Due i motivi che mi stimolano ad intervenire sulla bella lettera di Gianfranco Murtas.
Il primo è la stima (e l’affetto) per la persona e il lavoro dello studioso; il secondo consiste nella mia personale appartenenza a uno di quei “gruppuscoli intruppatisi negli anni ’70 in odio ad un’Italia caricaturata”, nella fattispecie Su populu sardu, di cui Murtas scrive, appartenenza che ha preceduto l’attuale esperienza di militante e dirigente sardista.
Un po’ di storia Il mio gruppuscolo di appartenenza aveva costruito da niente (in un periodo nel quale il Psd’Az faceva forse un comunicato stampa all’anno, con linguaggio da burocrate in pensione, e si rappresentava al massimo con qualche consigliere comunale), un giornale, una radio, un movimento muralista, un’intensa attività culturale (teatro-musica-pittura), aveva scritto e proposto un referendum sul bilinguismo, introdotto una sua politica estera con le nazioni senza stato europee; il tutto con il lavoro gratuito e la militanza non pagata di ragazzi e ragazze giovanissimi in Sardegna e nell’emigrazione: gente o appena laureata e spiantata come me o collocata socialmente su gradini non proprio in cima.
In ciò ottenendo in Sardegna il rispetto di uomini come il prof. Lilliu (e mi fermo qui per non trascurare qualcuno fra i tanti illustri che ci vollero bene), la curiosità e l’interesse di tutti media nazionali e la riconoscenza (un po’ sospettosa) di quel centinaio di sardisti i quali pensavano che ormai l’idea fosse spacciata (ed in effetti, nella merdosissima Italia assolutamente non petrarchiana che noi vivevamo, essa, così com’era, veniva associata alla muffa), ed amavano, pur non comprendendo esattamente di che si trattava, la pratica azionista-rivoluzionaria di quei ragazzi e il loro massiccio convincimento nazionalitario, finalmente esplicato e non tenuto nascosto sotto l’ormai impresentabile sudario autonomistico.
Fra questi sardisti Mario Melis, che il gruppuscolo lo aveva a portata di mano nel suo studio, nella mia persona di giovane avvocato collaboratore; Mario il quale, molto meno miope dei suoi, aveva capito subito tutto.
E fu il risultato di una operazione da lui voluta, scaturita dal ragionamento fra Mario, me ed altri, non di un intruppamento (mi dispiace per il termine), il fatto che le elezioni politiche e regionali del 1979 videro il Psd’Az magicamente riapparire sulla scena della politica regionale.
Lasciamo perdere se esso poi utilizzò il detto miracolato scenario campicchiando nella solita gestione burocratica e piccolo borghese della rappresentanza, con ancoraggio formale al vago ideale sardista e tradimento sostanziale verso il movimento e la prospettiva politica che -agitata dai giovani- aveva premiato i vecchi, lasciando i Gruppi a stampare le ultime copie del loro giornali bilingui, ed il nuovo pensiero nazionalista sardo senza rappresentanza elettorale.
Sennonché il fatto era stato compiuto, e la necessità di rappresentare politicamente la riscoperta identità etnico-linguistica della Sardegna era ormai l’unico tema sul quale si potesse adagiare una militanza ed una dirigenza del Psd’Az esaurita e sfibrata rispetto al passato.
Da qui la svolta “indipendentista” del Psd’Az, la sua modifica statutaria con l’inclusione della parola Indipendenza, e la sua naturale e non scontata adesione alla tematica identitaria.
Ma i percorsi sono accidentati, a volte sconosciuti, poco chiari. Ancora con il governo regionale di Mario Melis, l’adozione di norme di tutela linguistica da parte della Regione venne portata dai sardisti senza adeguata determinazione, e vista dagli alleati di giunta, fino alla bocciatura, come un mero pallino ideologico, come qualcosa di rinviabile a piacimento.
Ed ancora adesso, fra la dichiarazione di appartenenza ad un partito indipendentista e la prassi quotidianamente praticata dai rappresentanti sardisti nelle istituzioni, c’è un solco -a volte un baratro- difficile da comprendere, e di gravità tale, talvolta, da minare la credibilità stessa dell’azione, se essa è vista come pretesa di anticipazione di contenuti di sovranità.
Il posizionamento del Psd’Az Ma nonostante questo, non vi sono dubbi che il Psd’Az si pone, nella metamorfosi vista con un po’ di disprezzo da Murtas, come appartenente all’area nazionalitaria sarda (e non come segmentazione a livello locale di centralismo organizzativo-ideologico attenuato o benevolo) e bene fa il Partito Sardo, e dovrebbe farlo di più, ad interpretare questo suo ruolo, conscio che non vi è altra speranza di risoluzione, a livello di sistema, del dramma della dipendenza sarda.
