di Paolo Maninchedda
Ieri sono andato a Laconi (ne ho approfittato per un breve sopralluogo sulla variante di Senorbì della SS 128, quella che stiamo finalmente aprendo al traffico a fine ottobre) e, durante l’incontro pubblico, inevitabilmente ho fatto un inciso sui vecchi feudatari, i Castelví-Aymerich. Ho detto che l’oligarchia sarda non è mai riuscita a fare uno Stato e a costituire una nazione – e mai li ha voluti realizzare, né l’uno né l’altra – perché è incapace di concepire l’esercizio di un potere cui non corrisponda un privilegio e, di conseguenza, una subordinazione. In una parola: l’oligarchia, ieri feudale oggi, spesso, o politica o economica, non sa ‘fare popolo’ perché manca di spirito di sacrificio, di dedizione, di resistenza, di soddisfazione per la capacità di amare senza cercare alcun ritorno.
Ho sempre detto che la classe dirigente del periodo autonomista – 1948-2008 – non ha mai a sufficienza riflettuto sul legame intrinseco tra potere, patronage, ingiustizia e parassitismo che ha caratterizzato il lungo periodo feudale in Sardegna e che ancora oggi concorre da lontano a intaccare la possibilità di un modo diverso di svolgere le funzioni di governo.
Per questo penso sia illuminante leggere oggi questo veccchio articolo del compianto Francesco Manconi su Agustín de Castelví, presentato per la prima volta, mi pare, a Busachi nel 2004. Il nostro modo di guardare alla politica interna deve presupporre come contrastare i ‘bandolerismi’ signorili, vuoi che siano fatti da uomini politici, vuoi da banche, vuoi da uomini di affari, vuoi da poteri dello Stato o della Regione o del Comune.
In politica estera, questa materia tragicamente negletta in Sardegna, c’è da registrare una coraggiosa presa di posizione di Massimo Cacciari a favore dell’intervento militare russo in Siria. È una delle poche voci che si è levata a rilevare l’eccessivo costo che il Mediterraneo sta pagando per le contraddizioni in politica estera degli Stati Uniti e di qualche potenza europea. Sia in Ucraina che nel complesso territorio che sta tra la Siria, la Turchia e l’Iraq, senza dimenticare il Libano, gli USA hanno cambiato strategia almeno tre volte, condannando al dramma dell’anarchia e della violenza milioni di persone. L’obiettivo di allontanare la Russia dall’Europa, di trasformarla in una potenza solo asiatica, è un errore tragico per l’Europa. L’idea di nascondere l’equivoco della Turchia di Erdogan è un altro errore. La commedia degli equivoci della diplomazia occidentale nella guerra in corso da sempre tra sunniti e sciti è un altro sconcertante errore. E in mezzo c’è il Mediterraneo, cioè la nostra casa.
Comments on “Politica interna e politica estera”
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Egregio sig. Natale Melis, l’intervista di Demuro dice solo una cosa arcinota e ripetuta da decenni: serve un assessorato alle infrastrutture e non due assessorati, uno ai LL.PP. e uno ai trasporti. Competenza? Consiglio regionale. Fino a quando l’amministrazione regionale sarà organizzata per legge in assessorati e non in direzioni generali componibili nelle deleghe che si ritiene di affidare a ciascun assessore (secondo il modello comunale), le politiche che dovrebbero essere coordinate, faticheranno a coordinarsi. Quanto dunque alla carenza di idee, se la Giunta ne è affetta, lei certo non ne è immune.
Egregio assessore, ma non sarà il caso di preoccuparsi un po’ di quello che affermano i suoi esimi colleghi sui quotidiani locali? Il Prof. Demuro nell’intervista a pagina 7 dell’Unione solleva problemi di dialogo tra l’assessorato dei LL.PP. e quello dei Trasporti… che dovrebbero occuparsi congiuntamente di infrastrutture d’interesse generale. Però… Dunque i professori vorrebbero insegnare ai professori come svolgere il proprio incarico… Mi sa proprio che questa Giunta – come diceva il mio professore di filosofia – “poche idee e molto confuse”.
