Quanto incide la crisi economica e il conseguente calo qualitativo e quantitativo dei consumi sulla salute dei singoli? Tantissimo, almeno secondo l’Istat che ha pubblicato i primi risultati provvisori di un’indagine sulle condizioni fisiche e sul ricorso ai servizi sanitari.
Si tratta di un’analisi effettuata su un campione di famiglie scelte in tutto il territorio nazionale (2340 quelle sarde residenti in 64 comuni). Nonostante non vi siano dati settoriali sempre precisi sull’andamento regionale (in quanto l’Istituto nazionale di statistica per alcuni riscontri divide l’Italia in cinque macroaree appaiandoci alla Sicilia), i risultati per le isole sono comunque quelli che rovinano le medie nazionali.
Mostrano che tra il 2005 e il 2012 è cresciuto il numero delle persone dai 14 anni in su che dichiara di non stare bene: ad esempio coloro che soffrono una malattia cronica e, in particolare, sale dal 14,7 al 16,2 la percentuale di chi ne soffre tre o più (soprattutto quella anziana è la fascia di popolazione più vulnerabile).
Sono aumentate le visite generiche e specialistiche, ma diminuiscono fortemente quelle costose, come le odontoiatriche, tra coloro che lamentano difficoltà economiche ma anche tra chi, nel periodo di sette anni considerato, dichiara di avere un reddito sufficiente per vivere in maniera adeguata.
Inoltre si tende sempre più a ricorrere ai medici solo quando si sente malessere, mentre si riduce drasticamente l’attività di prevenzione tra coloro che hanno meno risorse finanziarie. Stesso discorso di base sulla frequente rinuncia all’acquisto di farmaci.
In pratica, dice l’Istat, aumentano le diseguaglianze territoriali in merito alle condizioni di salute e nel ricorso ai servizi sanitari a danno dei residenti nel Mezzogiorno tra i quali aumenta il numero dei malati. E la situazione, nei territori più a rischio, si aggrava per coloro che lamentano difficoltà economiche. (MM)