonu.
E si in su Pianu Energéticu (como pro faedhare solu de custu) no bi est su “timbru” issoro… no si faghet, sinono ojamomia ita dannu, est a dare resone e profetu a sos àteros! E sos cadhos curridores de sa ‘maggioranza’ (si puru est magioràntzia in d-una Sardigna disastrada de donzi manera cun totu sa zente chi mancu andhat – e meda no podet mancu andhare – a votare ca gai paga fide tenet e fintzas pagu ischit) ite torracontu de cambarada, de butega o de butegheda e meda personale puru ndhe tenent?
E no est ne solu e mancu pruschetotu gherra de votos: est gherra cun disastros, a pistare abba e sighire a prànghere, emigrare, murrunzare, protestare, frimmos sempre in su matessi tretu fintzas chi noche ruet a subra su chi de aterue nos betant (che a sos canes o solu che a zente sempre prus dipendhente fintzas in su chi podet èssere in totu un’àtera conditzione).
Sacrosanta verità.
Grazie Roberto
Probabilmente nel leggere “Piano Energetico” i politici sardi hanno frainteso il significato del primo termine e quindi lo stanno applicando nel suo significato cinetico di lentezza o bassa velocità.
L’orizzonte temporale di una quindicina di anni (2016 – 2030) per l’attuazione di una strategia intelligente e complessa non si adatta alla miopia della politica attuale ( di ogni colore ma stesso basso livello) alla continua sterile ricerca di semplice consenso, concentrata sul presente e continuamente rivolta al passato.
La Sardegna, terra di occasioni mancate e di rimpianti.
Un esempio di quando la competenza e conoscenza della (complessa) politica energetica, si sposano con la chiarezza espositiva.
Qualcosa di cui la Sardegna ha disperatamente bisogno.
Grazie Roberto