Sono andato a vedere un altro progetto, oltre la Sassari-Olbia di cui ho già scritto, nel quale a nessuno è venuto in testa di bloccare un piano di mitigazione del rischio idro-geologico (cioè un piano che non ha come momento di partenza una condizione naturale originaria, ma una situazione alterata e complicata dall’antropizzazione con cui far di conto) perché non si dispone del contratto di conferimento delle terre da scavo, come invece è accaduto per il Piano Mancini (caso unico, deliberato senza il parere dei settoristi della Regione col solo parere del Dirigente del Servizio che stava andando in pensione).
Parlo di Capoterra, che peraltro è ancora in pericolo per i ponti ANAS, per la diga a monte e per la mancata realizzazione, a oggi, del canale scolmatore della diga, ma meno a rischio di prima grazie al lavoro fatto nella foce del rio San Girolamo, dove l’ampiezza del letto del fiume venne decuplicata per garantire il deflusso in casi emergenziali.
Quel progetto ebbe a sua volta una Via e dovette anch’esso affrontare il tema della terra derivata dallo scavo per il nuovo letto del fiume.
Iniziamo dal Lotto 1.
Nel 2013 l’Ufficio del Commissario, Presidente Cappellacci, propone un piano di utilizzo delle terre da scavo dell’intervento previsto. Eccolo qui. Leggete dalla pag. 65 in poi. L’Ufficio del Commissario propose diverse soluzioni, cosa apprezzata allora e deprecata oggi per il Piano Mancini, per il quale e per l’appunto l’Ufficio del Commissario ha proposto diverse soluzioni.
L’Assessorato dell’Ambiente fa l’istruttoria per il Via e accetta in delibera la dichiarazione di intenti dell’Anas di riutilizzare le terre nella Strada Statale 195 in costruzione a pochi chilometri dal cantiere di Capoterra. Questa la delibera Cappellacci.
Nel 2017 la Giunta Pigliaru approva una variante: le terre da scavo vanno alla Sgaravatti anziché alla SS 195. Ecco la delibera. Così hanno lavorato nel tempo gli assessorati regionali, con saggezza tecnica e supporto politico.
La stessa procedura viene seguita nel Lotto 2: questo il Piano di riutilizzo, questa la delibera.
E dunque, proviamo a tirare le fila.
Registro che in entrambi i lotti sono state presentate proposte alternative – 2 per il primo intervento e 3 per il secondo – , fatto invece censurato dalla dirigente SVA nel caso del Piano Mancini, e l’Ufficio Istruttore ha semplicemente mandato all’approvazione una di queste, senza sollevare alcun appunto in merito ad una possibile indeterminatezza della proposta stessa. Perché? Impossibile rispondere, bisognerebbe chiederlo alla responsabile del Servizio.
Per quanto riguarda la certezza del riutilizzo, non mi pare che nel caso di Capoterra si possano rilevare maggiori certezze dalle lettere di intenti di ANAS rispetto a quelle che si evincono dagli atti del piano di riutilizzo di Olbia. In quel caso si va avanti, in questo ci si ferma. Perché? Come sopra.
Infine, mi devo togliere un sassolino dalla scarpa per il veleno presente nella delibera di bocciatura, quel vago e minaccioso riferimento alle spese sostenute sul Piano Mancini. Si tratta prevalentemente di spese per indagini geotecniche e geognostiche e direi che si tratta di spese obbligate e alle quali non ci si poteva sottrarre, a prescindere dall’esito della VIA, poichè il progetto da sottoporre a valutazione doveva essere, per la normativa in vigore all’epoca, di livello definitivo e quindi necessariamente corredato di questi studi. Diversa è la situazione per le procedure con la normativa attualmente in vigore, che consente la VIA sul Progetto di fattibilità tecnico-economica: sarei curioso però di sapere dalla dirigente dello SVA come concilia il livello di dettaglio della documentazione sulla certezza del riutilizzo che loro richiedono con il livello non ancora dettagliato di progettazione previsto attualmente a base del procedimento.
Mi do una risposta: non di terra si trattò con il Piano Mancini, ma di politica dissimulata da amministrazione, di politica mascherata. Basta dirlo.