Quindi, ogni volta che si affronta, con gli occhi dell’italiano, la questione destra-sinistra in Sardegna, e si vuole giudicare solo con quegli occhi il comportamento di un partito natzionalitario (con il TZ di natzionalitario), ci si dovrebbe aspettare, da quegli occhi onesti, il riconoscimento che l’opzione destra-sinistra viene dopo quella di vantaggio natzionale sardo si-no.
E se c’era un Rubicone che il Psd’Az ha passato, questo si chiama appunto trasformazione in movimento della coscienza nazionale sarda. Non è un fatto di volgari mani libere: è una questione di autonomia e di sacra dedizione all’idea che ogni nazione ha diritto di scegliere la sua via, autodeterminandosi, e facendo, se necessario, i patti con il peggior diavolo.
Per cui puoi trovare, nella storia del Partito, un Lorenzo che firma il patto elettorale con l’Ulivo di Prodi, un Mario che collabora con Bossi e con pericolosissimi Baschi a Bruxelles e un Christian che firma elezioni con Salvini.
Questo noi rivendichiamo, e comunque sono decisioni che abbiamo il diritto di prendere.
Detto questo: mi piacerebbe discutere più lungo di cosa è rimasto, nel Psd’Az di oggi, dell’eredità e dei sacri lombi dei giganti sardisti che ci hanno preceduto; qui non posso farlo, ma bisognerà occuparsene.
Riprendere a discutere La lettera di Murtas a «Sardegna e Libertà» (grazie!) ci aiuta a lanciare il dibattito.
Oggi vorrei solo assicurare chiunque, e a Murtas per primo, che secondo me è rimasto tutto: e che cioè il Psd’Az odierno, nella sua ispirazione alla tutela dei diritti natzionali dei sardi, vuole un futuro come quello sognato, da Tuveri in poi, dai grandi che hanno combattuto per una Sardegna libera, ricca e felice, pagando il loro sogno con la galera, l’esilio e l’emarginazione.
Cercherò di far avere a Murtas, come posso, magari attraverso Paolo, i due scritti che sono stati oggetto di dibattito e sostanziale approvazione nel corso del nostro ultimo Congresso: sono sicuro che egli vi troverà gli elementi per ricredersi dalla diagnosi sconfortante che ci ha riservato.
Il momento è propizio, poiché il Psd’Az si è liberato da impegni nazionali e regionali e può con attenzione ed intelligenza ripiegarsi a maturare una sua nuova aggiornata identità: ed è, questa, la contingenza che ha salvato molte militanze nel corso dell’ultimo congresso, inducendo il vecchio e mitizzato nucleo duro dei sardisti a ritenere che (primum vivere) fosse necessario consolidare esistenza e perimetro, senza timore (forse è la prima volta) delle convenienze consiliari. Adesso si aprirà una situazione nella quale le militanze medesime potranno ritornare ad una normale e paritaria dialettica, e in cui decisioni importanti, per uomini ed iniziative, potranno vedere la luce, nell’interesse del nostro popolo. Affinché sotto il cielo della Sardegna, il più bello del mondo, risorgano e si affermino la Giustizia e la Libertà.
Lorenzo Palermo
È possibile che durante i miei trentasei anni di tesseramento al PSD’AZ, io abbia visto un film diverso o forse ero in un multiplex e ho visto il primo tempo giusto e poi al ritorno dalla toilette ho sbagliato porta e ho guardato il secondo tempo di “The day After”.
Forse non dovevo aprire quella porta.
Mi piace apprendere la storia di un partito e delle persone che quella storia l’hanno scritta e costruita con sacrifici e rinunce, però debbo rilevare che sovente codeste persone, con le loro scelte identitarie e indipendentistiche, hanno impresso alle loro azioni politiche i connotati del “Francia o Spagna, purché se magna”. Se vogliamo analizzare il voto delle ultime regionali, è chiaro che la mania di protagonismo e lo spirito di vendetta hanno prevalso su qualsiasi logica di leale cooperazione con la coalizione che nella precedente tornata elettorale consegnava al Psd’Az il governo della Regione. Ragion per cui ritengo impossibile per il Psd’az riacquistare una verginità che, per stessa ammissione di chi professa una militanza quarantennale all’interno del partito, si è perduta nella notte dei tempi alla luce del fatto che si sia sempre voluto optare per l’apparentamento con l’alleato che garantiva il più redditizio tornaconto elettorale, presumo per attribuzione di incarichi e di poltrone.
