Oggi L’Unione fa tutto giusto, e la ringrazio per avermi intervistato, ma sbaglia l’occhiello.
Noi non possiamo unire il centrosinistra e gli indipendentisti.
Siamo umili e sappiamo che per i miracoli non abbiamo ancora studiato a sufficienza.
Noi vogliamo unire i sardi in un’esperienza nazionale. Certo che a noi farebbe molto piacere che alla primarie di fine novembre si candidassero Massimo Zedda o Silvio Lai o Gianfranco Ganau o Renato Soru, insieme a Pier Franco Devias, Gavino Sale, Paolo Mureddu o Anthony Muroni.
Sarebbe bellissimo e molto utile.
Ma ci farebbe piacere che si potesse candidare anche, che so io, Bachisio Bandinu, Salvatore Cubeddu, l’ex rettore di Sassari Attilio Mastino o l’attuale rettrice di Cagliari Maria del Zompo, o il direttore generale della 3A Francesco Casula, o il presidente della Coldiretti Battista Cualbu, o l’ex segretario della Cisl Mario Medde, o il manager dell’ICT Mario Mariani, o gente come Ettore Cannavera e il nostro amico padre Morittu, che un giorno ha pronunciato la frase che guida i passi di molti di noi: “Mentre tutti si occupano di cavalli eccellenti, noi ci occupiamo di cavalli zoppi“. Tutte persone capaci. Ma la regola è che potrebbe farlo anche Alessandra Zedda, Umberto Oppus o Massimo Fantola o Pietro Pittalis, ma anche che potrebbe farlo qualche sindaco, lo stesso Emiliano Deiana.
Voglio dire che le primarie o sono aperte per i sardi o sono inutili per i partiti.
L’adesione è prima di tutto sociale, non politica. La porta, larghissima e non stretta, è la seguente: occorre sottoscrivere l’affermazione che la Sardegna è una Nazione, cioè una comunità di valori e di interessi che vuole i poteri necessari a rappresentarli e interpretarli. Sembra una banalità, ma è tutto. È la sintesi nella quale può ritrovarsi la tradizione socialista, liberale, democratica, autonomistica e indipendentista della Sardegna. È il punto comune della storia. Questo è sfuggito al segretario del Pd. Noi non abbiamo proposto uno strumento, le primarie, per aiutare i sardi a ritrovarsi; abbiamo proposto un perimetro all’interno del quale usare lo strumento.
Questa dichiarazione oggi, dopo il lavoro fatto sull’insularità, la può sottoscrivere anche Massimo Fantola per i Riformatori. Ma Michele Cossa sostiene che per i Riformatori viene prima il centrodestra e dopo la nazione sarda. Sono incredulo. Noi abbiamo proposto un’inversione: prima la nazione sarda, cioè l’insieme dei suoi valori e dei suoi interessi; prima un’unità straordinaria dei sardi – quasi come quella che i partiti italiani realizzarono per la ricostruzione dell’Italia nei Comitati di Liberazione nazionale – e poi la differenza di prospettive. E dunque dopo aver mobilitato i sardi su un grande interesse comune, l’insularità, si afferma che è impossibile unire i sardi oltre i confini degli schieramenti italiani per il governo politico della lotta per quegli interessi? C’è qualcosa che non va nella logica ed è di tale portata che rischia di intaccare la percezione della buona intenzione della mobilitazione per l’insularità. Prima tutti uniti e poi i capi dell’unità che accettano di essere coordinati dal commissario della Lega in Sardegna per la gestione politica del risultato ottenuto da quella mobilitazione? E per che cosa? Per quattro voti sui migranti? E ci si chiede che cosa sta pensando l’elettorato cattolico-liberale sui migranti? Secondo questi calcoli fatti a tonnellata, questo elettorato sta con Papa Francesco o con Salvini?
Cappellacci oggi ci attacca dicendo una cosa non vera e cioè che noi saremmo stati favorevoli al ritiro dei ricorsi sugli accantonamenti voluto da Pigliaru. Questo non è assolutamente vero e Ugo lo sa bene, perché risulta dalle cronache e dai verbali di Giunta e anche dai colloqui personali: io sono uscito quando la Giunta ha votato quelle delibere e sono stato un avversario di quella scelta più intenso e determinato di interi partiti dell’opposizione. Capisco che chi immagina, sbagliando, una facile vittoria in Sardegna della Destra italiana, non voglia il dialogo tra i sardi e quindi lo saboti. Ma c’è la verità e il fair play. Non perdiamoli di vista.