La notizia della scomparsa di Carlo Luglié, apprezzatissimo archeologo della mia Facoltà, ucciso dal mare mentre cercava, riuscendovi, di salvare un ragazzo di 11 anni, è una di quelle che costringono a ripercorrere tutte le ragioni che dobbiamo ripeterci quando la realtà smentisce le nostre sicurezze.
Come si sta di fronte a una tragedia immane?
Come si sta ridotti a impotenza, costretti solo a contemplare le spoglie di un uomo di grandissimo valore, schivo ma sempre cortese, capace ma mai invasivo, stimato da tutti ma disinteressato al tarlo del voler compiacere o semplicemente piacere?
Si sta sconfitti e afflitti, muti, subordinati alle forze che dagli albori dell’umanità si impongono con indifferenza su qualsiasi tentativo di autentica libertà.
La nostra libertà è effimera rispetto alla brutalità indifferente con cui la fatalità può interrompere qualsivoglia nostro disegno.
Conoscevo Carlo dal 1989, quando Antonio Corda lo sollecitò a elaborare la Bibliografia Paletnologica Sarda.
Non l’ho mai sentito gridare.
Era noto in tutto il mondo per le tecniche di datazione dei materiali preistorici.
Nessuno conosceva il Monte Arci come lui.
Non c’è stata estate che non abbia scavato insieme a studenti che venivano dai quattro punti cardinali.
Questo cervello e quest’anima meritavano assolutamente di continuare a pulsare, a immaginare, a descrivere e a capire.
Noi ci ribelliamo alla forza livellatrice della morte.
Noi conserviamo la memoria dei giusti e stiamo dritti di fronte a potenze che ci sovrastano, ma rispetto alle quali non piegheremo mai il ginocchio. La morte non godrà mai della nostra paura.
Un eroe dei nostri tempi:
https://www.corriere.it/buone-notizie/23_luglio_11/eroismo-carlo-luglie-luciano-chiodo-loro-vita-altre-vite-4613bf50-1fcd-11ee-b83d-bc1a6b95f84d.shtml
Signor Manichedda,
… già, quando muore un amico.
Non è stato “ucciso” dal mare. Semplicemente tanto ci riserva l’esser nati:vivere per poi morire.
C’è chi muore in battaglia, c’è chi muore di vecchiaia, c’è chi
muore di inedia.
Carlo, ha barattato il suo vivere, la famiglia,i suoi beni,i suoi studi per un intintivo di atto di generosità
Quanta nobiltà, quanta nobiltà nel suo animo, quanta nobiltà nel suo agire
“come si sta fronte ad una tragedia immane”?
Lei stesso nel Suo intimo si dà la risposta:”si sta sconfitti, afflitti e muti”
La Nutura, a cui fa riferimento, poco importa della Libertà effimera(nostro compiacimento) tantomeno della cosidetta Democrazia.
Si manifesta per quel ch’è ; imperturbabile alle vicissitudini umane.
La Natura, per sua natura non è “brutale” per come Lei la definisce,è una nostra percezione. Semplicemente adempie al suo Corso.
No, professore Manichedda, tanto sbaglia nel volersi ribellare, come Lei la defenisce la forza livellatrice (Totò, la livella) della Morte. Contro Tanathos, le Moire, nulla può.
Semmai,giunta l’ora, ora sì,muti,attoniti ma, mai, afflitti, ma radiosi di intravvedere il nostro Divenire, serenamente ci confrontiamo con la Morte.
Non alla Morte, semmai è al nemico che non si piega il ginocchio.
Il Suo scrivere tanto la mente mi riporta indietro ai mie Canti giovanili: la Sagra di Giarabud “qui nessuno ritorno indietro, non si cede un metro se la morte non passerà”
L ‘adunca Morte al suo manifestarsi nulla pretende in cambio: non necessita di inviti, abiti di gala, ornamenti esteriori, tantomeno annunci e presentazione seguiti dal rullare di tamburi.
Falcia e miete a suo piacimento.
