Non per far carriera ci stiamo consumando in incontri, dibattiti, chilometri.
Personalmente, ma credo di poter parlare per tutti i dirigenti del Partito dei Sardi, non sono mosso da ambizioni negoziabili.
Non mi piace il denaro, che trovo demoniaco.
Non mi piace il dominio dell’uomo sull’uomo, che trovo sadico e ridicolo.
Non mi piace il prestigio del potere e delle cariche, che trovo peggiore di una droga.
Sono costretto a ripetere queste cose, perché ancora c’è chi pensa che noi stiamo facendo con le Primarias un gesto rituale della politica, una finta per scartare un avversario, per dirla calcisticamente. C’è ancora chi pensa che si possa cambiare l’ordine dei poteri senza sacrificio, con una finzione.
Sono contrario alle finzioni.
Io sto col sacrificio per il maggior successo del progetto. È semplice. È duro, ma è così.
Se migliaia e migliaia di persone stanno votando in questi giorni per la Nazione Sarda e per individuare un candidato alla Presidenza legittimato dagli elettori e non imposto, non lo stanno facendo per scherzare, ma perché vogliono un cambio strutturale, profondissimo, inedito della Sardegna. Noi siamo ostili ad alchimie elettorali fatte a tavolino. Per noi il modo di fare politica e la marcia del sale di Gandhi: persone, fraternità, passi, chilometri, botte prese e non restituite, soddisfazione d’animo e sicurezza di buona coscienza.
E dunque, ci si risparmi il sospetto e la furbizia, i tatticismi e i suggerimenti: noi facciamo tutto con la luce accesa e senza retrobottega.
Non sappiamo cosa voglia dire vendersi. Sappiamo sacrificarci per l’unità della Nazione sarda, ma non usiamo la Nazione per la carriera.
Votiamo e continuiamo a sentirci liberi.