Egregio assessore, diciamo che Le devo una possibilità di darmi del rimbecillito (o dell’imbecille, direttamente), glie la offro subito giocandomi questo intervento naif. In questi giorni mi è capitato di seguire questi Suoi scritti, sulle leve democratiche sarde boicottate da poteri dello Stato italiano e da altri poteri (economici) non istituzionali, insieme agli scritti del dibattito sul momento dell’indipendentismo sardo che si vanno raccogliendo sul blog di Omar Onnis, Sardegna Mondo. Mi piacerebbe (naif, l’ho detto) mettere in comunicazione le intelligenze coinvolte, colpito dalla importanza delle due discussioni quanto dalla loro (per me stupefacente) reciproca distanza e autonomia (apparente incomunicabilità). Non ignoro che Lei possa essere considerato da molti interessati al dibattito sull’indipendentismo come quello che con la sua scelta di impegno dall’interno del governo regionale si è posto di fatto lontano da quel campo. Io, sarà per i limiti di intelligenza politica che ora Lei potrà misurare, riesco a seguire con simpatia e speranze sia la Sua azione (Sua e del movimento politico che La sostiene) che il loro fermento, rammaricandomi appunto che l’una e l’altro paiano non intercomunicanti nemmeno in un momento come questo, quando Lei “preconizza” (come ha detto il mio amico) addirittura qualcosa di simile a una rivoluzione mentre loro non sembrano udire nemmeno questo boato dal suo assessorato; e parlano ponderatamente di prospettive ragionevolmente distanti nel tempo senza muovere ciglio rispetto a quanto ora concretamente si starebbe opponendo, a detta di un Assessore che vorrebbe costruire sovranità per la Sardegna, all’azione della maggiore istituzione sarda.
Vi saluterete, incrociandovi per qualche luogo di questa simil rivoluzione, solo allora? Non è vostra responsabilità comune cercare di raggiungere posizioni le più vicine possibili perché i sardi che tutti vorreste coinvolgere, gli stessi, possano trovare quello che cercate di avvicinare e quello che vi si oppone più reale e credibile? Non è vostra responsabilità farlo da ieri? Allora sì, forse, qualcosa di simile a una rivoluzione.
Discorsi preoccupanti da dibattito pubblico, questi sono articoli e commenti da leggere e rileggere, coraggiosi, cose che in fondo già intuiamo, ma vederle scritte suscita un effetto possibilmente più drammatico… La politica sarda, dunque, piena di torbide azioni di disturbo da parte di poteri terzi che impediscono di governare come si potrebbe? Sembra la fantacronaca di uno spettro che si aggira nei corridoi della politica, la Sardegna nel bel mezzo di una dittatura moderna di poteri fantasma, con nomi e cognomi, sardi e non sardi, forse camuffati nella finta eterodossia dei partiti o all’interno di complicati marchingegni politico-istituzionali che eseguono commissioni od omissioni, mentre noi sardi lombrosianamente subiamo la lezione dei fatti. Così ogni iniziativa di politica estera rischia di non supplire alla fragilità (inveterata) della politica interna. Così prima siamo presi dalla velleità dell’autogestione, ma appena fatto un passo avanti, non ci reputiamo abbastanza forti per costituirci in stato sovrano, e ripieghiamo sui partiti nazionali. E ogni volta non ci resta che l’incubo di votare consapevolmente persone che forse non concluderanno niente per manifesta impotenza. Una bella minaccia sadomasochista. E onestamente anche una sconfitta morale cocente, perché non soltanto il non agire perpetua il perpetrarsi di soprusi quotidiani, ma si rischia di rappresentare la Sardegna come un guscio fragile e vuoto, quando così non è. Ci viene scaraventato addosso il dramma di un potere impazzito che, o non funziona per manifesta impotenza, o per imprudente indulgenza facciamo finta che funzioni. Stanchi di governi forti sul piano teorico e deboli sul lato pratico, Assessore, siamo con lei in questa battaglia!
Molto chiaro, ma Le pare che io non faccia i nomi? Può essere che li abbia fatti e li stia anche pagando, non crede? Le sono molto grato per la paziente lezione esplicativa. Mi ha indotto a fare gli esercizi mentali di verifica della sempre incombente possibilità che la politica mi stia rimbecillendo. Ripeterò ogni mattina gli esercizi.
Stamane, letta la Sua risposta, ho sorriso pensando al caro amico che in genere mi esorta ad esprimermi con parole non mie. Così ho subito sottoposto a lui la cosa, sicuro della sua severità nei miei confronti e pronto ad espormi a nuove battute di qui ai prossimi anni.