Da buon paracadutista qual sono stato auguro a Carlo, Cieli blu. Se ne andato nel mare, Mare blu a Carlo.
Con stima.
Sasha.
P. S.
Signor Manichedda,
Lei è bravo nello scrivere, ha ampia dimestichezza della Sua seconda Lingua qual è l’italiano. Tanto si prodiga nel rendere a conoscenza le malefatte di chi ci governa cha tanto ammantano nel loro parlare come cose buone e giuste le nequizie perpetrate ai dànni del Popolo sardo.
Ho letto il Suo scritto; più premi che Sardi.
Che dire? Ridere o piangere?
Signor Manichedda,
Lei che istruito, di certo sa di greco e latino, conosce la Lingua italiana,altrettanto conosce la Lingua sarda/Logudorese.
Non conosco la Sua età, qual sono i suoi propositi.
Le chiedo:
Che aspetta a creare un movimento Indipendista, per dare lustro e meriti al Popolo sardo?
Con rispetto :
Il Sardus Pater, nulla Le ricorda?
Chiami a raccolta la Vandea, oppure, oppure, come ha scritto il compianto giurista Salvatore Satta, tutto è perduto?
Salvatore Satta,
attento osservatore delle liturgie sarde: nel suo racconto ha voluto aprire una finestra non tanto per comunicare paesaggi luminosi e infiniti,ma contemplare la desolazione dell’anima, l’uomo che smarrisce il suo Io più profondo, senza più Sogni, speranze, follie ed incontri. Ora ch’è precipitato oltre quel muro della Morte, se potesse uscire dal suo interro, vagare indisturbato nel silenzio dei suoi passi, si accorgerebbe che nulla è cambiato. Tutto è come prima”sa stanca manna” è sempre ambita, la fede è la vita vengono sempre professate il più vicino possibile ad una damigiana di vino, e su questo i sardi sono molto religiosi e incorrutibili nel mantenere le proprie Tradizioni.
“Inue est inu nieddu, già bighere tazza manna”
Non più c’è l’affacio sul Pomerio, a Seulo i contadini non esistono più, tantomeno indossano i Costumi tradizionali, ma in compenso i pastori, anche loro, hanno imparato a vivere ed a morire a
“norma di legge”.
Non muoiono più per balentia, non è più di moda. Oggi muoiono di provinciali mal costruite, di farmacie e di spinelli.
Caro giurista Satta,
non torni tra di noi prossimi morituri per contemplare cose che già conoscevi, non insistere, metti la tua mente in pace, i conversi non esistono più, pure la Morte, checché se ne dica, è rimasta vedova, non trova più fidanzati o amanti ardimentosi che gli vanno incontro.
Lei che vive in Sardegna, a tanto è ridotto il Popolo sardo?
Troppo mi sono dilungato.
Lo scrivere alla fine diventa una noia, una abitudine.
Nè lustro, né costrutto,
Grazie.
Capisco il risentimento contro una natura che consideriamo crudele, attribuendogli caratteristiche prettamente umane, ma non ci deve essere, perché essa agisce per suo proprio modo di essere, e non sceglie in base al valore di un uomo, altrimenti saremo sicuramente molti di meno su questo bellissimo pianeta. A volte occorre ringraziare il Signore per l opportunità che ci è stata data di conoscere uomini di tal fatta, e di questa farne tesoro. Lo porti sempre con sé, così come credo faranno quelli che l hanno conosciuto e stimato.
Non ho conosciuto il prof. Luglie, caro Paolo Maninchedda, ma sono incantata dalle tue parole che restituiscono la statura di un uomo, di uno studioso che ha lasciato un vuoto…
In chelu che sias amigu istimadu
Ti sia lieve la terra che tanto amavi, splendido Professore
Ho rischiato tante volte la mia vita per salvare incauti bagnanti in quel di Porto Alabe a Tresnuraghes per cui so bene quale spirito altruistico ha spinto Prof. Lugliè a salvare quel bimbo. Riposa in pace Prof., In chelu siasa 🙏😥💔🌈🙏