Vivo con una totale serenità la mia condizione di cristiano e di cittadino laico, radicalmente laico, cioè convinto che lo Stato debba garantire la libertà religiosa, ma debba anche affermare e difendere le forme laiche della convivenza civile tipiche della cultura europea, dove si è faticato a estirpare quei costumi culturali e educativi che per secoli hanno discriminato e subordinato le donne.
Anche i cattolici e i protestanti, per secoli, hanno richiesto che le donne stessero velate nei luoghi di culto, che non esponessero gambe e braccia ecc. ecc. Grazie a tanto impegno politico e culturale queste ossessioni clericali, nate dalla paura del piacere e della donna come occasione del piacere (sto scrivendo un saggio sulla scomparsa del piacere sessuale femminile nei secoli VII-XII e sto scoprendo che dietro la revoca di ogni orgasmo alle donne c’è sempre stata una grande questione di potere, perché il piacere è un assaggio della felicità e chi vive felice, con un perché, è più forte di chi non sa perché vive) sono state sconfitte e marginalizzate.
Ora l’ossessione orientale delle donne rifà capolino nel nostro tempo attraverso l’islam radicale e i suoi costumi.
È di questi giorni il caso delle studentesse di una scuola friulana autorizzate dal preside a frequentare le lezioni col niqab, cioè coperte da capo a piedi da una divisa nera che lascia liberi solo gli occhi.
La preside non poteva far niente di diverso da ciò che ha fatto, perché già è molto che queste ragazze studino, ma soprattutto perché una incredibile sentenza del Consiglio di Stato ha sancito i motivi religiosi tra quelli che consentono di derogare alla legge sulla pubblica sicurezza che vieta di non rendere riconoscibili i lineamenti del volto. Vorrei proprio sapere che cosa pensano di questa solennissima minchiata i responsabili dell’antiterrorismo. Ma detto questo, ciò che dovrebbe fare un Paese occidentale che non abbia vergogna della sua storia migliore, grazie alla quale si è giunti a difendere, col diritto, la libertà e la dignità di ogni singolo individuo, la cultura che dichiara solennemente l’uguaglianza della condizione giuridica tra maschio e femmina, è rifiutare che il Niqab sia un simbolo religioso o, qualora venga difeso come tale, respingerlo perché contrario alle nostre regole della convivenza civile.
Ha ragione Valditara a dire che serve una nuova legge, purché sia chiara, difenda la dignità e la libertà e non cerchi mediazioni su temi sui quali non deve essere possibile alcuna mediazione: qui, in Europa, si deve poter vivere con i capelli al vento, col viso scoperto, potendo portare la minigonna, perché il corpo della donna è per noi luminoso e non pericoloso o, peggio, da preservare in proprietà di un uomo.
Il niqab non è religione: è espressione di una civiltà che contesta nei fatti una conquista, la libertà delle donne e il loro diritto a vivere con la stessa esposizione degli uomini, che dobbiamo difendere, perché le limitazioni nell’esposizione pubblica sono l’anticamera delle riduzioni dei diritti civili e politici. Non si tratta di essere tolleranti; si tratta di opporsi a ciò che è contrario a un’idea di persona, di società e di Stato che abbiamo conquistato con dolore, fatica, sangue. Non si arretra dai livelli di verità e giustizia conquistati.
L’uso del velo da parte delle donne in realtà non è una pratica specifica e originaria dell’Islam. Soprattutto in antichità, infatti, serviva come protezione dagli agenti atmosferici (sabbia, vento, polvere).
Un versetto del Corano che dice: «O Profeta! Dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di chiudere su di esse i loro indumenti! Questo sarà il mezzo più semplice perché esse siano riconosciute e non siano offese» (Q. 33:59).
Come al solito il profeta furbacchione usa una questione pratica per trasformarla in religiosa, stessa cosa per quanto riguarda la proibizione dell’alcol, i popoli di origine africana e asiatica infatti hanno una minore presenza, nel fegato, di alcol-deidrogenasi, un enzima che ha il compito di demolire, e neutralizzare, le molecole di alcol etilico, Ecco perché si sbronziano in modo molto più rapido e molesto rispetto agli occidentali.
L’unico modo per liberarle da questa schiavitù è obbligarle per legge così come avviene in altri paesi europei come Francia, Belgio, Lussemburgo, Germania e Spagna.
L’Islam non è una religione in cui sia possibile separare gli ambiti, quello sociale (e politico) da quello religioso. E non è possibile perché i suoi fedeli considerano tutti gli atti, da quelli del quotidiano a quelli che riguardano l’intera generalità, ATTI di origine Divina. E non esiste Islam moderato o fondamentalista che tenga.
Eh, a questo punto le questioni entrano seriamente nel problematico perché già quella possibilità di deroga , confezionata in termini amministrativi, per la Comunità Islamica no n è un acquisizione di un diritto ma una vittoria nei confronti della “”””Cultura”””” che accoglie; e bisogna leggere attentamente queste epoche di transizione in cui qualcosa irrompe e qualcos’altro si ritira (soprattutto nel privato, o per dirla terra terra nel domestico).
P.S. : purtroppo , benché nutra un grande interesse nei confronti delle sacre scritture, ho perduto la fede nella Rivelazione . Tuttavia non posso neanche non pensare storicamente e riconoscere che quella Cattolica di Santa Romana Chiesa è la Cultura che ho ricevuto dalla nascita. ( E non la rinnegherò)
Giustu!
S’ossessione po (po? contr’a!!) is féminas est totu chistione de domìniu ingiustu e assurdu, gherra, disumanu po totus che a dónnia domìniu.
Quando la Sardegna diventerà prima o poi una Repubblica Indipendente o quantomeno una Comunità Federata avrei piacere che nel territorio isolano vigesse una regola voluta dai Sardi che rendesse le persone che ci vivono sostanzialmente SARDE …quindi il Niqab di cui sopra VIETATO già all’imbarco su aerei e navi in arrivo. Così si giustificherebbero le Persone che fuggono dai Paesi Teocratico Radicali chiedendo di essere accettate ed integrate … e possano così venire da NOI principalmente per ” essere liberate ” da Tali Aretratezze . Se invece vogliono continuare liberamente ad esercitarsi queste scelte possono tranquillamente stare nel loro Paese d’origine…. non avendo motivo valido per venire da NOI . Giusto ?
Egregio, il lato tragicomico di queste usanze è che da noi (come nel resto dell’Europa) ci sono state manifestazioni di protesta per la morte della povera Mahsa (che rifiutava il velo) e contemporaneamente si manifesta affinché il velo medesimo sia ammesso anche da noi.
Schizofrenia allo stato puro. Saluti.
Niente da aggiungere se non un grazie.