Parole come sardismo, indipendenza, sovranità, partecipazione, coerenza e identità attraggono sicuramente il nostro popolo e fanno presa, però l’elettore tende a ricordare i fatti, e i fatti slegati da quei concetti così tanto decantati portano all’insipienza. La Lega per Salvini ce lo insegna.
Auguro buon lavoro e buona coerenza.
Una predicazione quasi ecumenica che accomuna punti di vista diversi e contrastanti. Un almanacco di cose che nascondono l’attualità di un partito uguale agli altri. E per altri s’intendono i partiti italiani. Come si fa a parlare di un partito nazionale ,quando questo proclama – dichiarazione del segretario Solinas – l’ identità politica e culturale col credo salviniano. . Il tutto condito dal silenzio di iscritti come Palermo e che vuol dire – sino a prova contraria – piena condivisione. I ragionamenti di Murtas rispetto ai tempi attuali apre sicuramente la necessità di un dibattito più approfondito. E non ricordo melensi di quello che fu e l’illusione di aver rappresentato il cambiamento.
Ma insomma: il re è nudo! cosa c’entrano queste belle parole con il governo mediocre, appiattito agli interessi italiani e opportunista degli ultimi 5 anni? Boh, sarà colpa degli elettori che non vi hanno capito. Per fortuna ora vi siete “liberati” (di loro).
Condivido praticamente tutto, e la realtà delle cose è dei fatti, poi qualcuno proverà a dire e leggerlo in maniera diversa 《 lo faranno solo avversari del sardismo cercando pur di creare difficoltà al mondo sardista di modificare la realta) noi siamo consapevoli che dobbiamo ripartire con più impegno…
tutto bene …… non è successo niente !!!!
Una precisazione: Lorenzo Palermo, il Psd’Az non si è “liberato” da impegni nazionali e zonali per virtù propria! Perché usa un eufemismo” da basso politichese? Lo hanno “liberato” gli elettori, riportandolo ad una percentuale da sopravvivenza stentata anni sessanta. Sono stati “liberati” dagli elettori sardi dopo i 5 anni di una giunta solinas, la quale per incapacità di governo e di moralità ha superato quella di Mauro Pili e del moro seduto Efisio Serrenti. E come si fa ad affermare che il Psd’Az si è “liberato” quando in un fantomatico congresso si auto riconfermano, Solinas e Moro, rispettivamente segretario e presidente. Forse qualcuno avrebbe dovuto fare una attraversata del deserto prima di ripresentarsi davanti a qyalche telecamera e annunciare che da oggi in poi hanno le mani libere da tennista. Giocare di dritto o di rovescio! ehhhh volee’ !
Speriamo si riprenda un sereno e proficuo dibattito, anche e specialmente con il rientro dei due consiglieri regionali
Bene meda , Larentu!
Unu partidu ca est una “cosa”, una “aìna”, podet fintzas èssere “bifronte” fóssile, ma sas pessones no sunt fóssiles (nessi fintzas a mòrrere) e podent cambiare sa “cosa” o “aìna” e cambiare a issos etotu, cambiamentu chi si podet leare coment’e “voltagabbana” ma podet èssere solu unu irballare, o invetze e menzus unu cambiare a su zustu (dipendhet de ite unu est chirchendhe, ite cheret).
A donzi modu unu PSd’Az. “bifronte” est sempre unu “equivoco” (una cosa zusta e una cosa assurda) e tocat chi càmbiet. Deo pro mi leare su seguru dae su 1994 no bi apo travigadu mai prus ma sa cunvintzione mia indipendhentista (e no de idea maca chi nos at dadu s’iscola italiana) est créschida ancora ca fintzas in su mundhu irbariadu de oe libbertade cun responsabbilidade personale e colletiva natzionale tenet ancora e prus puru sensu e bisonzu mannu. Sinono no si fit mai chistionadu mancu de autonomia.
Tra sa Sardigna e Sardos e s’Itàlia bi at sempre gai diferéntzias chi no bident solu sos tzegos (pro istrópiu mannu de natura che catedhos nàschidos aurtidos, o pro istropiamentu de ‘cultura’ o pro ignoràntzia ad libitum e aprofitamentu pro torracontos prus personales “a vincere”). Ma pro las bìdere bi sunt ancora e mancari prus mannas puru cun totu chi a nois Sardos nos ant iscazadu in totu sos “termovalorizzatori” tricolores e +.