di Paolo Maninchedda
Con la Coldiretti ho un rapporto dialettico che dura da anni. Ci stimiamo, ma non ci nascondiamo i differenti punti di vista.
Oggi il dissenso è forte perché il comportamento della Coldiretti intacca la formazione di una coscienza nazionale dei sardi.
La Coldiretti, dinanzi al tradimento del taumaturgo del formaggio (altrui), il ministro Martina, fa dichiarazioni contro il governo e il consiglio regionali – che, lo ricordo, hanno istituito il Pegno rotativo e stanziato 14 milioni di euro per il sostegno al reddito delle imprese agricole – sostenendo, in buona sostanza, che Martina ha disatteso gli impegni assunti, con la Coldiretti e con quei creduloni che l’hanno abbracciato quando venne in Sardegna per il referendum, perché la classe politica sarda non è unita e coesa nella rivendicazione.
Ma stiamo scherzando?
Stiamo ripercorrendo la strada che ha devastato l’anima dei sardi per secoli? La strada secondo cui dinanzi a un problema di cui sono esplicita causa gli italiani, i sardi vengono colpevolizzati e ammeschinati dicendo che è colpa loro perché non si fanno valere?
Affermare queste cose è come dire che dinanzi a un carnefice e la sua vittima, la colpa è della vittima perché non sa difendersi.
Torno a dire: per la Coldiretti l’identità da difendere è quella del sindacato nazionale italiano, non certo quella degli interessi nazionali dei sardi. La Coldiretti è innervata in tutta l’amministrazione dello Stato, in Agea e nel Ministero. È una potenza italiana, forse l’unico sindacato vero sopravvissuto. Ed è sopravvisssuto perché è organizzato a falange, perché fa parte per se stesso, perché sta in campo. Niente da dire dunque, sul piano sindacale, ma è un sindacato italiano che dinanzi alle crisi si guarda bene dall’individuare le responsabilità a Roma, perché la Coldiretti è parte di Roma.
Chi andò a omaggiare Martina e a intonargli le lodi mattutine e vespertine per una promessa facile facile, noi o la Coldiretti? La foto parla chiaro: noi non ci siamo.
Chi, pur sapendo che il problema non stava in regione ma a Roma, elogiò Roma e il suo ministro (fatto nuovo dalla saliva dei sardi) e organizzò una manifestazione con tanto di podio camionesco improvvisato e prestato a vari oratori, tutti accondiscendenti con la piazza e tutti col dito puntato non contro i colpevoli ma contro le vittime, cioè i sardi? Certamente non noi.
E adesso si rigira la frittata. Dopo aver preso uno schiaffo finanziario e morale, essere stati sconfessati malamente dal Lord Protettore del Parmigiano Reggiano, si pensa di passare lo schiaffo alla politica regionale? No, lo schiaffo è tutto vostro.
Come si fa a dire che la politica non ha agito? Tutti i parlamentari del Pd si schierarono contro Martina, seppure nelle forme anemiche di un partito che ha perso l’emoglobina, ma si schierarono.
No, non ci siamo. Le colpe degli italiani furbacchioni sono degli italiani, non dei sardi, e pensare di bloccare le strade della Sardegna per nascondere, con una guerra civile tra di noi, un fallimento di politica sindacale grande come una casa è veramente e profondamente sbagliato.
Comment on “Per la Coldiretti: rigirate la frittata, se volete, ma non dividete i sardi”
Comments are closed.
finalmente! sei stato chiaro!la Coldiretti è l’unico sindacato rimasto. ed è una falange per il governo di turno, di destra , sinistra e centro. lo Stato paga la Coldiretti attraverso il PSR di tuttei turno le regioni italiane, e non sono bruscolini! sono milioni e milioni di euro. Caro ” comandante” l’errore è stato commesso all’ingresso di Monastir dal tuo Presidente salendo sul trattore della Coldiretti e sconfessando l’assessore di turno.Queste cose alla fine si pagano! nelle campagne la Coldiretti sta perdendo consensi e non bastano certo i CAA a raccogliere adesioni. andate a vedere i numeri della burocrazia “gialla”………. Hasta la vista siempre comandante!! oggi va bene