di Paolo Maninchedda
Ieri sono stato a Roma a lavorare. I frutti si vedranno nelle prossime settimane. Ho letto i giornali prima di partire e qualcosa di indistinto mi ha messo di malumore. Poi ho capito: i giornali parlano di tutto fuorché della campagna elettorale per le amministrative. Colpa dei giornali? No, colpa di una campagna elettorale inibita.
Se si passano i giorni a chiedersi che cosa pensi Renzi o Berlusconi o Salvini e non invece a pensare qualosa in proprio, poi è inevitabile dipendere da Renzi, Berlusconi e Salvini.
Le amministrative stanno prendendo proprio questa piega da parte dei candidati alla carica di sindaco (non di tutti, ovviamente, ma di molti): se l’elettore chiede: «Che visione hai del mondo e della Sardegna nel mondo», il prototipo autonomista sardo ripete pedissequamente la visione di Renzi, di Berlusconi o di Salvini. Di suo aggiunge marciapiedi e assistenza sociale.
Lo dico per i nostri candidati: marcate la differenza, per favore.
Fare i marciapiedi, garantire un buon asilo per i bambini, pulire e illuminare le strade, far funzionare gli uffici, garantire spazi e libertà di espressione agli artisti e agli intellettuali, tutto questo non è un programma politico. Semmai è il presupposto; è il minimo sindacale di ogni candidato sindaco.
Il programma è la direzione del fare; il programma spiega il perché si agisce.
Ci sono i fascistoni che credono ancora che il bene dell’umanità sia un potere forte e autoritario, fondato sulla razza e sulla dedizione militare alla patria? Lo dicano. Anche loro proporranno i marciapiedi, ma avranno un colore e un sapore diverso dai nostri.
Ci sono i maneggioni che dicono che non è importante avere degli ideali ma solo essere al momento giusto al posto giusto? Lo dicano, faranno anche loro i marciapiedi, ma saranno unti di promesse, blandizie e corruzione.
Ci sono i guru della sinistra di un tempo che ti spiegano le tue idee senza fartele capire (mitico Jannacci)? Lo dicano, faranno anche loro i marciapiedi spacciandoli per un grande intervento sociale.
Ci sono quelli che «Qui è tutto un casino», ecco questi non li faranno mai i marciapiedi, perché a loro il casino piace e molto, è il loro habitat.
Noi non dobbiamo parlare del minimo sindacale di un impegno politico. Noi dobbiamo esplicitare che per noi le amministrative sono solo una tappa per l’indipendenza della Sardegna affidata non a chi vuol fare solo casino, ma a chi sa governare il fisco, a chi sa organizzare le scuole meglio di come fa la Repubblica italiana, a chi sa organizzare meglio la sanità e i servizi, a chi sa come rispettare l’ambiente e farlo diventare una fonte di reddito, a chi sa fare le infrastrutture meglio di come non le fa la Repubblica italiana.
Noi siamo questi: quelli che saprebbero costruire e governare uno Stato migliore, lo Stato sardo. Proponiamo sempre prima la nostra idea più grande, poi i marciapiedi e comunque lontano dai costumi, dalle chiacchiere, dalle limitazioni, dalla boria della politichetta italiana.