Egregio Professore,
nel ringraziarla per l’ospitalità, torno su un tema, quello della peste suina africana (PSA), più volte comparso sul suo blog, da ultimo con un articolo del collega Sebastiano Piredda.
Ricostruiamo i fatti: a seguito della minaccia di un umiliante commissariamento ministeriale, nel 2014 la Giunta Pigliaru, appena insediatasi, decide di affrontare la lotta alla PSA, non come imposizione da parte di altri, ma come scelta politica, per dimostrare la possibilità di superare anche mali atavici.
Per fare questo, utilizza una modalità operativa innovativa, mettendo insieme un gruppo di tecnici di alto profilo dell’intero Sistema Regione, nella forma organizzativa di “Unità di progetto”, sotto la diretta responsabilità della Presidenza della Regione.
Una scelta netta e senza tatticismi: obiettivo chiaro, responsabilità certa (pensi che differenza con l’attuale marasma organizzativo).
Contrariamente alle previsioni dei moltissimi “disfattisti”, tra cui diversi esponenti dell’opposizione (sardisti e leghisti soprattutto) oggi maggioranza, l’Unità di progetto, adeguatamente e coraggiosamente supportata dalla stessa Giunta, riesce in meno di cinque anni a venire a capo del problema PSA, in particolare grazie alla sinergia, mai vista prima, di tanti componenti della pubblica amministrazione (regionale e centrale) e a coraggiose azioni di contrasto al pascolo brado dei suini nelle aree intorno al Gennargentu.
I suini lasciati allo stato brado (allevati fuori da qualsiasi regola di sicurezza alimentare) erano il principale serbatoio del virus, presente in Sardegna ormai da quarant’anni, durante i quali era stato pressoché distrutto un settore zootecnico dalle grandi potenzialità, grazie all’insipienza di chi aveva il compito di contrastare il fenomeno e grazie al falso mito che lasciare i maiali senza controllo alcuno, spesso in condizioni degradate e lontane da un livello minimo di benessere animale, fosse “naturale” e perciò buono.
L’obiettivo principale raggiunto è stato quello di riportare l’allevamento dei maiali in un contesto di legalità, facendo rispettare il divieto del pascolo brado, già esistente da molti anni ma mai fatto rispettare: obiettivo giustamente ritenuto indispensabile al rilancio del settore suinicolo, in un contesto di regole sulla sanità animale e sulla sicurezza alimentare molto stringenti, necessarie ad assicurare il corretto funzionamento del mercato unico europeo e a rafforzare la possibilità di accedere ai mercati internazionali delle carni suine e dei prodotti di salumeria.
Ma nei primi mesi del 2019 viene eletto il Presidente Solinas e la musica cambia, anche se una provvidenziale visita del Commissario Europeo Andriukaitis nel novembre dello stesso anno, costringe “obtorto collo” la nuova Giunta a proseguire, almeno per un po’, le azioni già intraprese.
Passano gli anni, è ormai è chiaro a tutti che la strategia e le azioni condotte a partire dal 2014 (abbattere i maiali bradi, in gran parte portatori del virus, ha portato alla scomparsa della malattia anche tra i cinghiali) hanno portato al risultato dai più ritenuto impossibile: la PSA è stata effettivamente eradicata.
Ad oggi sono infatti ormai passati oltre quattro anni dall’ultimo riscontro del virus, avvenuto proprio negli stessi giorni in cui Solinas si era insediato a Villa Devoto. Quest’ultimo, tuttavia, non riesce a contenere il desiderio di intestarsi il merito di questo risultato, negando quanto ottenuto dai predecessori; tant’è che perfino il Presidente di Coldiretti, non certo un oppositore dell’attuale maggioranza, si è sentito in dovere di rimarcare quanto fatto dalla, non molto amata, Giunta Pigliaru.
