Se c’è una cosa certa nel mondo dell’informazione è che i giornalisti, dall’avvento di Internet in poi, non mediano più un beato niente. Tuttavia, i grandi organi di informazione televisiva fanno finta di ignorarlo e tentano la strada dell’incutere ancora timore in nome della gloria passata.
L’infomazione è infatti sempre più poligenetica e chi tende a ignorarlo ha uno scopo: farsi finanziare dallo Stato la sua personale eutanasia, il suo attaccamento al vecchio, il mantenimento del privilegio conquistato in un tempo che non c’è più.
In Sardegna sta accadendo appunto questo: una legge regionale finanzia la quantità di informazione non il pluralismo dell’informazione. Più giornali si vendono, più ascoltatori attribuisce l’Auditel, più si è finanziati rispetto alle vendite e agli ascolti degli altri. Stesso schema delle leggi nazionali italiane.
Inevitabilmente, tutti gli organi di informazione tradizionali sardi sono diventati sussidiati e governativi. Dove si è rifugiato il pluralismo, la critica, la diversità, la creatività? Nel web, nelle televisioni on line (Matex, Eja tv) ma anche in quelle tradizionali non comprese nei finanziamenti ‘quantitativi’ dello Stato e della Regione.
Nel frattempo però arriva il 5G, cioè un’ennesima rivoluzione tecnologica che fungerà da insetticida: ucciderà tutti i piccoli tradizionali e farà sopravvivere solo i grandi sussidiati per tempo.
In questo quadro, il Consiglio regionale che nella scorsa legislatura ha fatto la legge dopante per i grandi gruppi informativi sardi, assiste catafottendosene allegramente alla crisi di Sardegna1 e alla difficoltà estrema in cui si troveranno le altre emittenti minori.
Siamo alla pulizia etnica televisiva.
Risultato prevedibile?
I grandi moriranno lentamente, i piccoli subito, i resistenti mai, ma accettando una durissima e francescana solitudine.
Il grande digestore cagliaritano ha addomesticato la Rai (il Tg si vede nel tempo di un sorso di caffé e talvolta fa anche ridere), accucciato il sindacato dei giornalisti, drogato a ristoranti i consiglieri regionali; parlare di pluralismo in questa desolazione è come tentare di svuotare il mare con un cucchiaio.
Quando però si fa così, quando si tappa la bocca alla possibilità stessa della diversità critica, si genera solo rabbia.
La vendetta informativa correrà solo sul web e il risultato sarà un mondo certamente informato non dalle televisioni, ma in un contesto incattivito, da scontro violento per la sopravvivenza.
… e nàmuli guvernu, nois!!!