di Paolo Maninchedda
Non ho mai nascosto la mia personale predilezione per Obama, non fosse altro che per un motivo: non ama la guerra ed è chiaro a tutti che se non fosse stato per lui, diversi settori dell’amministrazione americana sarebbero riusciti a fare una o due guerre di settore tra la Libia e il Medio Oriente.
Per noi il problema è la Libia, che è lì, di fronte a noi.
Libia e Algeria non sono solo paesi arabi; sono miniere di risorse energetiche, crocevia di interessi e di culture, di dialoghi e di scontri. Per noi sardi, il nord Africa è un confine fatto, come tutti i confini, di opportunità e di criticità.
Tutti sappiamo che dobbiamo l’esodo biblico dall’Africa a tanti fattori, l’ultimo dei quali non è certamente la faciloneria con cui venne affrontata la primavera araba e la fretta francese e americana di bombardare pur di bombardare.
Tra coloro che presero mazzi per razzi nella crisi mediterranea c’era anche Hillary Clinton che insieme alla Cia lavorò a ipotesi diverse da quelle del Pentagono (più vicine alle prudenze di Obama) e concorse a determinare la confusione e il disordine pericoloso in cui versa il nostro mare in questi anni.
Dall’altra parte c’è il grandissimo pericolo Trump che giustamente evoca in tanti osservatori l’incubo della presa del potere nell’unica superpotenza mondiale ormai rimasta di un fanatico populista, fortemente razzista, bellicoso e belligerante, incolto e impreparato al compito cui ambisce, troppo simile ai dittatori che portarono l’Europa alla guerra nel secolo scorso.
Noi ci troviamo impediti a qualsivoglia partecipazione a una competizione che comunque avrà effetti su di noi, e per di più siamo inclusi in uno Stato italiano che non ha una propria difesa né una propria politica della difesa né un prestigio, all’interno della Nato, tale da incidere sulle strategie dell’alleanza. Questo è il prezzo di libertà che si paga ad avere una politica della difesa da sempre concentrata sulle truffette delle forniture militari, ad avere un debito pubblico così ampio da inibire ogni razionalizzazione efficiente delle spese militari, ad avere missioni all’estero da potenza mondiale finanziate a debito e assolutamente inutili rispetto alla difesa del Paese. L’Italia è più difesa dalla buona intelligence che ancora ha che da un sistema militare che fa acqua e retorica da tutte le parti. Noi sardi stiamo dentro questo disordine, ma siamo più esposti all’Africa di quanto non lo siano gli italiani.
Se fossimo uno Stato avremmo un potere di programmazione della nostra difesa all’interno della Nato molto più serio e molto più efficiente.
Scrivo questo post nella speranza di indurre qualche giovane a leggere ogni giorno i siti americani e a pensare alla politica estera della Sardegna in forma originale e non derivata da quella pomposa e grigia della Repubblica italiana.