Ma la ambiguità con cui è stata ultimamente gestita la questione “pascolo brado”, fingendo semplicemente che non esista, non è certamente passata inosservata a Bruxelles. Infatti, a distanza di oltre quattro anni dall’ultimo riscontro del virus della PSA, restano ancora da vincere le ultime resistenze della Commissione Europea al pieno riconoscimento dell’avvenuta eradicazione, con la abrogazione delle ultime (ma pesanti) misure restrittive che ancora gravano sulle zone centrali della Sardegna.
Perché questa situazione?
Guardiamo i fatti:
- a) gli abbattimenti dei suini bradi illegali da parte della “nuova” Unità di Progetto (nominata a seguito delle dimissioni del precedente responsabile, del sottoscritto e con molti componenti diversi dai precedenti), sono stati interrotti da circa un anno;
- b) in questo lasso di tempo, ovviamente, il numero dei maiali bradi illegali è molto aumentato (basta fare un giro nelle montagne di Barbagia ed Ogliastra per rendersene conto), in quanto i cento o duecento “allevatori”, da sempre riottosi ad accettare le regole, hanno capito l’andazzo e ripreso fiato, riprendendo le vecchie pessime abitudini;
- c) adesso apprendiamo che in Consiglio Regionale è in discussione una norma che, nei fatti, cancellerebbe, in modo ambiguo, il divieto assoluto di pascolo brado (introducendo un tipo di semibrado, regolato da un decreto assessoriale la cui bozza circola da tempo e che corrisponde al “liberi tutti”) divieto, scritto sulla pietra a caratteri indelebili con la Legge Regionale n. 28 del 2018, tesa ad assicurare lo sviluppo del settore suinicolo isolano in un contesto di legalità, ma rimasta lettera morta subito dopo le elezioni che hanno visto la vittoria dell’attuale maggioranza.
A questo punto, sorge spontanea la domanda: ma questa Giunta e questa maggioranza vogliono ancora continuare a penalizzare i tanti, veri, allevatori regolari che credono nello sviluppo del settore suinicolo (come ha ricordato Sebastiano Piredda) a favore dei pochi soggetti che, ancora una volta, vogliono condizionare un intero settore produttivo pur di garantire l’intoccabilità dei loro maiali clandestini?
È pensabile che ancora succeda questo, quando in tutta Europa si rafforzano le misure di biosicurezza negli allevamenti proprio per prevenire il diffondersi della PSA?
È possibile che si voglia barattare il futuro dell’intero settore suinicolo sardo per un pugno di voti?
Attraverso il suo blog, faccio un appello alle consigliere e ai consiglieri regionali, perché non consentano il realizzarsi di questa autentica, perdoni il gioco di parole, “porcata”. Non si getti al vento un’occasione storica per i nostri allevatori.
Mi spiace dover far notare a G.N che il pascolo semi brado è già consentito e, nessuno, lo vieta.
Il problema, sollevato da Laddomada e Piredda. è che si vuole, invece eliminare il divieto assoluto di pascolo brado, previsto dalla Legge regionale n.28/2018, fingendo che serva a consentire il pascolo semi brado.
Ma chi vogliono prendere in giro?
Il pascolo semi brado, come sanno tutti gli allevatori, è già consentito.
E allora?
Allora bisogna aver sentito quello che qualche rappresentante politico Lega Sardista è andato a propagandare nei territori: è già pronto un decreto dell’Assessore dell’Agricoltura e della Sanità che consentirà il pascolo nelle aree ad uso civico e in quelle demaniali, dove ovviamente non esistono recinzioni ne strutture adeguate a dare ricovero ai maiali e quindi, di fatto, si tornerà al pascolo brado incontrollato.
Però la responsabilità di non autorizzare questa “porcata” ricadrà sui sindaci e sui veterinari delle ASL, che quindi torneranno nel mirino dei pochi “allevatori” che vogliono comandare sulle terre pubbliche alla faccia di tutti.
