Iniziamo da qui. L’Assessore Chessa, giudice supremo dell’efficienza e della laboriosità altrui ha emesso una sentenza durissima, attraverso il suo telefonino, contro i dipendenti regionali. Il degrado del tutti contro tutti, incentivato dalle belve giornalistiche, contagia le istituzioni.
Immediatamente, il presidente del Partito Sardo d’Azione non chiede all’assessore di dimettersi o al presidente di dimetterlo, no, gli dà una sberla educativa, correttiva, ma sempre in rete, a sa prubica, come dicono a Orune: «Il problema sarà quando contrelleremo te. Contieniti e porta rispetto a chi lavora».
Il sindacato, invece, scrive, e fa bene, ma è troppo civile per questo mondo immondo.
Questa non è politica, è degrado.
Se uno si prende la briga di leggere il curriculum vitae del Signor Chessa, perito commerciale e ragioniere, scopre che, come tanti nostri politici, parla di lavoro senza mai averlo praticato. Il suo primo incarocp pubblico risale al 1989, e una volta appoggiate le chiappe non si più rialzato. Uno splendido esempio della nostra classe politica.
Buogiorno a lei, Signor Enrico. La premessa del mio commento è che stamattina, dopo aver ascoltato Sultans of swing, ho scoperto che Mark Knopfler, il leader dei Dire Straits, non usa il plettro ed è laureato in letteratura inglese (ha fatto anche l’insegnante). E a quel punto ho pensato che è soprattutto un problema di cultura: la (in)cultura un popolo ormai incapace di esprimere e selezionare una classe dirigente degna di questo nome, abbandonando metodi di contrattazione del voto a fini utilitaristici che producono disastri a tutti i livelli (al confronto, eleggere Ilona Staller al Parlamento è stato un atto di purezza salvifica, come intuirono Pannella e 20.000 geniali compatrioti). Serve più gente che abbia cultura e libertà, come la laurea e il plettro di Knopfler. Quanto a Chessa, è un epifenomeno, come direbbe Toni Negri o un moralista che cerca l’insegnamento nelle favole. Mi perdoni, ho divagato.
Buongiorno Sig Esopo Puddu. Intervengo perchè, a mio parere, a differenza di quanto da Lei sostenuto la Sua riformulazione dei concetti espressi dal sig, Chessa non è del tutto corretta.
Il sig Chessa, del quale non conosco la professionalità ne i titoli in suo possesso che gli consentirebbero di tranciare simili giudizi, si è voluto palesemente scagliare contro i dipendenti pubblici, sulle singole persone. Su questo non mi pare vi sia ombra di dubbio, non a caso è andato a paventare controlli attraverso l’uso di telecamere che anche un bambino sa essere illegittimi e non attuabili per legge sia a distanza che in presenza.
Lei nel suo riformulare ha posto l’accento su un problema reale ed esistente. Quello della mancanza di una infrastrutturazione seria all’interno dell’amministrazione regionale. Mancanza che non nasce da oggi ma che con la pandemia è emersa in tutta la sua evidenza. Mancanza che, se la sua riformulazione fosse esatta, avrebbe dovuto portare il sig Chessa a chiedersi come mai la Regione Sardegna si trovi in questa situazione di arretratezza tecnologica. Come mai nonostante il tempo intercorso (la prima legge sul telelavoro nella pubblica amministrazione mi pare risalga al 1998 L n. 191 del 1998 ) la Regione Sardegna non abbia attuato alcuna riforma ne messo in atto le numerosi disposizioni che forse da una ventina d’anni avrebbero dovuto far si che le amministrazioni pubbliche (alcune l’hanno fatto) siano in grado di garantire in maniera corretta tale forma di lavoro. Provo io a dare una risposta. Forse perchè queste domande avrebbero messo in discussione l’operato dei numerosi assessori e direttori generali che si dovrebbero occupare della materia. Forse perchè le domande così formulate porterebbero a chiedersi come mai la gran parte del sistema software e hardware sia gestito attraverso società esterne profumatamente pagate, le quali sostanzialmente fanno il bello ed il cattivo tempo. Domande scomode che avrebbero necessitato di risposte altrettanto scomode che forse il sig. Chessa non vuole o non sa porre. Domande che se poste in maniera corretta forse potrebbero scoperchiare una vaso di pandora di cui in pochi, pochissimi si sono occupati e si vogliono occupare. Come mai ci chiediamo? Forse perchè i soldi pubblici in ballo sono tanti? Forse perchè chi avrebbe dovuto mettere le persone nelle condizioni di lavorare bene non l’ha fatto e non lo sa fare? Ci sono tanti forse. Ma una cosa è certa il concetto espresso dal sig. Chessa non era certo finalizzato a far luce su tutto questo. Non a caso il riferimento ai buoni pasto che in realtà i dipendenti si pagano essendo parte della retribuzione. Tanti vorrebbero vederseli in busta paga ma non possono. Non è previsto,
Da ultimo due appunti puramente tecnici. La normativa sulla separazione tra politica e amministrazione non consente in nessuna maniera ad un esponente di giunta di poter sindacare l’operato dei dipendenti. In caso di inefficienze vi è una procedura da seguire e che non mi pare che il sig Chessa abbia attivato. Forse non è neanche a conoscenza di quanto appena detto, forse è fermo al periodo in cui gli assessori potevano tutto,
Il secondo appunto che mi dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, lo spessore di chi si è esibito in tale tragico siparietto riguarda il fatto che l’adibizione dei lavoratori al lavoro a distanza è avvenuta non per volontà dei lavoratori ne per decisione dell’amministrazione regionale. Sono le norme statali emesse in tema di pandemia che hanno imposto le varie percentuali di chi deve lavorare in ufficio e di chi deve stare a distanza. Da ultimo con il nuovo ingresso in zona rossa, per il quale chi dobbiamo ringraziare il sig Chessa non se lo chiede, il Dl prevede che I datori di lavoro pubblici limitano la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza, anche in ragione della gestione dell’emergenza. Il personale non in presenza presta la propria attività lavorativa in modalità agile.