Se e quando tu ne avessi il tempo, avrei un compito per te che potrebbe anche divertirti: c’è un’altra persona che dice di non capire quello che scrivo. E davvero non dovrebbe trattarsi di poca intelligenza, perché si tratta di Paolo Maninchedda (l’assessore, in persona). Ha comunque pubblicato sul suo sito il commento che gli ho indirizzato, ma risponde, appunto, scusandosi per non averlo capito. Ecco, mi piacerebbe che tu ti facessi un’idea e ne potessimo parlare. Il sito è Sardegna e Libertà, si tratta dei due commenti (solo il mio e il suo, fin qui) all’ultimo articolo pubblicato (a stamattina). Per capire quanto ho scritto (sempre ammesso, appunto, possa bastare) dovresti però leggere i due pezzi nella colonna di destra della home page, entrambi dello stesso Maninchedda (“Perché sto zitto” e “Il potere in Italia. E in Sardegna?”). Se ne avrai voglia. Ma sarebbero comunque, queste sue, letture che ti consiglierei.
Quanto sopra ho scritto al mio amico, di seguito la sua risposta.
È comprensibilissimo! Gli stai dicendo: Parla chiaro e fai i nomi se vuoi che ti seguiamo nella rivoluzione preconizzata e non ci limitiamo semplicemente a votare qualcun altro la prossima volta.
Così, infine, ho chiuso col mio amico:
Ci vedo due morali: la prima, con l’età mi capisci meglio; la seconda, non sarai più intelligente di Maninchedda? Quello che colpisce è che il mio commento e il suo siano lì in pubblico … se finge di non capire (come noi giureremmo; o cosa non avrebbe capito?) lo sta facendo davanti a tutti quelli che lo seguono. Boh!? Disponessi di un giornale, in ogni modo, la sua denuncia l’avrei messa in prima pagina.
Infine, egregio assessore, resta da dire che io nemmeno sarei severo come il mio amico. Non esigo, cioè, i nomi (nel caso li volesse fare, si accomodi), mi sembra già tanto la Sua accusa a un attivismo Prefettizio secondo Lei invadente le prerogative dell’Autonomia (accusa quindi rivolta a ingerenze dello Stato, per intenderci ingerenze dello Stato italiano; non saranno segreti né numerosi i nomi dei Prefetti in Sardegna). Ribadisco solo il mio stupore per l’indifferenza (mi pare, fin qui) in cui restano le sue parole, le parole di un Assessore in carica. La prendono per un altro che cerca scuse e colpe altrui quando non ce la fa? Se le risorse e il destino della Sardegna sono minacciati da poteri altri che invalidano le leve democratiche dei sardi, a Lei (a Voi) spetta dirlo e convincerne fino a creare l’adeguato scandalo.
Spero proprio di non risultarLe ancora oscuro.
Egregio Francesco, mi permetta di dirle che, sicuramente per mio difetto, non ho capito che cosa Lei abbia inteso significare.
Quindi c’è un potere (la sto citando, un pezzo di là e uno di qua) che sta prima dello Stato e che lo fonda, e in Sardegna è la stessa cosa; Lei avrebbe capito, alla Pasolini, che anche pezzi di magistratura e di polizia giudiziaria possono piegarsi alla reviviscenza della pratica massonica del dossieraggio politico contro chi non è della partita. Lei ammette, dalla Sua posizione, l’inaccessibilità della Giunta ai poteri locali, nazionali e europei, con la conseguente proliferazione degli informali tavoli e tavolini del vero potere, italiano ed europeo, che esclude la Sardegna dalle decisioni sulle proprie risorse e sul proprio destino. Lei, infine, si arrischia consapevolmente a dire che queste manovre accenderanno, preterintenzionalmente, un cambiamento rapido e profondo, qualcosa di simile a una rivoluzione, con la quale Lei non potrà che schierarsi.
Che dire? Che questa ammessa inaccessibilità della Giunta ai poteri locali, nazionali ed europei andrà ben spiegata a chi quella specie di rivoluzione infine dovrebbe muovere, perché se così non sarà risulterà invece (e non sarà difficile ai poteri di cui sopra sponsorizzare questa banale narrazione) che anche questa Giunta non è stata capace di governare, di attuare l’autonomia (qualsiasi cosa voglia dire), è stata impotente e paralizzata, ha fatto perdere tempo, occasioni e risorse alla Sardegna, ecc.
Lei certamente questo lo sa (ho aggiunto una parola di mio alle tante Sue), ma mi sembra utile scriverlo perché altri leggano chiaramente e perché Lei e Voi lo ricordiate davvero e troviate un agire adeguato al supremo interesse in gioco.