E soprattutto di quelli che cercano di allevare con onestà
Sono una persona di poco più di settanta anni e ho conosciuto ( e conosco ), il sapore delle carni suine da maiali allevati in modo “ naturale”, cioè: niente mangimi ma granaglie, avanzi di cibi domestico, fave, ghiande, foraggi freschi ( loietto, medica etc..).
Il profumo e il sapore di tali carni, di fatto, non esiste più e il sottoscritto è già alcuni anni che non compro più queste carni dal sapore anonimo. Quando le ritroveremo?
La nuova norma di cui lei parla, il semibrado non è un liberi tutti , e una forma di pascolo che consente a chi è in regola di poter portare i propri suini nei pascoli sfruttare il ghiandatico per pochi mesi e poi portarli al macello,creando qualità ,tutto in sicurezza.
Un conto è il bradi non controllato , un conto è il semibrado controllato.
Bruxelles vuole una cosa sola , che i suini siamo controllati e che ci sia la sicurezza sanitaria.
Vocabolario Treccani… la definizione è la seguente:agg. [prob. lat. barbărus; v. bravo1]. – Che pascola allo stato libero e quasi selvatico (e si dice sia degli animali, sia dello stato in cui vivono): mandrie di cavalli b.; pascolo b.; allevamento b., applicato a razze molto rustiche di animali domestici, i quali vengono lasciati, in mandrie più o meno numerose, sempre all’aperto, senza ricoveri e senza somministrare loro mangimi, procurandosi essi stessi il cibo sui pascoli. In senso fig., vivere allo stato b., riferito a persona, in condizioni di assoluta libertà, o anche in modo quasi selvatico, rozzo, poco socievole: nei periodi in cui rimane solo vive allo stato brado. In Sardegna non esistono animali abbandonati a sé stessi….quindi il divieto di un animale che ha un padrone,che ha una integrazione alimentare,ha i ricoveri per ripararsi dalle intemperie e per partorire, non può essere definito allo stato brado ma semi brado.
Ma bi at a àere unu partidu de porchistas o de su porchismu chi cheret ancora sas apestas ca no bastant totu sas chi amus peleadu de virus porchinu e políticu?
Babbu meu de seguru no est ancora pranghindhe; ma mi contaiat chi fit apenas cojadu e chi de unu tazu de prus de chentu porcos chi teniat s’apesta ndhe li at lassadu unu e ca sa Comuna de su Buzinu, cun totu chi s’apesta che aiat irmundhiadu sos porcos in cominzu de annu apenas marcados, lis at fatu pagare su comunale pro totu s’annu, tantu chi babbu s’at béndhidu s’ebba chi teniat pro lu pagare.
Fint àteros tempos. E nois los tenimus a disizu? Ma tenimus guvernu nois puru? Sos Sardos istudiamus e guvernamus a pistare abba?
Mi chiedo come e’ possibile che nessuno ( allevatori, associazioni di categoria, politici ecc.) prenda una posizione di netta condanna per porcate di tale portata. Eppure, arrivare ad eliminare la Peste suina africana e’ costato tanto in termini di lavoro, denaro e consenso alimentando tra la gente un malcontento sul quale ovviamente si insinua la politica peggiore che sfrutta i mugugni e poi scompare.
Eppure l’allevamento dei suini rappresenta per la Sardegna un patrimonio di conoscenze e tradizioni molto radicato che, sicuramente, in condizioni favorevoli, si tradurrebbe in ricchezza, lavoro e benessere per tutti.
E allora?
Purtroppo credo che il vero danno la PSA l’abbia fatto agli uomini impedendo ad una intera generazione di allevatori di stare al passo coi tempi.
Per cui cio’ che e’ ovvio per esempio a chi alleva e ovini o bovini che possono vendere i loro prodotti dove vogliono, non lo e’ per chi alleva suini.
Chi oggi ha compiuto 65 anni, quando e’ comparsa la malattia ne aveva venti, e avra’ piu’ difficoltà’ a capire cosa voglia dire mandare un prosciutto o un maialetto fuori dalla Sardegna