Ma forse leggere le norme, informarsi, cercare di capire è troppo difficile per questo signore. Meglio sparare sul mucchio, dove le inefficienze ci sono come c’erano prima dell’attivazione del telelavoro, e cavalcare il malumore crescente ottenendo solo il risultato di accentuare la guerra tra bende, fazioni che non fanno che nascondere quali siano i problemi reali. Troppo difficili e scomodi da affrontare seriamente.
Caro Esopo, sottoscrivo. Il tema però è anche il seguente. Un assessore può, e deve, a mio avviso, porre le questioni di efficienza in Giunta, al suo collega del Personale. Viceversa, la scelta di ricorrere alle generiche accuse e al facile plauso, con un perverso piacere di lisciare il pelo alla piazza, a me provoca un profondo bisogno di marcare una differenza.
Supponiamo per un attimo che l’assessore avesse espresso gli stessi concetti così:
“A mio avviso, è tempo che si torni a lavorare in presenza, in tutte le amministrazioni pubbliche e non solo in quella regionale. In mancanza di un’adeguata infrastrutturazione tecnologica (non affidata alle dotazioni informatiche dei singoli) e di un sistema basato su un’efficiente e collaudata gestione dei carichi di lavoro a distanza, a me pare che la mia amministrazione, come pure altre del resto, abbia perso in efficienza. Avrei anche da ridire, ma solo in linea di principio, su alcuni aspetti a mio modestissimo giudizio discutibili, come quello dei buoni pasto assegnati a personale che lavora a casa”.
Che esistano individui che comunichino rozzamente concetti che, espressi altrimenti, avrebbero cittadinanza e diritto di esistere non è sorprendente: alle volte, individui simili governano persino istituzioni di alta cultura, e la cosa non desta scandalo. È davvero un mondo strano.
se fosse stato possibile darsi dei calci sui testicoli l’Assessore non avrebbe potuto farsi altrettanto male
masochismo d’alta scuola
Il cartone a misura d’uomo con le sue effigie gli garantiva perlomeno un tocco di eleganza e saggezza che, con ogni evidenza, non gli appartengono.
“talvolta è meglio tacere e dare l’impressione di essere stupido piuttosto che parlare e fugare ogni dubbio”.
Sul merito delle dichiarazioni, è quindi alla diligenza dell’assessore e del suo staff che si deve il benessere e lo splendore di cui gode il settore turistico in Sardegna in questo momento.
Chessa dovrebbe fare pace con l’assessore Satta. Venerdì tutti i dirigenti e i funzionari sono stati invitati con lettera protocollata della DG del personale inviata qualche giorno fa a seguire un “intervento formativo”. Non solo, per assicurarsi la presenza dell’intero ruolo dirigenti e di tutto il funzionariato è arrivata una mail che ricordava l’importante appuntamento del venerdì. Per partecipare bisogna iscriversi e si scopre che l’evento cosiddetto formativo è tenuto da Marsh assicurazioni. I più smaliziati hanno capito: altro che formazione. Tutta la regione è stata bloccata per seguire una sorta di videovendita di polizze assicurative. La versione 2.0 delle riunioni per vendere tupperware che qualcuno ricorderà. Migliaia di dati personali ceduti al brocher assicurativo (sarà lecito?) e la regione per un giorno bloccata a seguire la promozione. Su invito protocollato della Dg personale.
Egr. Paolo Maninchedda
Dopo avergli spiegato come si pronuncia look down e avergli sottolineato che trattasi di due parole, occorre spiegargli che covid free non si pronuncia Cofrid.
Siamo ai livelli di Topo Gigio,……purtroppo
Sono disgustata non ho parole
Uno sprovveduto, con qualche problema con la lingua italiana, allo sbaraglio.
Il tuo dovere, Chessa, è quello di andartene a casa.